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Perché sostengo la Bonino (di Paola Gaiotti De Biase)
15.02.2010
Perché sostengo la Bonino (di Paola Gaiotti De Biase) L’intreccio perverso fra la mia salute e il clima invernale mi impediranno di essere oggi alla Sala Umberto a Roma insieme a tante altre donne per assicurare il nostro sostegno a Emma Bonino. Spero che Europa possa accettare di farmi da tramite per confermarlo e motivarlo. No, non mi interessa, ora e qui, motivarlo come cattolica: sono decenni che considero politicamente improprio questo insistito sbandieramento identitario sul terreno della politica, dove in realtà le scelte sono sempre cariche di motivazioni praticamente situate, di esperienze diversificate, di convergenze impreviste, di competenze maturate. Questo non significa rinunciare alle proprie convinzioni e alla propria storia, che semmai dovranno essere operative nel concreto. E non significa nemmeno respingere a priori la sfida posta alla coscienza credente da quello che viene autoritativamente chiamato il relativismo contemporaneo. Entro il positivo emergere delle soggettività nel moderno mondo secolarizzato il relativismo ci sarà pure: il relativismo del privato che umilia le solidarietà della vita quotidiana, e, forse ancor più, il relativismo del pubblico, che privatizza, a favore di singoli, beni collettivi. Ciò che non mi convince è che lo si possa combattere più che con una pastorale adeguata, con un «interventismo politico a carattere identitario» attraverso una «faculté d’empecher» (sto citando Leopoldo Elia) gestita dai vertici della Chiesa ufficiale, che per di più si appoggia soprattutto su repressione della norma e non negoziabilità di principi. Il terreno ultimo di quella sfida non sta nella politica, sta nella testimonianza attiva, nell’etica dei comportamenti. E in ogni caso non può e non deve essere affidata solo alla specificità dei cattolici se vogliamo che sia superata nell’esperienza collettiva. Del resto a chi lamenta una pretesa delegittimazione dei cattolici andrà pur ripetuto che è quell’interventismo che ne limita la rappresentatività, la creatività, l’autonomia, la capacità di mediazione, rischiando di lasciarli come bloccati in terra di nessuno. Nella logica delle mie scelte politiche la questione di fondo che decide è la sempre più drammatica crisi dell’esperienza democratica: una crisi certo anche internazionale, legata alla fragile, casuale, governance globale dei processi mondiali (e questa è cosa che Emma conosce benissimo); ma che ha un suo risvolto italiano che segna l’impasse del nostro paese, ne accentua, paradossalmente insieme, il segno oligarchico, autoreferenziale, della selezione del potere, e l’incapacità di decidere, di assumere le proprie responsabilità, di fare spazio all’innovazione. È qui, in primo luogo, che dovrebbe esprimersi il protagonismo delle donne. Certo sono tutte legittime le pressioni per quote ragionevoli, inevitabilmente affidate alla cooptazione, le denunce per politiche talora urlate ma non costruite, dal lavoro alle famiglie, al welfare, lo scandalo dei messaggi espliciti sull’utilizzo sessuale delle femmine. Il punto chiave non è qui: è nella struttura oligarchica e chiusa della nostra società, politica, accademica, economica, culturale. E questa è, lo si avverta o no, un’oligarchia maschile, forse meno segnata da un maschilismo d’antan, ma spinta per sua natura a difendere il privilegio. Il nemico delle donne che le donne devono combattere è questo. La stessa costruzione dei soggetti politici dell’alternativa è ancora come sospesa, irrisolta nel conflitto fra le pratiche consolidate della politica e la voglia ricca di partecipare di tanti uomini e donne, consapevoli del degrado. Per questo ripeto da tempo che è necessaria una grande mobilitazione femminile, la metà dell’elettorato, ma sarà decisivo l’emergere del protagonismo politico di leadership femminili, che potenzialmente ci sono, che su questo sappiano giocare tutto. La candidata Bonino ha già detto delle sue intenzioni di cancellare le pratiche negative del rapporto partiti-istituzioni. La fine della pratica delle occupazioni ne è un aspetto chiave. Ma è importante anche l’inverso, e cioè che le figure istituzionali non precondizionino la vita interna dei partiti, determinando posizioni di forza dei gruppi di potere e che attivino invece le dinamiche sociali virtuose. Emma Bonino ha, lo ha già dimostrato, lo sta dimostrando, grinta e determinazione, idee, convinzioni per farlo: ha in più quella speciale predisposizione tipicamente radicale, che in passato ci ha qualche volta infastidito, a sparigliare le carte. Ne è un segno perfino la sua candidatura, emersa sì contro un’ipotesi di primarie che ci pareva dover considerare statuita, ma quasi, pur involontariamente, a metterne in evidenza il carattere in realtà ancora formale e immaturo, condizionato da troppe convenienze. Mi piacerebbe che fosse un caso di eterogenesi dei fini. Paola Gaiotti De Biase http://www.europaquotidiano.it/gw/producer/dettaglio.aspx?id_doc=116510
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