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Forum :: La vetrina di Penna d' Oca :: E' meglio essere precisi :: Alcuni cenni alla storia di Israele
Autore Alcuni cenni alla storia di Israele
Redazione1
29.09.2007 19:12
Innanzitutto, il popolamento da parte ebraica del territorio in questione non fu un invasione ma un acquisto di territori che cominciò in modo massiccio già dalla fine dell'800. Ma il vero nodo della questione è il provvedimento delle Nazioni Unite del 1947 che diede l'avvio allo Stato Israeliano. Nessuno a quei tempi si definiva palestinese, e quei territori, prima turchi poi sotto controllo inglese, vennero smembrati dagli inglesi per l'80% nella Giordania,e l'ONU, nel 1947, decise che il rimanente 20% venisse diviso in due stati, uno per gli arabi e uno per gli ebrei che già risiedevano in quei luoghi.
Allo scoccare del momento in cui il provvedimento diveniva realtà nel 1948, non ci furono "guerre con i palestinesi", come tu erratamente affermi, e non vennero neanche espulsi arabi, ma gli eserciti di Libano, Siria, Giordania, Iraq ed Egitto attaccarono lo Stato Israeliano per conquistarne il territorio e anneterselo. Gli arabi che erano nello Stato Israeliano non furono scacciati dagli ebrei ma, non ascoltando gli appelli a rimanere degli ebrei, fuggirono dalla loro terra spinti dai leader arabi. Se gli ebrei scacciarono gli arabi, come ti spieghi che in Israele viva un milione di arabi, con gli stessi diritti di un cittadino ebreo, rappresentanti persino nel parlamento con loro deputati regolarmente eletti? Questi arabi israeliani sono gli uomini che non ascoltarono gli appelli arabi. Qualche prova.
Il quotidiano del Cairo AKHBAR EL-YOM, il 12 Ottobre 1963 ricordava: "Venne il 15 Maggio 1948… quello stesso giorno il Mùfti (leader religioso Islamico) di Gerusalemme fece appello agli Arabi di Palestina affinchè abbandonassero il Paese, in quanto gli eserciti Arabi stavano per entrare al loro posto…"
Il 6 Settembre 1948, il "Beirut Telegraph" intervistava Emile Ghoury, segretario del Supremo Comitato Arabo: "Se esistono questi profughi, è conseguenza diretta dell' azione degli Stati Arabi contro la partizione, e contro lo stato Ebràico".
Il 19 Febbrajo 1949, il quotidiano Giordano FALASTIN scriveva. " Gli Stati Arabi che avevano incoraggiato gli Arabi di Palestina a lasciare le proprie case temporaneamente per essere fuori tiro degli eserciti d' invasione Arabi, non hanno mantenuta la promessa di ajutare questi profughi….".
Da un rapporto della Polizia Britannica al Quartier Generale di Gerusalemme il 26 Aprile 1948:
"Ogni sforzo è compiuto da parte degli Ebrei per convincere a popolazione Araba a rimanere, e a condurre insieme a loro una vita normale….."
A Haifa il 27 Aprile 1948 il Comitato Nazionale Arabo rifiutò di firmare una tregua, comunicando ai governi della Lega Araba: "Quando la delegazione entrò nella sala delle riunioni, rifiutò con fierezza di firmare la tregua, e chiese che si facilitassero l' evacuazione della popolazione Araba, e il suo trasferimento nei Paesi Arabi circosrtanti…. Le augtorità militari e civili e i vari esponenti degli Ebrei espressero il loro profondo rincrescimento. Il Sindaco di Haifa, Shabtai Levi, aggiornò l' incontro con un appello alla popolazione Araba affinchè riconsiderasse la sua decisione…."
MANIFESTO IN ARABO E IN EBRAICO AFFISSO IL 28 APRILE 1948 dal Consiglio Ebraico dei Lavoratori di Haifa, rivolto ai cittadini Arabi, ai lavoratori, alle autorità:
Da tanti anni viviamo insieme nella nostra città, Haifa. In sicurezza, e in fratellanza e comprensio ne reciproche. Grazie a ciò, la nostra città è fiorita, e si è sviluppata per il bene dei residenti, sia Arabi, sia Ebrei. Così Haifa è stata di esempio per altre città della Palestina. Elementi ostili non sono riusciti a adeguarsi a questa situazione, e hanno dato origine a scontri, minando le relazioni fra voi e noi. Ma la mano della Giustizia è più forte. La nostra città ora è sgombra di questi elementi, che sono fuggiti temendo per la propria vita. Così, una volta di più, l' ordine e la sicurezza hanno il sopravvento nella città. La strada è aperta per la ripresa della cooperazione e della fratellanza fra i lavoratori, Ebrei e Arabi.
A questo punto riteniamo necessario chiarire nei termini più franchi: siamo persone amanti della Pace ! Non c' è ragione per la paura che altri cercano d' instillare in voi. Non c'è odio nei nostri cuori, né astio nel nostro atteggiamento verso cittadini amanti della Pace che, come noi, sono impegnati nel lavoro, e nello sforzo di creare.
Non temete! Non distruggete le vostre case con le vostre stesse mani ! Non troncate le vostre fonti di vita. Non attirate su di vioi, con le vostre mani, la tragedia, mediante un' evacuazione non necessaria, e fardelli da voi stessi creati. Trasferendovi, sarete sopraffatti dalla povertà, e dall' umiliazione. Ma in questa città, vostra e nostra, Haifa, le porte sono aperte alla vita, al lavoro, alla Pace,per voi e per le vostre famiglie.
CITTADINI GIUSTI E AMANTI DELLA PACE
Il Consiglo dei Lavoratori di Haifa, e la Confederazione del Lavoro, la Histadrùth, vi consigliano, per il vostro bene, di restare nella città, e di tornare al vostro lavoro normale. Siamo pronti a venire in vostro ajuto, a ristabilire condizioni normali, a assistervi nell' approvvigionamento di cibo, e a aprire possibilità di lavoro.
LAVORATORI: LA CITTA' CHE ABBIAMO IN COMUNE, HAIFA, FA APPELLO A VOI AFFINCHE' VI UNIATE NELLA SUA COSTRUZIONE, NEL SUO PROGRESSO, NEL SUO SVILUPPO; NON TRADITE LA VOSTRA CITTA', E NON TRADITE VOI STESSI. SEGUITE IL VOSTRO INTERESSE, E SEGUITE LA STRADA GIUSTA !
La Federazione Ebràica del Lavoro in Palestina
IL CONSIGLIO DEI LAVORATORI DI HAIFA

E gli arabi che fuggirono? Vennero sistemati nei campi profughi di Gaza, fino al 1967 sotto controllo egiziano, e in Cisgiordania, fino al 1967 sotto controllo giordano. Quindi gli israeliani non hanno rinchiuso nessuno in campi profughi, ma sono stati sistemati lì dai leader arabi dopo che i loro appelli li avevano spinti a lasciare le loro case. Gli arabi israeliani invece vivono con gli stessi diritti degli ebrei.

Un'altro argomento:
Non fu Sharon a dare inizio all' Intifada come tu affermi ma Arafat, e per questo ti segnalo un'intervista illuminante:
Da un'intervista a Dennis Ross, Fox News Sunday, 21/04/02
Dennis Ross e' stato l'inviato speciale americano per il Medio Oriente fino agli ultimi giorni dell'amministrazione Clinton e in questa veste segui' tutti i negoziati, sia quelli pubblici a Camp David nel luglio 2000, sia quelli riservati che si tennero nei mesi successivi fino al gennaio 2001. In una recente intervista a Fox News Sunday, Dennis Ross ha ripercorso i negoziati che ruotarono attorno alla proposta Clinton del dicembre 2000, offrendo una testimonianza di prima mano su come si comportarono le parti e in particolar modo Arafat .

Dennis Ross: "Ricapitoliamo la sequenza degli avvenimenti per mettere le cose nel giusto conteso. A Camp David nel luglio 2000 noi americani non presentammo un piano complessivo. Mettemmo sul tavolo delle idee relative ai confini e alla questione di Gerusalemme. Arafat non fu in grado di accettare nessuna di queste idee. Per la verita', nel corso di quei quindici giorni di negoziati Arafat non presento' una sola idea alternativa. Ne presentarono alcune i suoi negoziatori, ma lui no. L'unica cosa che Arafat seppe dire a Camp David fu che non e' mi esistito il Tempio ebraico a Gerusalemme. In pratica negava il cuore stesso della fede ebraica.

Dopo il vertice, Arafat ci chiamo' subito per dirci: "Dobbiamo fare un altro vertice". Al che noi rispondemmo: "Abbiamo appena giocato le nostre carte e ci hai risposto con un no. Bisogna che ti preparai a fare un accordo prima di ripetere qualcosa del genere".

Allora Arafat accetto' che venisse aperto un canale riservato fra i suoi e gli israeliani. Ci furono delle riunioni, a cui partecipai anch'io dalla fine di agosto 2000. Le discussioni furono serie e noi eravamo pronti a presentare le nostre proposte per la fine di settembre. Proprio in quel momento scoppio' l'intifada. Arafat sapeva che eravamo pronti a presentare le nostre proposte, e i suoi gli dicevano che le nostre proposte sembravano buone. Noi gli chiedemmo di intervenire per garantire che non scoppiassero violenze il giorno dopo la visita di Sharon [alla spianata del Tempio]. Arafat disse che l'avrebbe fatto, ma poi non mosse un dito.

Ai primi di dicembre [2000], attraverso i canali riservati entrambe le parti ci chiesero di nuovo di presentare le nostre proposte, di presentare un vero e proprio piano. Il 23 dicembre il presidente Clinton presento' il nostro piano, che in sostanza diceva questo. Sui confini: annessione a Israele di un 5% della Cisgiordania e passaggio di un 2% di territorio israeliano ai palestinesi, per cui in totale i palestinesi avrebbero ricevuto il 97% del territorio. Gli israeliani sarebbero usciti completamente da Gaza. E' falso affermare che in Cisgiordania lo stato palestinese sarebbe risultato diviso in parti: vi sarebbe stata continuita' territoriale. E vi sarebbe stato anche un collegamento diretto fra Gaza e Cisgiordania con un'autostrada e una ferrovia sopraelevate, tali da garantire non solo un passaggio "sicuro" [come previsto dagli accordi di Oslo], ma un vero e proprio passaggio libero.

Su Gerusalemme: i quartieri arabi della parte est sarebbero diventati capitale dello stato palestinese.

Sui profughi: vi sarebbe stato diritto al rientro dei profughi nello stato palestinese, non all'interno di Israele. Inoltre sarebbe stato creato un fondo di 30 miliardi di dollari raccolti a livello internazionale per compensazioni e interventi di rimpatrio, reinserimento e riabilitazione dei profughi.

Sulla sicurezza: vi sarebbe stata una presenza internazionale nella Valle del Giordano al posto delle forze israeliane. Il piano non era scritto, ma noi lo enunciammo alle parti come se lo dettassimo, accertandoci che ne prendessero nota accuratamente. Non lo mettemmo per scritto perche', come spiegammo a palestinesi e israeliani, questo era il massimo del nostro sforzo possibile: se non lo avessero accettato, lo avremmo ritirato punto e basta. Volevamo che fosse ben chiaro che non si trattava di una base per ulteriori trattative: si trattava di un piano definitivo. Un piano di proposte complessivo, senza precedenti ed estremamente avanzato. Il massimo che le due parti potevano sforzarsi di accettare, in base al giudizio che ci eravamo fatti dopo migliaia di ore di colloqui e discussioni con ciascuna delle due parti.

[Il governo israeliano accetto' la proposta Clinton il 27 dicembre 2000 "a condizione che la accettino anche i palestinesi"].

I palestinesi ancora oggi sostengono che Arafat accetto' la proposta. In realta' Arafat venne alla Casa Bianca il 2 gennaio 2001 e si incontro' con il presidente Clinton nello Studio Ovale. Ero presente all'incontro. Arafat disse: "si', ma?" e aggiunse una serie di obiezioni che in pratica significavano il rifiuto di ogni singola cosa che avrebbe dovuto accettare. Doveva accettare che a Gerusalemme vi fosse una sovranita' israeliana sul Muro Occidentale che coprisse i luoghi di importanza religiosa per gli ebrei e la rifiuto'. Rifiuto' la proposta sui profughi. Disse che occorreva una formula completamente diversa, come se la nostra proposta non esistesse nemmeno. Rifiuto' le idee fondamentali sulla sicurezza. Praticamente respinse tutte le cose che gli avevamo chiesto di accettare.

Ancora oggi i palestinesi non hanno detto alla loro gente in cosa consisteva davvero quel piano. Sono certo che i negoziatori di Arafat avevano capito che il nostro piano era il massimo che potessero mai ottenere. E volevano che Arafat accettasse. Ma Arafat non era disposto ad accettare.

Perche'? Io credo che fondamentalmente Arafat non possa porre fine al conflitto. C'era una clausola decisiva, nell'accordo da noi proposto.

E la clausola era che l'accordo avrebbe posto fine al conflitto. Arafat ha passato tutta la vita a lottare per la causa. Quello che ha fatto come leader dei palestinesi e' stato lasciarsi sempre aperte delle opzioni, non mettere mai la parola fine. Qui gli veniva chiesto di porre la parola fine. Per Arafat, porre fine al conflitto con Israele significa porre fine a se stesso.

Nel frattempo era scoppiata l'intifada. Puo' darsi che abbia pensato di poter ottenere di piu' con la violenza. Senza dubbio pensava che le violenze avrebbero messo sotto pressione gli israeliani e noi, e forse il resto del mondo.

E poi c'e' un altro fattore. Non bisogna dimenticare che Ehud Barak era riuscito a riposizionare Israele a livello internazionale: Israele era visto come la parte che aveva dimostrato oltre ogni dubbio di volere la pace, e se la pace non era raggiungibile era a causa del rifiuto di Arafat. Arafat aveva bisogno di ristabilire l'immagine dei palestinesi come vittime. Purtroppo vittime lo sono davvero, e ora si vede quanto.".

Fox News Sunday, 21.04.02. Traduzione in italiano a cura di NES, Notiziario di Informazione dell'Associazione Notizie e stampa

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