18.07.2010
I baha'i di Ivel: un indomito spirito Dopo la demolizione di alcune case baha’i nel villaggio iraniano di Ivel, di cui si è detto la settimana scorsa, l’Assemblea Spirituale nazionale dei baha’i d’Italia ha un’altra storia da raccontare: quella di alcuni paesani simpatizzanti che hanno deplorato con i vicini baha’i le ingiustizie che essi sono stati costretti a subire. È anche la storia di un indomito spirito e di una dedizione al bene sociale che continua a permettere ai baha’i di superare le loro lunghe persecuzioni e di partecipare attivamente allo sviluppo socio-economico del proprio villaggio. Servizio e persecuzioni Un tempo Ivel era la residenza estiva di pastori provenienti dalla vicina regione del Mazandaran. I baha’i sono presenti nel villaggio da oltre 150 anni. Erano circa la metà della popolazione del villaggio sin da quando la loro Fede è nata in Iran nella metà del XIX secolo. Per tutto questo tempo sono vissuti in relativa armonia accanto ai vicini musulmani. Purtroppo elementi esterni fortemente ostili alla Fede hanno periodicamente cercato di fomentare la popolazione locale contro la comunità baha’i, scatenando intermittenti persecuzioni, da minacce di morte a forme minori di vessazioni . Nel 1941, per esempio, la vita dei baha’i è stata in pericolo quando bande esterne hanno spinto alcuni cittadini locali ad aggredire i baha’i. I baha’i sono stati arrestati, brutalmente picchiati e soggetti a estorsioni, le loro case e le loro proprietà sono state saccheggiate. Infine, sono stati cacciati in un villaggio a sette chilometri di distanza. Qualche mese dopo, quando le acque si sono calmate, i baha’i sono ritornati nelle loro case e nelle loro fattorie. Un episodio che dimostra a quale punto al quale sono arrivati i nemici dei baha’i si è verificato nella metà degli anni ’50 quando nel villaggio di Ivel arrivò un membro della nuova società «Hojjatieh». Hojjatieh, un’organizzazione sciita tradizionalista semi-clandestina, è stata fondata sulla premessa che il più grave pericolo per l’ Islam era l’«eresia» della Fede baha’i, che doveva essere eliminata. Essendo falliti i suoi tentativi di creare una spaccatura fra i musulmani e i baha’i, costui cercò di impedire che le mucche dei baha’i pascolassero negli stessi prati dove pascolavano le mucche dei musulmani, con il pretesto che le mucche dei baha’i erano «impure». Per qualche giorno, il bestiame dei baha’i restò nelle stalle, mentre quello dei musulmani andava a pascolare. I baha’i si appellarono ripetutamente al capo villaggio, chiedendo che avesse compassione per gli animali. Di conseguenza fu deciso che le mucche entrassero nei pascoli da lati opposti, in modo da rispettare il decreto. Ma la cosa non si accordava con il naturale istinto del bestiame che continuava a brucare assieme. Contributi al progresso sociale Ne corso degli anni, a dispetto degli sforzi per reprimerli, i baha’i hanno attivamente contribuito al miglioramento della vita nel villaggio. Oltre al ruolo che hanno sempre svolto nell’agricoltura locale, essi hanno fondato una scuola aperta a tutti i bambini locali, senza distinzioni religiose. Ne 1946, quando il governo iraniano incominciò a organizzare scuole rurali e si prese la responsabilità della scuola del villaggio, la scuola di Ivel aveva già sei classi elementari e dava un’istruzione generale a 120 scolari provenienti da Ivel e altri sette villaggi adiacenti. Nel 1961, in un altro esempio di servizio alla comunità , i baha’i hanno costruito un bagno pubblico per gli abitanti del villaggio. Il bagno ha comportato migliorie del serbatoio d’acqua locale e opere di rimodernamento per migliorare il livello dell’igiene del servizio e della salute generale della gente. Un’escalation delle aggressioni Dopo la rivoluzione islamica del 1979 in Iran, la situazione dei baha’i in Ivel si è deteriorata. Sono state confiscate molte terre e i tentativi di riottenerle sono stati infruttuosi. Ai baha’i è stato fatto divieto di accedere agli ospedali e ad altre istituzioni che loro stessi avevano contribuito a creare. Gli insegnanti hanno incoraggiato i bambini musulmani a infierire contro i compagni di scuola baha’i. I genitori hanno protestato, ma l’insegnante ha escogitato altri modi per perseguitare gli alunni baha’i, per esempio bocciandoli agli esami. Nel giugno 1983, i baha’i sono stati costretti ad abbandonare le loro case e trasportati in autobus nella città più vicina, Sari. Quando sono arrivati, le autorità li hanno rimandati indietro. Giunti a Ivel, sono stati rinchiusi in una moschea locale. Oltre 130 persone, fra le quali vecchi e bambini, sono stati tenuti prigionieri per tre giorni senza cibo e senza acqua. Dato che le pressioni per farli abiurare sono state infruttuose, hanno avuto il permesso di ritornare a casa. Ma la stessa notte sono stati aggrediti dagli abitanti del villaggio. Alcuni sono stati portati via dalla folla, altri sono stati feriti e molti altri sono stati cacciati nei boschi vicini. Da allora, molti dei baha’i di Ivel hanno abitato nei pressi del villaggio e vi sono ritornati solo in estate per seminare e raccogliere le messi e prendersi cura delle loro proprietà . Secondo Natoli Derakhshan, un baha’i di Ivel che è stato recentemente intervistato da Radio Farda, una stazione radio persiana, «Ogni volta che i baha’i volevano andare a Ivel, dovevano chiedere alla magistratura il permesso di restare nelle proprie case per qualche giorno». Negli ultimi tre anni, la Baha’i International Community ha verificato un aumento delle pressioni sui baha’i di Ivel per costringerli a lasciare la regione. «Le loro case vuote sono state date alle fiamme, i baha’i sono stati esposti ad aggressioni verbali e fisiche e il secolare cimitero baha’i è stato confiscato e venduto per farne una proprietà residenziale», ha detto Diane Ala'i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra. «Molti baha’i hanno protestato a tutti i livelli, ma in genere si sono scontrati con muri di indifferenza. Le autorità dicono che possono fare poco contro l’ostilità della gente del luogo nei confronti dei baha’i », ha detto. «In ogni caso, i funzionari locali del governo hanno negato di essere al corrente delle demolizioni o delle ragioni per cui esse sono state fatte». «Quello che sta accadendo a Ivel e nell’adiacente regione del Mazandaran, fa parte di una vasta campagna per umiliare e scoraggiare tutti i baha’i e impedire loro di praticare la loro fede in qualunque modo», ha detto la signora Ala'i. «Il governo ha chiaramente dimostrato che, se non è esso stesso il promotore di tutto questo, non ha nemmeno la volontà o la capacità di fermarlo». Nelle ultime settimane il signor Derakhshan, avendo sentito parlare dell’imminente distruzione delle case baha’i nel villaggio, è andato da vari funzionari per chiedere se le voci erano vere. «Ci è stato detto di non preoccuparci, che le voci non erano vere e gli abbiamo creduto», egli ha detto a Radio Farda. «Non sappiamo e non possiamo dire se l’ordine è stato dato da qualcuno», ha detto, «ma purtroppo hanno distrutto tutto». Sostegno locale e internazionale E invece molti abitanti di Ivel sono molto preoccupati per questi episodi. In un’intervista con il sito Rooz Online, il signor Derakhshan ha elogiato le persone che si sono dette costernate e preoccupate per il maltrattamento subito dai loro vicini baha’i: «In questi giorni molti musulmani sono venuti a trovarci con le lacrime agli occhi e ci hanno chiesto scusa e ci hanno stretto la mano! Siamo grati a tutti loro». Gli episodi di Ivel hanno attratto l’attenzione anche molto lontano, sulla stampa e nei notiziari, anche online, di tutto il mondo, e fra questi un esercito di agenzie in lingua persiana. Nel mondo anglofono, il 29 giugno u.s. Radio Free Europe/Radio Liberty ha parlato delle «case baha’i demolite in Iran». Ha anche fatto vedere un video dell’incidente che aveva avuto da attivisti dei diritti umani in Iran.
Il 29 giugno, National Review Online ha pubblicato un articolo intitolato "Case baha’i demolite dal regime in Iran». Un servizio del sito web della BBC, intitolato «La comunità baha’i dell’Iran teme un’intensificazione delle persecuzioni», diceva: «Prima si vedono immagini di travi in fiamme. Poi compaiono gli edifici, alcuni senza finestre e senza porte, altri ridotti in macerie. Le immagini confuse riprese con un cellulare e pubblicate su YouTube da attivisti iraniani dei diritti umani mostrano scene di distruzione furtivamente riprese dall’interno di un’automobile...Le notizie riferite da alcuni abitanti di Ivel dicono che il 22 giugno quasi 50 case bahai erano state rase al suolo». «Molti di questi siti hanno incoraggiato i lettori a scrivere i loro commenti», ha detto la signora Alai. «Dopo essere stati perseguitati per tutti questi anni, siamo certi che i baha’i di Ivel apprezzano il sostegno delle persone in tutto il mondo, compresi molti cittadini iraniani simpatizzanti, che hanno voluto esprimere il proprio sdegno per questo recente episodio». Per leggere l’articolo online in inglese e vedere le foto, si vada a: http://news.bahai.org/story/782
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