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Forum :: La vetrina di Penna d' Oca :: E' meglio essere precisi :: 'Conto energia'. Soldi e incentivi per il fotovoltaico
Autore 'Conto energia'. Soldi e incentivi per il fotovoltaico
Redazione1
30.08.2005 15:45
'Conto energia'. Soldi e incentivi per il fotovoltaico

Quanto ci costa la bolletta elettrica? E quanto costerà? Non è ora di cambiare sistema? Da oggi si può, anche in Italia, produrre energia solare sul tetto di casa, e venderne un po'.

Via agli incentivi per chi scommette sul fotovoltaico: è sulla Gazzetta Ufficiale (n. 181 del 5 agosto 2005) il decreto del ministero delle Attività produttive, di concerto con l’Ambiente, per l’incentivazione dell’energia elettrica di origine solare prodotta con impianti fotovoltaici.

Si tratta di incentivi in conto energia.

Insomma, per capire questa nuova bella notizia, in vecchio conio: ti danno quasi 1.000 lire per ogni kilowattora che produrrai col pannello fotovoltaico sul tuo tetto, di qui a vent'anni.

Per un impianto di una famiglia o di un piccolo condominio, il decreto prevede che si continui a restare allacciati alla rete elettrica, e, quando non si consuma, vendere alla rete l'energia solare in surplus (computandola su un contatore in uscita, un contatore fiscale). A fine anno il conguaglio. L’energia dalla rete ci costa 15-20 centesimi al kilowatt, tasse comprese. Per quella che vendiamo c’è l'incentivo di 45 centesimi al kilowatt, più il prezzo pagato dalla rete!

C'è da farci un pensierino. E qualche calcolo.

Un impianto di circa 2kWp (kilowatt di potenza di picco), del costo di 15 mila euro, col sole di Roma produce 2.600 kWh all'anno. Significa un introito di 1.200 euro l’anno, a cui sommare il risparmio di energia (non comprata) per 390 euro. Chi consuma meno di quanto produce, potrà vendere alla rete la sua elettricità, 0,15 euro/kWh, al prezzo di mercato. Si calcola un rientro in 7/9 anni, dopo di che si comincia a guadagnare.

Un ostacolo può essere il costo iniziale di un impianto fotovoltaico: almeno 9.000 euro. Un altro, che bisogna presentare una domanda a un "soggetto attuatore" non ancora stabilito dall'Autorità per l'Energia, in quattro bandi l’anno (entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ciascun anno). Basterà una semplice domanda col progetto preliminare (per chi vuol fare le cose in grande la procedura sarà diversa).

Prossimi aggiornamenti? LifeGate offrirà un ampio ventaglio di informazioni, approfondimenti e consigli pratici sul tema, primo grande passo verso l'energia solare in Italia. Una vera scossa.

Stefano Carnazzi
Redazione1
5.09.2005 13:36
La violenza di L. Garafalo

LA VIOLENZA
Una paurosa spirale di morte e distruzione sta avvolgendo l’intera umanità, senza risparmiare alcun popolo: è la spirale “guerra-terrorismo” così come è stata convenzionalmente definita.

Tuttavia, tale apparente dicotomia non costituisce e non offre un’effettiva alternativa tra due differenti opzioni, ma al contrario si tratta di due facce della stessa medaglia. E’ un mostruoso parto gemellare generato dal medesimo sistema che ha bisogno della violenza organizzata in varie forme, per rigenerarsi, ricostituirsi e perpetuarsi all’infinito.

Nelle giornate di Luglio, a quattro anni di distanza dal 2001, sono state rievocate le drammatiche giornate di Genova, segnate dalle terribili violenze della repressione poliziesca, dall’assalto alla scuola Diaz, dalle torture nel carcere di Bolzaneto, dall’assassinio di Carlo Giuliani, ecc.

Certo, bisogna rammentare anche le violenze dei black-bloc (e su tali vicende bisognerebbe far luce, dato che ancora sussistono molte zone d’ombra, tanti misteri e lati oscuri), violenze che sono anch’esse un parto degenere di un sistema sempre più marcio, putrido ed incancrenito, capace di produrre in quantità industriale soprattutto “merci” come la violenza, l’odio e la distruzione, nella misura in cui ne ha bisogno come l’aria che respiriamo, per poter giustificare la sua esistenza.

Insomma, tutte queste vicende sono strettamente legate da un denominatore comune: la violenza.

Su tale argomento varrebbe la pena di spendere qualche parola per avviare un ragionamento storico, critico e politico il più possibile serio e rigoroso. Io voglio provarci, partendo ovviamente dal mio punto di vista e avvalendomi delle mie capacità analitiche, delle mie conoscenze ed esperienze.

La violenza, intesa come comportamento individuale, ha senza dubbio un fondamento più profondo e complesso, insito nella struttura sociale. Ad esempio, nella realtà delle società capitaliste, la violenza del singolo, la ribellione giovanile apparentemente priva di cause, l’alienazione, la follia, il vandalismo, oppure il teppismo negli stadi di calcio (o ad una manifestazione), la criminalità comune, la perversione di quei soggetti qualificati come “mostri”, sono sempre il frutto (marcio) generato da una formazione sociale che ha bisogno di produrre odio e violenza; sono la manifestazione di un contesto storico-sociale che, per sua natura, crea conflittualità, contribuendo alla depravazione dell’animo umano che in tal modo viene ad essere intimamente condizionato dall’ambiente esterno. Dunque la violenza non è una questione di malvagità o perversione individuale, ma è un problema sociale, ovvero costituisce la facciata esteriore e fenomenica dietro cui si camuffa la violenza organizzata della società, è lo strato superficiale sotto cui giace, si espande e si incancrenisce la corruzione dell’ordine costituito.

In effetti è alquanto difficile determinare e concepire la violenza come un comportamento naturale, etologico, immutabile, dell’essere umano, in quanto è la natura stessa dell’ordinamento sociale, il vero principio che genera i cosiddetti “mostri”, i criminali, i violenti in quanto singoli individui, che sono spesso quei soggetti più labili e vulnerabili sotto il profilo psichico ed emotivo.

La visione che attribuisce alla “cattiveria umana” la causa dei mali e dei problemi del mondo, è soltanto un’ingenua e volgare mistificazione.

Il tema della violenza è talmente vasto, enorme, complesso, da rivestire un’importanza centrale nell’ambito dello sviluppo storico dell’intera umanità.

Sin dalle sue origini l’uomo ha dovuto immediatamente attrezzarsi per fronteggiare la violenza esercitata dall’ambiente naturale nel quale era inserito: il pericolo di aggressione da parte delle belve feroci, le avversità atmosferiche, le catastrofi e le sciagure naturali più terrificanti, quali terremoti, bradisismi, vulcanismi, frane, incendi ecc., i suoi bisogni fisiologici da soddisfare, ossia la fame, la sete, la necessità di procreare e via discorrendo.

In seguito, con il trascorrere dei secoli, l’uomo è riuscito a compiere un’immane progresso tecnologico e materiale che lo ha affrancato dal suo primitivo asservimento alla natura, rovesciando, in un certo senso, il rapporto originario tra l’uomo e l’ambiente. Oggi, infatti, è soprattutto l’uomo che arreca violenza alla natura, ma la relazione rischia di invertirsi nuovamente.

Durante la sua lunga evoluzione culturale e materiale, l’umanità ha creato e conosciuto svariate esperienze di violenza: la guerra, la tirannia, l’ingiustizia sociale, lo sfruttamento, la fatica quotidiana per la sopravvivenza, il carcere, la repressione, la rivoluzione, fino alle forme più rozze ed elementari come il teppismo, la prepotenza, la sopraffazione del singolo su un altro singolo. Tuttavia, tali fenomeni così disparati, pur nella loro molteplicità e nelle loro apparenti contraddizioni, si possono ricondurre ad un’unica matrice storico-causale, vale a dire la natura intrinsecamente violenta, ingiusta e disumana della struttura sociale e materiale su cui si erge l’organizzazione della vita e dei rapporti umani nel loro incessante divenire storico.

Il problema fondamentale della violenza nella storia umana (che è scisso dal tema della violenza nel mondo preistorico) è costituito dall’ingiustizia e dalla violenza insite nel cuore delle società classiste, le quali si basano sulla divisione sociale dei ruoli lavorativi e sullo sfruttamento materiale di una classe sul resto della società.

Solo quando lo sviluppo delle capacità economico-produttive e tecnologiche della società, avrà raggiunto un livello tale da permettere il superamento e l’eliminazione della ragion d’essere che finora ha giustificato e determinato lo sfruttamento del lavoro servile e del lavoro salariato, l’umanità potrà compiere il grande balzo rivoluzionario che consisterà in un processo di liberazione dalla violenza dell’ingiustizia e dello sfruttamento di classe. Ebbene, è un dato di fatto che tali condizioni, connesse al progresso tecnico-scientifico ed alla produzione delle ricchezze sociali, siano già presenti nella realtà oggettiva, ma sono mistificate e negate dal persistere di un quadro (ormai obsoleto) di rapporti di supremazia e sottomissione tra le classi sociali.

In tal senso, il potere borghese non è mutato, i suoi rapporti all’interno e all’esterno sono sempre improntati alla violenza. Esso continua a reggersi sulla violenza, in modo particolare sulla forza bruta (legalizzata) di strutture e di istituzioni repressive quali, ad esempio, il carcere, la polizia, l’esercito. Nel contempo, il potere borghese ha imparato ad impiegare altre forme di controllo sociale, più morbide e sofisticate, addirittura più efficaci, come la televisione e i mass-media.

Oggi, infatti, molti Stati borghesi, soprattutto quelli più avanzati sul versante tecnologico, vengono gestiti e controllati non solo e non tanto attraverso i sistemi tradizionali della violenza legalizzata, cioè esercito e polizia, quanto soprattutto ricorrendo alla forza persuasiva ed alienante della televisione e dei mezzi di comunicazione di massa.

Naturalmente, il discorso sulla violenza non è per nulla concluso, né può esaurirsi in una breve riflessione come questa, giacché si tratta di un tema talmente ampio, controverso e difficile, da meritare molto più spazio, molto più tempo, molto più studio e molto più ingegno di quanto possa fare il sottoscritto.

Per quanto mi riguarda, ho cercato semplicemente di suscitare e lanciare un input.



Lucio Garofalo

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