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Mi fate passare la (poca) voglia di votare..
27.11.2004


Mi fate passare la (poca) voglia di votare...
Possibile che noi elettori contestiamo gli attuali vertici dei partiti e
questi non solo non se ne vanno ma continuano a riciclare i loro vecchi
amici?

Continuate cosi' se volete perdere le elezioni....

In fede
Marco

Garofanoni e Margheritucci - di Giampaolo Pansa
Lunedì, 22 novembre 2004


A volte ritornano, certi fantasmi. Ma soltanto perché qualcuno li chiama.
Francesco Rutelli ha chiamato nel vertice della Margherita due spettri dell'era
craxiana. E loro hanno risposto. I due sono Enrico Manca e Giusi La Ganga
che, ai tempi di Bettino, erano pezzi da novanta. Dirò più avanti perché
Rutelli, d'accordo con Franco Marini, ha fatto un errore. E ne spiegherò
i motivi, che sono tanti. Ma ce n'è uno che devo chiarire subito. Poiché
riguarda una domanda che molti elettori dell'Ulivo, specie i più giovani,
di certo si porranno: ma chi cavolo sono questi Manca e La Ganga?

La domanda è giustificata da una fantozziana realtà: la politica è un tritasassi
anche più feroce della tivù e, se salti una stagione, nessuno si rammenta
più di te. Dunque, ricordiamo e spieghiamo, cominciando da Manca. La memoria
mi rimanda al luglio 1976, l'estate dell'avvento di Bettino Craxi al vertice
del Psi. Il partito era stato appena bastonato dagli elettori (9,6 per cento).
E contava di salvarsi cambiando segretario. Il giurista Federico Mancini
mi riassunse tutto con una filastrocca: 'Noi compagni socialisti / siamo
stanchi e un poco tristi. / De Martino quest'estate / lo finiamo a fucilate.
/ Tutto quanto rinnoviamo, / Benny Craxi ci mettiamo'.

Il professor Francesco De Martino, il segretario della sconfitta elettorale,
venne sbalzato di sella anche per il tradimento di Manca, il suo pupillo
politico. Fu Enricuccio, con Claudio Signorile e Giacomo Mancini, a issare
sul trono Bettino. All'hotel Midas si vissero ore convulse. De Martino stava
affondato in una poltrona del bar, disfatto, le occhiaie pendule, lo stecchino
fra i denti. Manca gemeva, ma trionfava. Sapeva di aver compiuto un parricidio
politico doloroso, però necessario. E poi lui e Signorile erano convinti
che Craxi sarebbe stato un re travicello. Pensavano, gongolanti: "Noi ti
abbiamo creato, noi possiamo distruggerti!".

Accadde tutto il contrario. Manca, accusato di filocomunismo, fu costretto
a diventare filocraxiano. Per anni, dentro il Psi, fu lo Sconfitto. Ma anche
la prova vivente della magnanimità di Bettino, tanto generoso da farlo ministro
per il Commercio con l'estero. Poi, nel maggio 1981, uscì la lista della
loggia P2. Manca ci figurava, e non era l'unico dei socialisti. Pianse di
rabbia, negando ogni rapporto con Licio Gelli: "Non ho niente da nascondere.
Subisco una violenza morale intollerabile!". Un paio di sentenze gli diedero
ragione, ma nel frattempo aveva dovuto lasciare il ministero e ricominciare
una carriera politica. Ce la fece e, sempre grazie a Craxi, divenne presidente
della Rai. Lo rimase per sei anni, rivelando di essere un mago della lottizzazione.
Infine sparì, nel crollo della Prima Repubblica. Oggi, sbagliando, lo pensavamo
un illustre pensionato di 73 anni, con cinque legislature alle spalle.

Meno romanzesca la carriera di La Ganga. Alto, massiccio, 56 anni, quattro
volte deputato, cordiale, irruento, era un Gianduja d'acciaio, che a Torino
faceva e disfaceva a piacer suo. Un vero ras, ma capace di sorridere anche
di quel cognome che si prestava a ironie micidiali. E che ispirò un'indimenticata
vignetta del primo Forattini. Si vedeva Craxi vestito come Al Capone, che
avanzava gridando: "Fermi tutti! Arriva la ganga". Era il marzo 1983 e sotto
la Mole esplodeva una Tangentopoli locale. Pure Giusi incontrò un paio di
disavventure giudiziarie, entrambe a lieto fine. E concluse la carriera
da potente responsabile degli Enti locali, travolto dal crack della Sacra
Famiglia craxiana.

Adesso il vecchio film sembra destinato ad avere un seguito. E con il concorso
di una protagonista femminile: Tiziana Parenti. Già magistrato del pool
di Milano, poi passata a Forza Italia, la ricordo alla prima convention
elettorale di Berlusconi. Tra le urla di gioia dei forzisti, fu accolta
sul palco così: "Ecco il nostro futuro ministro della Giustizia!". Non andò
in questo modo, naturalmente. Oggi la signora entra nella Margherita come
uno degli intellettuali al seguito di Manca. Che spiega a 'Repubblica',
con la sicumera di sempre: "La nostra componente liberale e socialista farà
da calamita per i delusi della Casa delle libertà". Più furbo, La Ganga
ha scelto di tacere, almeno per ora.

'Un petalo socialista con la Margherita' è l'insegna dell'operazione che
il Bestiario preferisce appellare 'Garofanoni e Margheritucci'. Ecco un
innesto ben poco convincente. C'è già un partito, quello di Enrico Boselli,
per drenare i pochi voti ex craxiani disponibili a passare con l'Ulivo.
Rutelli & Marini non ne ricaveranno nulla. Accolgono signore e signori senza
seguito elettorale. Sconosciuti ai più. Che accrescono il vecchio di un
Ulivo che dovrebbe guardare in avanti e non all'indietro.
È vero che anche nel centro-sinistra i reduci della Prima Repubblica sono
tanti, nei Ds per cominciare. Ma c'è un limite a tutto. Scomparso Craxi,
sono rimasti quelli che chiamavamo 'i suoi cari'. Si conquista con loro
il mitico centro? Ma non fatemi ridere! Perché, se rido troppo, non vado
più a votare.

Giampaolo Pansa
Fonte: L'Espresso online


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