La sinistra ha bisogno di forti sentimenti, di nuove idee e di grandi speranze. Nel recente incontro romano dove è stato avviato il processo unitario di costruzione di una nuova sinistra questi fondamentali ingredienti hanno finalmente fatto irruzione finendo per dominare la scena. E sì, perché occorre partire proprio dai sentimenti, da quei moti dell’animo che da tempo sono stati messi in disparte nell’arido e rissoso scenario della politica nostrana: sentimenti di fiducia nella forza della giustizia, di ottimismo sulla possibilità di emancipazione e di riscatto, di operosa condivisione di tutte le forme di marginalità e di discriminazione, di lotta disarmata contro tutte le violenze e tutte le sopraffazioni. Sentimenti questi che devono conferire alla sinistra una dimensione spirituale, caratterizzata cioè da quelle elevate emozioni dell’intelligenza che sono state definite la «punta dell’anima».
Senza queste passioni non si possono produrre idee nuove all’altezza dell’attuale situazione e quindi capaci di contrastare "questo" capitalismo e "questa" pianificazione neoliberista. Idee nuove perché i tempi sono cambiati e impongono che i vecchi schemi ideologici siano sostituiti da aggiornate categorie che abbiano pur sempre la loro matrice in quella Costituzione che affida alla Repubblica il «compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Un compito da assolvere affermando il principio della pari dignità sociale dei cittadini, creando le condizioni per rendere effettivo il diritto al lavoro, tutelando la salute come «diritto fondamentale» di ogni persona, realizzando un sistema tributario improntato a criteri di progressività e ripudiando la guerra con una politica estera rivolta a fare del nostro Paese una "grande potenza di pace".
Forti sentimenti ed idee nuove che possono aprire la strada alla speranza di costruire una società più democratica, ugualitaria e fraterna. La cultura borghese ed il "pensiero unico" non hanno anima e sono ripiegate sul presente sicché la sinistra, se vuole essere davvero alternativa all’attuale sistema, deve connotarsi di spiritualità e di utopia. E deve alimentarsi degli ideali di uguaglianza e di giustizia del più autentico socialismo ma deve anche ispirarsi al messaggio riveniente dal cristianesimo delle origini e dalle esperienze di fede che nell’arco di due millenni si sono su di esso modellate respingendo le deformazioni che spesso ne hanno alterato l’immagine. Il teologo spagnolo Benjamin Forcano ha di recente affermato che «se la passione di Cristo si converte in passione dei cristiani e se questa passione passa per la giustizia, perseguita a partire dagli ultimi, rimane acceso il motore per un rinnovamento della sinistra e per una rifondazione del socialismo».
Con questa sensibilità e con questi intenti, accogliendo la sollecitazione di Pietro Ingrao, la sinistra deve in fretta portare a termine il processo unitario superando il "limbo" della federazione e deve aprirsi a tutte le istanze di liberazione. Essa deve abbattere gli steccati che la dividono e fare a meno degli apparati e dei leaderismi per costruirsi come esperienza collettiva, come forza politica capace di riconoscersi pienamente nel dettato costituzionale per il quale i partiti non devono essere strumento per la spartizione del potere ma devono «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». La nascente sinistra ha perciò bisogno di un «non-leader» che sia però punto di riferimento, di un compagno di viaggio che, per la propria storia e la propria cultura, sia garanzia di fedeltà ai valori della sua migliore tradizione, fonte di creatività e pungolo di innovazione. Ha insomma bisogno di quel Nichi Vendola che, parlando all’Assemblea dei cosiddetti Stati generali con l’attenzione soprattutto rivolta agli umori degli "strati popolari", ha affermato che occorre creare una sinistra unita che non sia il riassunto delle passate esperienze ma «sia capace di ospitare domande di libertà , di leggere nel cuore della gente, di sondare fondali melmosi, di cogliere il dolore e le domande di senso che arrivano dalla società ».
Brindisi, 12 dicembre 2007
Michele DI SCHIENA