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Forum :: La vetrina di Penna d' Oca :: E' meglio essere precisi :: La Politica lassu' nel loggione. Atto II (1^ parte)
Autore La Politica lassu' nel loggione. Atto II (1^ parte)
Redazione1
4.06.2004 17:20
La Politica lassù nel Loggione.
Incontro in tre atti con Luigi Boschi

Atto II (1^ parte)

Non si può dire che il Comune di Parma non si sia rinnovato?
Sono anni ormai che si investe in appalti per la città, ma i parmigiani si sono impoveriti, le cose per i parmigiani sembrano andar peggio, l'economia ristagna, il nuovo viene impedito, i giovani sono relegati al precariato. Nessuno che si ponga queste riflessioni? Ci viene propinato un decorativismo scenico che favorisce solo la rapina per delega. Più che politici sono operatori di cartelli d'affari. La città soffre di un male interno, su cui non si è posto mano, e si agisce sugli imbellattamenti coreografici. Ed è proprio questa l'illusione, il mangime per polli, attraverso cui il potere si autoperpetua. Lei sa perché mentre qui si installavano semafori, in Inghilterra si facevano le rotonde?
Siamo orfani della politica! Questi politici non parlano più alla società, ma sono connessi solo al sistema degli affari. Dobbiamo incominciare a chiederci se gli ospedali sono per i malati o per i medici, se le scuole sono per gli studenti o per gli insegnanti, se le città insomma sono dei cittadini o invece sono funzionali agli appalti da distribuire. Se il cittadino chiede non ci sono mai le risorse.
Il Loggione: "Par nuätor j én sempòr al vintiséz dal mez"

Della Metropolitana leggera cosa ne pensa?
Vorrà dire del Tram? Metropolitana è un modo per confondere le idee alla gente. Si tratta di Tram moderni. Subito dal Loggione: "I vrisson fär pasär n'äzon pr'un cavall da corsa".
Condivido l'idea di migliorare il sistema di trasporto pubblico collettivo con mezzi e soluzioni più efficienti. Non condivido però né il progetto presentato, né il tracciato. Ad esempio perché l'attraversamento della città non viene realizzato sotto il lungo Parma? Ha senso la collocazione della stazione sotto Piazzale della Pace e un'altra a 200 metri in via Garibaldi? Per non parlare dei costi e della sua gestione: sappiamo come vanno gli appalti pubblici, se va bene raddoppiano; noi a Parma ne sappiamo qualcosa
Dov'è il progetto integrato di mobilità collettiva sul territorio? Da tempo sostengo che è necessario un sistema di trasporto pubblico Nord-Sud, Est-Ovest e Circolare, unitamente a strade dotate di tecnologie mobili, a collegamenti più efficienti con la periferia, con i paesi della provincia e piattaforme logistiche commerciali. Il trasporto collettivo è in aumento in tutte le città. Si tratta di concepirlo nel disegno urbanistico. Cosa che non viene fatta a Parma. Il piano di mobilità deve essere concepito come un sistema intelligente di soluzioni integrate capace di gestire le complessità, le esigenze di comunicazione di una collettività aperta, di esaltare e preservare le qualità ambientali, di tutelare le esigenze dei residenti.
Qualcuno poi mi dovrà spiegare invece perché vi siano strade (esempio via Bixio) che devono sopportare oltre 500 autobus al giorno; perché nelle periferie e nelle nuove urbanizzazioni non vi sono marciapiedi idonei per i pedoni (costretti in fila indiana), possibilmente sotto porticati, percorsi mobili, piste ciclabili e corsie preferenziali per il trasporto collettivo.

Sulle infrastrutture?
Telecomunicazioni e mobilità collettiva assumono un ruolo strategico. E' mancato un vero progetto organico infrastrutturale di mobilità e telecomunicazione territoriale. La sua qualità, non solo la sua realizzazione, oggi è strategica. L'importanza e la priorità di un trasporto urbano, provinciale, regionale e di collegamento alle reti nazionali, non può più essere rimandato. Le caratteristiche riconosciute o assunte dalla città e dal territorio provinciale esigono una progettazione organica sistemica. Essere città e territorio dell'Authority, universitario, della musica, dell'arte, fieristico, enogastronomico, dello sport, di eventi, turistico, unitamente ai suoi aspetti industriale/artigianale produttivo e commerciale, comporta un costante aumento dei flussi di persone e manca un serio piano soprattutto di mobilità collettiva. Le infrastrutture per trasporto veicolare individuale riproducono se stesse con un effetto di immobilità, collasso e inquinamento ambientale. Lo sviluppo delle infrastrutture è stato inadeguato rispetto all'aumento costante di mobilità.
Questo vorrebbe dire concepire luoghi abitati, aperti alle ricchezze del territorio, rinvigorire i paesi della Provincia, spesso ridotti a dormitori, alleggerire la viabilità cittadina, diminuire l'inquinamento ambientale, sostenere e valorizzare le differenze locali; porre le condizioni quindi per evitare l'abbandono della Montagna e della Bassa, e creare anche là nuove opportunità di sviluppo.

L'Authority alimentare è arrivata?
Il merito per l'Authority? Guardi mi conceda questa battuta: Lavagetto, l'ex sindaco!

Cosa?
Certo, chi è stato accusato di immobilismo? Qui a Parma c'era tutto da fare, parlo di infrastrutture. Se ci fossero state non avremmo avuto questo vantaggio. E' la lobby dei costruttori che ha ottenuto l'Authority non quella degli alimentaristi, unitamente ad una serie di circostanze volute e fortunose. L'immagine alimentare di Parma è stata strumento per un altro obiettivo. Non pensa sarebbe costata forse meno farla a Milano, a Torino, a Firenze. Sarebbe bastato acquistare un palazzo o due, le infrastrutture c'erano già, così come le Università e i centri di Ricerca. Sono appalti e ricchezza che si spostano dalle tasche pubbliche in quelle private di chi produce le opere e le manutiene. Al territorio rimane l'infrastruttura da utilizzare e gestire se il tessuto sociale è in grado di farlo, altrimenti è come avere una Ferrari per carraie: costosa e inutile. E' una grande opportunità l'Authority, ma può divenire anche un cappio al collo e funzionale, ripeto, solo al sistema degli appalti. Ciò che è grave, è che si parla solo di infrastrutture, e si tace invece sullo sviluppo del tessuto sociale, non c'è un vero tavolo di dialogo con la città, con tutto il territorio provinciale legato alle ipotesi di cambiamento di identità, di pensare l'evoluzione della nostra comunità in Europa. E' solo un'elite, dalla parvenza rappresentativa, che decide.
Il Loggione: "Felice incó a Pärma, al ne gh'é che lu Ubäldi, al fa coll ch'al vol coj sold ad chjätor"

L'Europa ci ha dato una bella mano?
Ho già detto che l'Europa ci ha dato un obiettivo: città delle conoscenze e sicurezza alimentari. Sta a noi progettare e realizzare questi valori come identità e nell'immaginario collettivo unitamente ai valori storici che già ci sono riconosciuti. Le città che si pongono un ruolo Europeo, non possono vivere solo di economia nostalgica o sul segno del passato. Sono città che devono avere, devono trasmettere un senso, avere l'energia dell'orientamento. I falsi orizzonti sono come le speranze disattese, traducono i sogni, in illusioni. Progettare il nostro territorio significa invece avere sogni e capacità per tradurli in realtà con Istituzioni pronte all'ascolto, alla valutazione di fattibilità.
Si vorrebbe insomma partecipare alla progettazione e condividere lo sviluppo del luogo che abitiamo e che determina pesantemente la nostra condizione di felicità. Una città infelice è una città depressa senza futuro, incapace di esprimere il proprio potenziale. I politici invece, connessi solo agli affari, continuano a imporre dall'alto le loro scelte. Si subisce senza possibilità di intervento. Ci faccia caso: quando le risorse vengono assegnate sono anche già destinate.
Il Loggione: "J én propria bräv a spéndor! I gh'an tutt la mdaja. I gh'an ancora da rivär i sold e in gh'én bele pu"

Lei è un vegetariano?
Si, vegano: ossia non mi alimento con prodotti di derivazione animale. Lo sono divenuto. La mia è stata una scelta etica. Non sono però un fondamentalista e rispetto le diverse scelte.

Come riesce a convivere con l'economia locale?
Quella che pongo infatti è una riflessione politica. Vorrei si aprisse un tavolo di confronto su questi temi perché le tendenze danno segnali preoccupanti per questa economia. Più di una previsione dà, questi consumi in calo e fra vent'anni, i vegetariani superare gli onnivori, e allora? Sappiamo tutti che le economie territoriali hanno cambiamenti di rotta lenti; se non inizieremo ora a porci il problema si andrà ad esaurimento e si assisterà impotenti al collasso. Le persone devono sapere, devono conoscere, poi scelgono. Le scelte di massa per ignoranza sono fatali e la storia ce lo insegna. Però si preferisce non informare, non adoperarsi per una conoscenza diffusa. E' così che si limita volutamente la coscienza critica. E' un modo per manipolare i sudditi e limitar loro la categoria di cittadini.
Il Loggione: " A gh' vriss un bél nozén par digerìr"

Quali sono le motivazioni per questa sua scelta?
Con l'irruzione degli allevamenti intensivi si è rotto ogni fattore di equilibrio e indugio. La prevalenza del pensiero finanziario in ogni processo ha unificato animali e persone riducendoli ad un unicum generatore di ricchezza. La dignità di vita dei primi e la salute dei secondi sono complementi insignificanti. Spero che l'Authority su questo intervenga. Ho apprezzato molto i contributi del professor Romano e del professor Calabrese al Cibus di quest'anno. Il primo sul valore della dieta mediterranea collegato al problema dell'obesità in Italia (i bambini più obesi d'Europa), l'altro sul "dovere" da parte dell'industria alimentare di produrre un cibo con tutte le caratteristiche nutrizionali essenziali e necessarie per la salute di tutti, di coloro soprattutto che hanno redditi bassi e non solo per i pochi ad alto reddito. La salute è un bene individuale e tutti devono poterla coltivare; è una responsabilità distribuita e non delegata ai soli Ministeri. Solo in chiave economica il danno prodotto dal consumo alimentare sbagliato è enorme, se aggiungiamo poi quello ambientale e sociale ci rendiamo conto dell'importanza, del valore, della responsabilità nelle scelte individuali.
Il Loggione: "Invéci d'andar a tävla at' pas dala farmacia"

Quindi?
Parlo come politico e non come vegetariano. Ritengo che non si possa pensare di continuare ad alimentare l'uomo con massicce dosi di grassi e proteine animali. Anche l'OMS ha lanciato l'allarme. L'industria alimentare di derivazione animale presenta limiti di sostenibilità che deve preoccupare non poco il nostro territorio la cui economia in tale settore, come si sa, è consistente. Ma qui monocultura docet! Senza mettersi minimamente in discussione, si crede che un sistema economico basato sulla alterazione e distruzione della vita animale, che distrugge l'ambiente, causa anche il cancro e altre malattie, affama i popoli poveri, sia sostenibile, abbia un crescita futura e sia strategico.Vorrei che i fatti mi contraddicessero, ma purtroppo non è così. E chi sa e non dice nulla è responsabile del disastro prossimo futuro. Le faccio un altro esempio:

Continui?
Si sono adoperati lor signori per informare e istruire i piccoli commercianti che la grande distribuzione sarebbe stata la fine per molti di loro? Li hanno aiutati a darsi forme organizzative, associative, logistiche diverse? No, e se è stato fatto, l'hanno fatto male. Si sono adoperati invece per favorire l'ingresso dei grandi "media commerciali". E oggi chi ne paga le conseguenze? Loro i piccoli commercianti che hanno anche corrisposto contributi economici per avere il danno subito. Le associazioni di categoria hanno venduto i loro servizi, ma la fine dei piccoli commercianti sarà la fine anche loro, se non per le attività di lobby. Lei pensa che la Wal Mart, Carefur, la stessa Coop abbiano bisogno di queste faraoniche organizzazioni di settore?
Il Loggione: "L'é cme zibìr 'n aperitìv a von ch'l'é drè morìr 'd fama"

Il panorama che prospetta non è entusiasmante?
Con questa classe dirigente c'è da essere preoccupati, dedita com'è al mantenimento delle posizioni dominanti e incapace di orientarsi al futuro. Lei sa che i lavori e i servizi del terziario sono tutti in precariato. Molti sono già stipendi sociali. Banking without bank, penso che da solo sia emblematico e rappresentativo.
Il Loggione: "I gh'ciàpon cme chi du órob ch'i fävon il bastonädi"

Quel che lei pone è quindi una alta responsabilità sociale individuale?
E' una via obbligata. Quali politiche future dopo il collasso delle carni? Perché non si apre un dibattito pubblico sulla sostenibilità del sistema locale, delle politiche future del Distretto Agroalimentare Parmense? Può essere ritenuto ancora strategico e oggetto di contribuzioni pubbliche un comparto industriale alimentare di derivazione animale i cui prodotti nella piramide alimentare non sono ritenuti essenziali, nutrizionalmente dannosi, ambientalmente, socialmente e economicamente insostenibili? Perché non si pongono le basi per un centro di ricerca per nuovi prodotti alimentari e non solo funzionale all'esistente? Si vuole entrare nell'economia delle conoscenze o si preferisce rimanere in quella nostalgica e dei processi di massa della parodia contadina?
Dal Loggione: "A pära ch'i vójon fär i parsùtt ad soia, e i salam col seitan. Aj gozén n'gh pèr miga véra; j'en dispost a coltiver i camp gratis e i ciaprissòn la basa tut el siri. T'l' immaginet che spetàcol?".

L'economia dei nostri prodotti tipici?
Non è con le operazioni estive in Piazza della Pace che si promuove e si tutela il prodotto tipico di Parma. Qui non si va oltre la forma autocelebrativa compassata.
Bisogna distinguere i prodotti tipici artigianali a bassa tiratura, dai prodotti tipici industrializzati con produzione di massa seppur controllata. Esempio? Il Culatello e il Prosciutto Parma. Del primo se ne producono 32.000 pezzi l'anno, del secondo 9.000.000 e altri 10.000.000 di non marchiato Comprende la differenza?
Il Loggione: " At'pol dàr zò al cor, con tutt chi parsùtt chi da magnèr!"

Mentre lei proporrebbe?
I problemi sono nei prodotti tipici industrializzati per le loro alte tirature. Abbiamo già adesso dei problemi, si immagina produrre qui i prosciutti per i cinesi? E' il similare più che la contraffazione il vero concorrente. Ritengo si debba andare verso la distinzione a) "original" ristretto alla zona di origine; b) "licenced" prodotto in altre aree o Paesi, soggetto però alla tutela di un consorzio, al collegamento con una marca del luogo d'origine e con royalty che regolano il sistema economico.
Questa ipotesi, estesa a tutti i prodotti tipici industriali, potrebbe vedere Parma come sede dell'Ente pubblico detentore delle proprietà dei brevetti dei prodotti tipici in Europa. E' una ipotesi di lavoro, come altre, da valutare nella sua possibilità realizzativa che consentirebbe di coniugare tipicità, contaminazioni culturali, sviluppo mercati, ma soprattutto difesa commerciale del "food made in Europe".

E invece?
Ciò che è stato fatto è la concentrazione produttiva industrializzata nel luogo di origine e lasciato il potere contrattuale del mercato del consumo in mano ad altri che oggi dirigon le danze. Una produzione quindi soggetta alla concorrenza del similare e indebolita nell'identità per l'industrializzazione che il prodotto ha subito. Una filiera si sa è replicabile, soprattutto quando si è anche esportatori delle tecnologie produttive, imprese alle quali non si può certo limitare il mercato. Se un prodotto tipico subisce il processo tecnologico industriale, non è contenibile nell'area d'origine, perché ne ha perso i presupposti e ne ha assunto altri. Si tratta semmai di proteggerne economicamente i valori. E' un altro esempio del primato della società della tecnica su quella del capitale, che pensava di utilizzare la tecnica, mentre ne subisce le conseguenze in quanto è la tecnica che si avvale del capitale per il suo primato.
I prodotti tipici, anche se industrializzati, rimangono comunque prodotti culturali. La tutela di un prodotto culturale passa attraverso le regole dell'economia delle conoscenze. Ma forse di queste cose non si è mai voluto parlare e chi lo faceva veniva deriso e forse ancora oggi.
Il Loggione: "N'a volta al brod al gh'èva al savor, incò t'al but via cme la fus acua bojùda"

Dall'alimentare alla sanità.
Un passaggio obbligato!

L'ospedale?
Quel che è successo a Parma è uno scandalo. A seguito del mio esposto, so che sono in atto ancora le indagini. Penso che dovrebbe essere fatta chiarezza, i cittadini dovrebbero sapere di chi sono le responsabilità per i ritardi, per il raddoppio del costo (300 miliardi di lire), per il decadimento qualitativo sanitario. Le pare possibile fare tagli sulla salute pubblica e bruciare tutte queste risorse della collettività per un ospedale che quando sarà finito sarà vecchio e con un elevatissimo indice di costo realizzativo? E chi era preposto era anche lautamente remunerato! Non solo, ma queste persone, che hanno speculato sulla salute pubblica, devono rimanere impunite e lasciate a replicare?
Guardi l'industria farmaceutica come ha strumentalizzato la salute!
Sempre in ambito sanitario, lei sa che sembrerebbe esista un certo carteggio tenuto ben custodito sulla speculazione economica praticata da alcuni dei "nostri" sulla scintigrafia mammografica? Una volta scoperti, pare vi siano state espulsioni (tenute celate) e, a seguito di pressioni, sembra che l'aspetto economico sia stato ripianato dalla società che era stata coinvolta. Ma il cittadino non dovrebbe sapere chi ha tratto o cercato di trarre un improprio guadagno speculando sulla sua salute?
Il degrado della sanità è indice di degrado di civiltà.
Il loggione: "A gh'è chi dróva la sanitè cme la fus 'na betonjiera!"

A Fidenza però.
L'operazione condotta invece da Pinelli a Fidenza penso meriti di essere apprezzata e considerata tra le iniziative migliori condotte sul territorio dalla Direzione sanitaria locale. Un ospedale realizzato dal progetto, ai finanziamenti, dalla realizzazione, alla sua apertura in quattro anni, dotato di interessanti tecnologie e soluzioni logistiche, con costi, si dice, contenuti nella media di efficienza economica.

L'innovazione, la ricerca scientifica?
Non vantiamo certo dei primati. E' la politica che deve valorizzare il pensiero scientifico, fonte, per ricaduta, del processo economico e di capitale cognitivo diffuso. La ricerca scientifica si concentra in qualche luogo del mondo e i programmi non dipendono solo dal dinamismo dei loro responsabili, ma dai finanziatori. La mancata attività di ricerca in Italia, ma anche in Europa, è una responsabilità politica che oggi paghiamo. Abbiamo disperso il potenziale di energia cognitiva, un capitale troppo spesso sottovalutato. Si è preferito d'altra parte profondere risorse nella ripetizione industriale fine a se stessa che assicurava energia immediata, quella economico finanziaria, l'energia pronta da bruciare, capace di generare grandi ricchezze concentrate e rilasciare rifiuti sottoforma di povertà incrementali distribuite nel mondo.
Il Loggione: "La ricerca in Italia? A gh'è pù sug in t'un mez limon schisè"

E voi come Movimento come vi siete mossi?
Se trasformare energia significa passaggio da uno stato ad un altro, la politica deve pensare a modelli eticamente sostenibili e renderli praticabili. Noi come Movimento politico, ci siamo sempre adoperati per liberare energie represse, saperi sepolti, progettualità utopica. Potenzialità spesso considerate marginali, depotenziate volutamente, ridotte, a volte, a rifiuti. Il tempo ci ha dato ragione anche se il potere politico non ci riconosce i meriti delle idee e della visione, continuando ad escluderci dai tavoli di lavoro. Sono crimini contro il diritto intellettuale o se preferisce, potere usurpatore.

Sulla responsabilità sociale dell'impresa?
Se i centri di ricerca aprono i loro cassetti gran parte dell'industria italiana chiude!
Si ricorda poi? Sana competizione si richiedeva: già un controsenso lessicale! Come può essere sano uno che accetta la competizione? Restare sani in un processo di contaminazione virale generale è un miracolo, e ciò non risulta per ora nelle facoltà dell'uomo. Di "collaborazione qualitativa" invece c'è necessità! Un'utopia per il pensiero economicista. Poi però ci si lamenta se all'ospedale non troviamo l'infermiera disponibile, o il medico migliore, pronti a dedicarsi al di là della remunerazione
E' sì, la competizione porta all'alterazione, alla dimenticanza di solidarietà e responsabilità tra il "genere", perché si tende alla mercificazione dei valori etici. Per non parlare poi di ciò che tutti sappiamo.E allora le organizzazioni perdono l'orientamento etico e sono in balia dell'instabilità economica e della lottizzazione politica. Ed è quello che oggi accade. "La caduta degli dei", grande film di Visconti.

Assistiamo anche alla caduta dei consumi?
Un sistema basato sul consumo e non sulla valorizzazione, produce disastri. Valorizzare è dare significato e senso all'azione, significa trasformare consapevolmente energia da uno stato all'altro, qualificando la nuova armonia che si andrà a generare, non adoperarsi colpevolmente per il disastro posticipato.
Ma un processo qualitativo di valorizzazione passa attraverso una distribuzione delle conoscenze per rendere consapevoli, condivise -per quanto possibile- e diffuse, le scelte. E questo è costoso, è impegnativo. Più semplice nell'immediato, risulta l'uso strumentale delle risorse in funzione di un economicismo collegato ai beni/servizio di consumo, che però distruggendo le relazioni, perché le distrugge, alterando i ritmi di vita, necrotizzando le organizzazioni, restituisce solo rifiuti. Da più parti ormai si sostiene che bisogna immaginare un modo di vivere che sia diverso dall'attuale, più accettabile e praticabile. Questo di adesso, forse, non lo è più. Sono persuaso che dobbiamo immaginare nuovi modelli, in cui la ricchezza è la qualità, non la competizione.

Non le sembra vi sia un abuso nei discorsi sulla qualità?
Lessicalmente si, non nei fatti. La ricerca della qualità indirizza al virtuosismo, l'esercizio delle proprie abilità, la ricerca armoniosa di sé con gli altri, un'arte troppo spesso dimenticata e soffocata per la prostituzione servile. Lo vediamo nello sport cosa ha portato la competizione, lo vediamo nell'economia.Un sistema che sta producendo un decadimento etico individuale e collettivo, un collasso delle relazioni, divenute, quando ci sono, pericolose! Una povertà crescente. I sistemi basati sulla competizione non possono che collassare, non riescono a modificarsi perché producono rifiuto esponenziale ossia energia non più disponibile. E non si può sopravvivere soffocati dai rifiuti e dall'inquinamento. E qui inizia la sicumera della richiesta di sicurezza!! E si innesta il circolo vizioso! Forse voluto. Vediamo economie di Paesi che producono consapevolmente emarginazione, perché funzionale al potere e ai consumi di massa.

Rifiuti, Energia e la Turbogas?
Qui si apre un discorso complesso. Indirizzarsi verso l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili non è solo un cambiamento tecnologico, ma un cambiamento sociale. L'energia, non è un prodotto senza identità, ma costituisce un fattore di elevata identità di un luogo. Quale cambiamento sociale si genererebbe in questa città, in questa provincia, se si viaggiasse a idrogeno, se si usassero fonti rinnovabili, se i rifiuti fossero trasformati in materiale inerte e in energia a zero emissioni, se si esercitasse la pratica della bioedilizia, se il trasporto collettivo fisico e virtuale fosse prioritario, qualitativo e sistemico, se ci fosse un pensiero progettuale integrato delle reti biotecnologiche, se si praticasse una reale mobilità culturale ambientale. Voi pensate che tutto questo sia un progetto utopico? No, non lo è. Forse oggi è utopico sostenere il contrario! Io penso che ciò sia politicamente sostenibile, scientificamente praticabile, economicamente vantaggioso. Ma ciò viene impedito da interessi d'affari.
Diviene strategico l'"Osservatorio Territoriale Scientifico", per la governance, indispensabile in una società ad alta riflessività, risultato della crescente complessità per l'indirizzo scientifico assunto dall'Occidente. Solo una energia politica pulita può generare una politica energetica ecocompatibile e viceversa; e qui, sì, che si innesta il circuito virtuoso. Ma prevale ancora il primato delle corporazioni su quello della scienza.

Per i rifiuti?
Nell'area dei rifiuti penso vi sia la necessità di migliorare la sensibilità e la cultura collettiva, l'autonomia del sistema di raccolta, gestione e trasformazione dei rifiuti organici e inorganici attraverso una soluzione progettuale di rete urbana e provinciale unitamente a impianti tecnologicamente avanzati per la trasformazione di energia. Sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani mi permetterei di dire che la separazione degli "stati di rifiuto" deve avvenire nelle case e incanalata nel "processo a rete di valorizzazione urbana", non riversata nei cassonetti che mi ricorda tanto quando si gettava dalle finestre in strada le scorie organiche. Il tritarifiuti, ad esempio, installato nelle abitazioni, potrebbe essere una soluzione in tale direzione per la frazione organica dell'RSU.
Certamente andranno riviste le reti fognarie, gli impianti di depurazione. Questa è d'altra parte la nuova logica strutturale a rete del modello urbano. Molte reti sono inesistenti, altre obsolete, però costituiscono parte del sistema tecnologico di base su cui si sviluppa la convivenza urbana.
Ci sono le visioni, ci sono i mezzi, ci sono gli obiettivi: è la politica che col supporto del mondo scientifico deve ritrovare l'energia etica smarrita per ridare le città ai cittadini, renderli partecipi e consapevoli della progettualità urbana.

Non mi ha risposto sulla Turbogas?
Credo che prima si debba fare una distinzione di base tra attività strategica aziendale della nuova multiservizi e le unità produttive. Solo una volta definito l'assetto strategico, seguirà il piano industriale e non viceversa. Io non penso che si farà la turbogas a Parma. Penso invece che la licenza per la produzione di energia serva al Comune come credito da far pesare nella difficile composizione dell'assetto societario della società multiservizi con le altre province. Si vorrà convenire che costa meno aggiungere un camino a Piacenza, che è già tra le principali aree produttrici di energia in Emilia, dove l'innovazione tecnologica produrrebbe anche un miglioramento ambientale, piuttosto che a Parma dove si avrebbe invece un decadimento in tal senso. Le economie di scala dovranno pur essere tenute presenti in una società che si pone efficacia e efficienza produttiva e in competizione? E qui entriamo nelle privatizzazioni, di come sono state mal gestite.

Lei cosa proporrebbe?
Vi sono dei servizi di base che devono essere gestiti con la politica del minor costo possibile, non del miglior risultato economico. Sono servizi di convivenza civile territoriale senza i quali oggi non è possibile pensare di vivere. Pur nella logica della miglior gestione economica, l'obiettivo è renderli al miglior costo e non invece per il miglior profitto, tanto da pensare anche alla quotazione in borsa. La strada, a mio avviso, era quella di un azionariato composto da fondazioni che hanno come obiettivo il bene di un territorio e nello stesso tempo una attenta conduzione economica, non semplici azionisti economici che vogliono giustamente il massimo profitto dall'impiego dei loro capitali. E così dovrebbe essere anche per gli ospedali e le scuole.

Mi sembra che lei sia molto critico sull'urbanistica di Parma?
Più che urbanistica è la pratica della betoniera. Non è più l'urbanistica che governa il piano edilizio, ma è l'edilizia che governa il piano urbanistico. E così si frantuma il sogno democratico "il riconoscimento della nostra dignità" per far posto "al governo della mediocrità speculativa".
L'urbanistica è quel sapere che può orientare la nostra speranza di vivere e convivere in un contesto desiderato, in città, luoghi, paesaggi ricchi di luce propria; allo stesso tempo coinvolge considerevoli interessi economici, produce una conflittualità, che se non pone le basi su saperi, su di una cultura etica e democratica, diviene campo di lavoro per le più sconsiderate nefandezze, per l'esercizio di un potere arbitrario senza confini. Conosciamo tutti i tempi della "lenzuolata", siamo tutti al corrente delle lotte sulle aree, per l'aggiudicazione degli appalti, siamo consapevoli degli abusi che avvengono sui cantieri...Quel che è grave è che il politico si presta!

Ma da un punto di vista qualitativo?
Lo sviluppo urbanistico di Parma è mediocre, manca il coraggio di una architettura innovativa, manca il disegno strategico della città e lo sviluppo della sua identità. Il patrimonio storico e ambientale ereditato non è valorizzato dal piano urbanistico prodotto in cui è palese l'assenza di un progetto qualitativo. Certe periferie sono testimonianze di uno scempio voluto! Certe nuove realizzazioni in aree strategiche sono la speranza decaduta di un nuovo corso di architettura nella città. Ci sono quartieri dove la socializzazione è riservata ai supermarket!

Non le sembra di chiedere troppo?
E' un cambio di marcia necessario se non vogliamo continuare a coltivare la depressione, l'esclusione, l'impoverimento culturale. E' la qualità dell'antropizzazione ambientale che determina la qualità di vita. Le città sono strati storico culturali conviventi, civiltà che si sviluppano in un processo di contaminazione continua. Bisogna avere il coraggio di sperimentare soluzioni; si deve avere l'orgoglio di lasciare l'impronta culturale generazionale. Manca invece un disegno di insieme, la progettazione di quartieri completi, differenziati, con proprie caratteristiche che consentano la relazione, la crescita culturale e sociale. Prevale lo studio di insediamento su quello della qualità di vita che si andrà a generare. Con le pratiche attuali si costruiscono luoghi senza vita: "non luoghi" (Marc Augé) adatti solo per il transito, per non essere abitati. Vi è una proliferazione di questi. Prevale la cultura del pieno al vuoto e si riduce lo spazio immaginario, del sogno; aumenta il delirio da ansietà di privazione, anche di spazio, di complessità ambientale non adeguatamente tecnoassistita.

Manca la cultura del paesaggio?
E quasi inesistente. Il paesaggio diviene fondamento di attrazione e scelta di residenza nello sviluppo della economia delle conoscenze dove aumenta la richiesta di mobilità, indotti da una residenza a bassa stanzialità temporale. L'individuo diverrà quindi molto più mobile rispetto agli attuali stili di vita, preferirà cambiamenti frequenti di ambienti e luoghi, per il suo benessere, per il suo immaginario, di conseguenza residenze che richiederanno case costruite con arredi strutturali di base. L'uomo libero è leggero, mobile, collegato con interfacce tecnologiche a saperi connessi e diffusi, non porta con sé le collezioni da raccoglitore (quello era l'uomo stanziale, così ridotto dal "peso delle cose"), ma tecnologie che gli consentono l'aumento esponenziale delle proprie potenzialità. Persona, ambiente e la connection machine. Le nuove frontiere tecnologiche consentiranno sorprendenti sistemi di telecomunicazione cognitiva online: la nostra mente discrezionale sarà connessa alla memoria di conoscenze in continuo processo. Il digitale è il codice di intesa con la mente, l'azione non è più dipendente da un dovere, ma da un desiderio.

Dalla natura al digitale?
Nel '98 a Lavagetto, consapevole dell'arretratezza nel digitale in cui versava il Comune di Parma, gli proposi la lettura del libro di De Rosnay. Senta cosa dice: "una nuova vita germoglierà sulla terra; una macrovita alla scala del pianeta, in simbiosi con la specie umana. Questa vita ibrida, al tempo stesso biologica, meccanica, elettronica, sta nascendo. Noi ne siamo le cellule. Parliamo di economie, mercati, strade, reti di comunicazione o autostrade elettroniche, ma si tratta degli organi e dei sistemi vitali di un superorganismo che sta emergendo e già esiste allo stato primitivo: il Cibionte. Un essere organico e inorganico sovrassisto dalla logica chimica e matematica." Dal Jurassico al Cibionte!
Il Loggione: "Et sintù chi j'en drè progetèr di cantant col chip in gola; ogni teator al'j a programa cme 'l vól" (continua)

Parma 19 maggio 2004

Movimento Sorgenti
Tel 338 7152065 e-mail: luigi.boschi@libero.it
Terza pagina
9.12.2010
ZEUS News 9 Dicembre 2010
15.11.2010
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ZEUS News numero 1592
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