Redazione1 |
30.09.2004 12:16
IV GUERRA MONDIALE
Siamo tutti ostaggio delle élite di Stato che hanno deciso per noi! Si vuole alimentare lo scontro tra civiltà che è funzionale solo ai poteri. Scriveva Céline che gli Stati si nutrono del sangue per la loro autoperpetuazione e si rigenerano nelle guerre. C'è un uso strumentale, ideologico del morto, della morte, dell'ostaggio! Si alimentano le cause e le condizioni per dichiarare lo Stato di Polizia in cui vengono lesi i diritti acquisiti e cambiano le relazioni sociali.
Se è la Televisione che, come dice De Kerckhove, ci guarda, oggi è Internet che ci parla. Le guerre si vivono nel loro orrore e tragedia sui luoghi, si accendono e si spengono nei media. Si vuole il coinvolgimento emotivo, lo schieramento, si impone di prender parte: è il Thanatos Festival nel reality show della guerra, della guerriglia, del terrorismo.
Come si può chiedere alle persone ora cosa pensino sia giusto fare in Iraq? Da che parte stanno?
E' come, dopo aver buttato un pugno di sale in un piatto di minestra, pretendere che sia giusta di sale, pensare che non abbia spiacevoli variazioni di gusto o chiedere di togliere l'eccesso di sale nella pietanza. Si contaminano gli ambienti, e poi, si vorrebbe il parere popolare, nella più bieca finzione democratica, di come fare per decontaminarli! Sono i saperi che ci dovrebbero indicare preventivamente le dosi per i sapori o di come evitare le contaminazioni!
Perché non si interviene nel sistema del capitale finanziario orbitante, delle armi, della fame nel mondo? Eppure sono le fonti energetiche della guerra!
Emanuele Severino: "quando la fame diventa insopportabile e uccide milioni di persone, è inevitabile che, prima o poi, gli affamati che ancora hanno la forza di agire tentino di distruggere chi, essendo sazio, non consente loro di mangiare. Ed è inevitabile che, distruggendo e uccidendo, non provino alcun rimorso -specie quando son convinti che della loro povertà sono in gran parte responsabili i popoli ricchi".
Nei processi globali o si lavora di intelligence preventiva, capace di elaborare mirate strategie per agire nelle complessità o si subisce l'amaro effetto, unitamente a un lento, successivo processo di decontaminazione sempre in equilibrio precario: "i luoghi dell'agonia". Oppure è il collasso, l'abbandono, la distruzione, ambienti impestati dalle barbarie in cui la vita non ha più valore: "i luoghi della morte".
Le immagini delle sgozzature, così come le immagini delle torture, raccontano di cosa sono capaci i poteri, di come si riesce a trasformare uomini in seguaci feroci, di quale forza assassina guida la mano di quegli uomini, se ancora tali possono essere, di come sia troppo facile parlare di guerra standosene a casa protetti, di cosa la guerra è, cosa produce!
Io non ho i saperi, le competenze, gli elementi per dire cosa sia giusto fare in quei luoghi oggi, e con me penso molti altri, e ciò senza lavarsene le mani: ho scritto prima che si scatenasse la guerra il mio pensiero. Ma penso che la vita di ogni persona valga più della ragion di Stato (purtroppo è proprio la vita che ha perso valore nell'attuale politica economicistica).
Fu giusto il sacrificio di Moro per la ragion di Stato? Io penso di no, al di là delle successive diverse, discusse ricostruzioni e interpretazioni storiche che lasciano per lo meno perplessi sull'etica che guida la nostra classe politica; quando l'etica della forza, ossia la capacità di annientare le potenze antagoniste, prevale sull'etica della verità . E' un interrogativo globale, non solo locale!
L'attuale crescita esponenziale di conflittualità e violenza nel mondo non può essere paragonata alle ataviche lotte storiche dell'uomo. Micro e macro criminalità unitamente al dilagare di ostilità armate e conflitti locali e internazionali stanno producendo uno stato di guerra continua globale che non può essere affrontata nella banalizzazione dello scontro dove l'uomo è manipolato e usato. La prospettiva di questo passo è uno stato di guerra permanente a cui sarà sempre più difficile sottrarsi e che renderà la vita una militanza. Volgere l'indifferenza all'odio, non alimentarlo, è una strategia...difficile da accettare. Bisogna ritrovare l'umiltà della comprensione tra civiltà rose dalla ferocia, i valori della convivenza se non dell'amicizia tra persone, nella consapevolezza del valore unico della vita. Con l'etica della forza diveniamo tutti ostaggio di un odio voluto: le barbarie disumane si ibridano con le tecnologie nelle mani delle prepotenze del terrore e della guerra, si perde la forza della ragione, "giustizia e sviluppo solidale" urlati dal Papa divengono utopie di un altro pianeta.
Luigi Boschi
Movivemto Sorgenti
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Parma, 25 settembre 2004
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