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Le riforme? Tradiscono la Carta
2.08.2004

COSTITUZIONE: Premierato e nuovo Senato, l´associazione dei giuristi abbandona la neutralita' - "Hanno pesato più del dovuto preoccupazioni di schieramento, estranee alle ragioni che dovrebbero guidare una simile stesura" Dal presidente lettera aperta ai soci dell´organismo, che raggruppa tra gli altri Mezzanotte, Zagrebelski, Amato, Manzella e Cheli -

La crociata dei professori contro il progetto della Cdl: un pericolo per la Repubblica

"Abbiamo sempre evitato di schierarci, ma nella presente temperie è difficile astenersi"

ROMA - Giuristi di tutta Italia, unitevi. Contro le riforme istituzionali della Casa della Libertà, l´Associazione italiana dei costituzionalisti esce da anni di neutralità e affila le armi. Il pericolo per le sorti della Repubblica - dicono - è grande. Sergio Bartole, professore di diritto e presidente dell´organismo, prende carta e penna e scrive una lettera aperta a tutti soci: «Abbiamo sempre evitato di schierarci a fianco di quanti favorivano o avversavano i progetti di riforma, ma nella presente temperie pare difficile astenersi». La missiva è diretta ai membri dell´associazione: praticamente tutta la galassia dei giuristi italiani, tra cui Carlo Mezzanotte, Gustavo Zagrebelski, Andrea Manzella, Enzo Cheli e Giuliano Amato.

Bartole pone sul tavolo una serie di questioni che lo allarmano. Innanzitutto «il metodo di lavoro prescelto per il procedimento di revisione costituzionale», metodo sul quale «hanno pesato più del dovuto preoccupazioni di schieramento, estranee alle ragioni che dovrebbero guidare la stesura di una Costituzione, destinata a reggere nel tempo le sorti del nostro Paese». Quindi, il presidente elenca una serie di modifiche «incompatibili con i principi del patrimonio costituzionale europeo»: la nuova composizione della Consulta; il ridimensionamento dei poteri del capo dello Stato; la confusa ripartizione dei compiti tra le due Camere e la formazione del nuovo Senato.

«La qualificazione del Senato come Camera federale - scrive Bartole ai colleghi - pare messa in discussione da un sistema di elezione su base regionale, che rischia di ricalcare quello attuale e salva la coincidenza delle elezioni per il Senato con quelle dei Consigli regionali. Coincidenza che può produrre un effetto opposto a quello desiderato, dando la precedenza agli interessi delle forze politiche nazionali su quelli delle forze regionali e locali».

Critiche, queste, che Bartole ha messo nero su bianco anche nella nota richiestagli a inizio luglio dalla Commissioni affari costituzionali alla Camera. «Il Senato federale rischia di apparire come un essere anomalo, a metà strada tra un centauro e un ermafrodito - è l´avvertimento del docente ai deputati - diviso fra la cura degli interessi regionali, il coinvolgimento nella legislazione di indirizzo e l´elezione di titolari di organi costituzionali di garanzia (come Csm e Consulta, ndr), senza essere in grado di assumere con convinzione tali ruoli confliggenti».

Non meno duro è il giudizio sul premierato cosiddetto assoluto. «Il disegno di legge - scrive ancora Bartole - va oltre l´obiettivo di offrire al primo ministro un mezzo per reagire o prevenire un ipotetico ribaltone e consente allo stesso di farsi promotore di un ribaltone, per così dire, alla rovescia, opponendosi alla sua maggioranza e così rompendo il cordone ombelicale che ad essa lo si vuole legato dal momento delle elezioni». Insomma, il futuro premier potrà liberamente rovesciare quella maggioranza di governo, «di cui si dice di voler affidargli la difesa».

Tra i primi a rispondere alla chiamata "alle armi" del presidente Bartole, è Pietro Ciarlo, ordinario di diritto costituzionale a Cagliari. Tre i punti del disegno di legge costituzionale che lo spaventano. Per primo, il federalismo. «La potestà esclusiva delle Regioni in materia sanitaria, scolastica e di polizia locale - scrive nel suo intervento - aggravano i problemi di coordinamento con la legislazione statale. Una scelta questa che appare dettata esclusivamente dall´interesse di uno dei partiti della coalizione di maggioranza». Poi il nuovo procedimento di revisione costituzionale, che «renderebbe di fatto quasi impossibile future modifiche della Costituzione e non consentirebbe dunque di trovare uno sbocco gradualistico alle tensioni che inevitabilmente si cumulano nel tempo». Infine il premierato, con cui si vuole «ricondurre al Governo e per esso al Primo ministro, il controllo della funzione legislativa, sottraendolo di fatto all´assemblea rappresentativa». Una «marginalizzazione della Camera» che, secondo Ciarlo, «sta orientando in modo unanime i costituzionalisti ad assumere atteggiamenti di dissenso, se non di aperta condanna del disegno di legge in oggetto».

Il dado è tratto. L´Associazione italiana dei costituzionalisti si prepara a dare battaglia sul disegno di legge della Cdl. È vero infatti che le riforme si fanno in Parlamento (magari con un accordo tra maggioranza e opposizione), ma è ammissibile una modifica profonda della nostra Costituzione, che non tenga in alcun conto il parere della quasi totalità degli addetti ai lavori, cioè i costituzionalisti italiani?

di VLADIMIRO POLCHI

da www.repubblica.it


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