14.11.2004
Che tutte le occasioni sono buone per fare i "buoni" lo capisco, è umano. Ma che realmente Arafat era un uomo di pace ho parecchi dubbi. Forse, se avessimo dato meno soldi ed appoggi morali ad Arafat ed ai suoi seguaci.... avremmo avuto una maggiore quantità di pace nel mondo (non solo in Palestina).
A seguire un articolo del Sole 24Ore :
LA CACCIA AL TESORO / UN' EREDITA RUBATA.
IL-SOLE-24-ORE, Mercoledi', 10 novembre 2004, Pagina: 6 BAA, MONDO. DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON * Fuori dalla retorica e da cio' che dira' la storia, una cosa e' sempre mancata ai palestinesi: un leader decente. Prima il Gran Mufti' di Gerusalemme, l'estremista Aji Amin al-Husseini; poi re e dittatori arabi che manipolavano le ambizioni di quel popolo; infine Arafat. Ora quel povero popolo spinto dai suoi capi a combattere inutili guerre contro Israele, una delle piu' potenti forze armate del mondo, e' nelle mani di Suha Arafat, una specie di caricatura di Cleopatra. E' lei che siede sulla cassaforte, decisa a non rinunciare ai benefici di una carica di cui si e' sempre rifiutata di accettare gli oneri. Incidentalmente quel tesoro e' dei palestinesi, del loro futuro: sono i loro stipendi, le case che dovrebbero essere ricostruite quando gli israeliani smetteranno di bombardarle, le strade, i ponti, le scuole. Ma c'e' chi teme che nel migliore dei casi l'Autorita' palestinese - precipitatasi al completo, ieri a Parigi, a rivendicare la salma e il suo patrimonio - tornera' in possesso della meta' della somma, probabilmente di un quarto. O forse non avra' nulla. Non e' esatto dire che tornera' in possesso di qualcosa: il governo, i ministri e il popolo palestinese non hanno mai avuto nulla di quel tesoro. Abu Ala, il primo ministro, lo sa bene. Negli anni dell'esilio e dei petroldollari sauditi (85 milioni l'anno ufficiali piu' un altro centinaio senza testimoni), era lui che gestiva la finanziaria dell'Olp: lui comprava linee aeree nel centr'Africa, bananiere in Somalia, terreni e appartamenti in Europa. Ma la firma finale, il controllo degli investimenti e dei disinvestimenti era sempre di Arafat. E' difficile quantificare questo tesoro: chi dice fra i 3 e i 5 miliardi di dollari; chi circa 4. Il problema e' che anche questo, come la morte, la vita e perfino la data e il luogo di nascita di Arafat, restera' avvolto dal mistero. Ci sara' sempre qualcuno che s'inventera' cifre iperboliche e conti offshore molti anni dopo la scomparsa di Arafat. C'e' tuttavia un'altra voce, diversa dai fondi neri o grigi donati ai tempi dell'Olp in Libano, che e' documentabile: gli aiuti internazionali che Arafat aveva incominciato a ricevere quando nacque l'Anp. La Ue da sola ha versato circa un miliardo e mezzo di euro. Complessivamente la cifra donata da europei, americani, governi e organizzazioni multilaterali, e' di circa 6 miliardi di dollari. Una parte del tesoro e' stata effettivamente spesa per i palestinesi nei Territori occupati e per i profughi nei Paesi arabi; un'altra e' stata male investita e persa; un'altra ancora rubata dai dirigenti corrotti che Arafat controllava permettendo loro di rubare. Fino all'attuale ministro delle Finanze palestinese, Salam Fayyad, uomo integerrimo venuto dal Fondo monetario, chi controllava quel dicastero non era che un prestanome. Solo Fayyad era riuscito a ridurre le cosiddette spese "dell'ufficio del Presidente" da 10 a 43 milioni l'anno. Perche' il sistema ai tempi dei fedayin e il sistema in tempo di pace e di istituzioni semi-statali palestinesi era sempre lo stesso. (Quando entrai nel suo ufficio per proporgli un pacchetto d'aiuti di diversi milioni di dollari - spiegava qualche tempo fa un banchiere internazionale di Washington - Arafat mi chiese se avessi portato il denaro con me. Ne aveva bisogno subito, disse. Cercai di spiegargli che non era cosi' che andavano le cose. Ma dubito che mi avesse capito). Negli anni del processo di pace e dell'Autorita', dal 1994 in poi, Arafat non avrebbe potuto continuare a possedere e usare il denaro pubblico, senza l'acquiescenza di donatori e partner. Si dice che Yitzhak Rabin avesse tentato di opporsi, quando gli fu spiegato che tasse, dazi e monopoli raccolti da Israele per conto dei palestinesi dovevano essere versati in un conto personale di Arafat in una banca di Tel Aviv. Ma gli fu anche detto che quel denaro serviva a sopprimere Hamas e le altre organizzazioni contrarie al processo di pace. Anche noi occidentali sapevamo che una buona parte dell'aiuto destinato al popolo palestinese andava altrove: anche nei conti di Suha a Parigi. Ma c'era il processo di pace, Arafat garantiva la sicurezza d'Israele e le cose, allora, andavano piu' o meno decentemente. Alla fine degli anni '90 il reddito procapite in Palestina cresceva piu' rapidamente che in ogni altro Paese arabo non petrolifero. Oggi e' cambiato tutto e Yasser Arafat e' diventato quel ladro del futuro palestinese che tutti sapevano fosse. Anche i palestinesi lo sapevano perche' nel sistema tribal-familiare che domina in quella societa', era normale che il capo gestisse la cassa e distribuisse non secondo bilancio ma buon cuore. (Arafat non ha proprieta' personali in nessuna parte del mondo), protestava ieri a Parigi il suo consulente finanziario, Mohammed Rashid. Anche lui sta combattendo con o contro Suha ma certamente contro l'interesse palestinese, per tenersi il meglio del tesoro. Tuttavia ha ragione. Arafat non era ricco nel senso che di quel denaro non ha mai goduto se non come strumento di gestione del suo potere. Per Suha il discorso e' diverso. Se il naturale passaggio dalla vita alla morte di Arafat sembra invece un grande complotto - se non una commedia di Moliere - non e' perche' i palestinesi hanno bisogno di tempo per darsi un nuovo capo. L'Autorita' ha dei meccanismi costituzionali che garantiscono la continuita' almeno fino alle prossime elezioni. Il grande mistero e' solo frutto dell'avidita' di Suha. Aveva sposato Arafat perche' voleva essere una first lady: quando ha scoperto che lui avrebbe continuato a essere un capo-guerriglia e non c'era spazio per piacevoli funzioni protocollari, la signora se ne e' andata a Parigi abbandonando marito e palestinesi al loro destino. L'anno scorso i servizi segreti francesi avevano scoperto che 9 milioni di dollari dell'Autorita' erano finiti nel conto personale di Suha. E' per questo che sta lottando. Senza capire che i segni delle sue unghie curate, lasciate sulla bara del marito, aiuteranno i palestinesi a liberarsi del fantasma di Arafat. UGO TRAMBALLI.
|