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Orvieto: i Report dei 3 Gruppi di Lavoro
9.10.2006

Le ragioni del nuovo partito

Orvieto, 6-7 ottobre 2006 - Report Gruppo 1

 

La relazione del Prof. Scoppola è stata da tutti apprezzata e riconosciuta come un contributo estremamente ricco. Un contributo che guarda al futuro cercando nel passato le ragioni di speranza, senza nascondersi gli ostacoli e le difficoltà.

Vi è tra i tanti, nella relazione di Scoppola, un punto che salda i temi in discussione: la citazione dal libro di Bobbio “Il futuro della della Democrazia” che osserva come la democrazia spontaneamente non si alimenta e non è autosufficiente. Detto in altri termini, la democrazia è valore e programma. Oggi più che mai, nel XXI secolo, dinanzi alla società dei due terzi e alla sfida della globalizzazione.

 

Il cuore condiviso della relazione di Scoppola è il tema della crisi della democrazia e la speranza in una sua rigenerazione continua. Innervare la democrazia di nuove spinte etiche, di valori e di nuova partecipazione.

 

Negli oltre venti interventi nessuno ha messo in discussione la possibilità e anche la necessità del PD, anche se non vanno sottovalutate le riserve e i dubbi.

 

E’ stata posta politicamente la questione del nome e suggerita da taluni la preferenza per Partito dell’Ulivo. Sia in ragione di una maggiore capacità attrattiva, anche elettoralmente; sia in ragione della possibilità di accogliere sotto questo tetto (in un intervento si è parlato di uno sviluppo graduale da una forma più federativa ad una più unitaria) le varie articolazioni dei democratici che si sono definiti storicamente in Italia con varie specificazioni (liberali, socialisti, cattolici etc.).

 

A questa propensione è stato risposto da molti altri interventi che l’idea del PD, al quale certo va mantenuto strettamente collegato il simbolo dell’Ulivo, costituisce la risposta attesa da moltissimi, a partire dai giovani. E’ stato infatti detto che con il PD si tratta di dare un partito a chi non ce l’ha o non lo ha mai avuto.

 

Per completezza e per concludere sul punto, va segnalato che taluni hanno evidenziato come l’accento posto dalla relazione di Scoppola su cattolicesimo democratico e filoni socialisti nel senso lato vada necessariamente allargato, con maggiore evidenza, ad altre culture e filoni, sia quelli laici e liberali che quelli più recenti come l’ambientalismo.

 

Va infine registrato come una voce abbia dissentito sulla tesi di Scoppola che in Italia non si possa risolvere come è stato fatto in Francia, il rapporto tra cattolici democratici e socialisti.

 

Si è convenuto, quasi dandolo per scontato, che il PD deve essere unitario, aperto, plurale; quasi tutti gli interventi puntano l’attenzione sulla necessità di uscire da categorie vecchie per affrontare problemi nuovi. Il mondo è cambiato. Occorre una risposta nuova a problemi nuovi; non è possibile attardarsi su cose datate (cattolici, socialisti etc.) di fronte all’angoscia di giovani che sentono di non avere un futuro.

 

Più voci hanno convenuto come sia necessario, e propedeutico alla nascita del PD, un cambio dell’attuale sistema elettorale; chi proponendo il sostegno al referendum, chi evidenziando i limiti dello strumento referendario e auspicando invece che siano i partiti, in primis quelli fondatori del PD, ad attivarsi perché si arrivi ad un sistema elettorale adatto e consono agli obiettivi del costituendo partito.

 

Punto centrale della discussione è stato senz’altro l’approfondimento del concetto di “democrazia”, nella sua relazione con le nuove forme della modernità: si è fatto riferimento all’economia della conoscenza, al rapporto tra la tecnologia e gli sviluppi della scienza, alle nuove questioni etiche connesse a questi sviluppi. Qualcuno ha posto il tema del senso del limite come nuovo orizzonte della laicità. Alcuni hanno sottolineato maggiormente i rischi e altri di più le opportunità. Il riferimento alla globalizzazione è stato costante e ripetuto.

 

In moltissimi interventi sono emersi con naturalezza i nostri valori di riferimento: libertà, uguaglianza, solidarietà, laicità. Ma anche la necessità di rileggere questi valori alla luce delle nuove realtà della globalizzazione.

 

E si è rilevato con forza come le donne, con tutti il portato della loro esperienza, debbano essere parte attiva e protagoniste del percorso fondativo.

 

Un altro punto sollevato criticamente dalla relazione di Scoppola è la questione relativa alla collocazione europea del partito. Vi è stato chi ha ritenuto insufficiente rinviare a dopo la scelta e chi, invece, ha ritenuto che non si debba rinunciare alla speranza che in Europa il PD lasci il segno e contribuisca a modificare l’assetto complessivo che non è già più quello del passato (come segnala l’evoluzione in senso nettamente conservatore del PPE).

 

Nel corso del dibattito sono emersi molti altri elementi che riguardano i contenuti programmatici e la forma del partito; elementi che intersecano i temi delle altre due relazioni e sui quali si concentreranno i report successivi.

 

 

*****

 

 

Il profilo culturale e programmatico del Partito democratico

Orvieto, 6-7 ottobre 2006 - Report Gruppo 2

 

 

 

La discussione del gruppo ha evidenziato una condivisione dell’impianto della relazione di Roberto Gualtieri. Esiste una diffusa consapevolezza che di fronte ai profondi mutamenti che hanno segnato il passaggio del  nuovo secolo, gli strumenti tradizionali del riformismo risultano in gran parte inefficaci e le culture politiche che hanno segnato la storia del novecento sono chiamate ad un profondo rinnovamento. Serve un nuovo riformismo capace di costruire un ordine mondiale multilaterale e democratico, di misurarsi con sfide nuove. A partire dal contrasto tra la dimensione statale della politica e quella sempre più globale dei mercati, dal rapporto tra libertà e limiti della ricerca scientifica, tra libertà e limiti dell’informazione, tra sicurezza e diritto alla privacy, tra immigrazione e tolleranza religiosa. Dalle dinamiche demografiche alle minacce inarrestabili per l’ambiente, alle disuguaglianze drammatiche che segnano la nostra modernità.

 

Questa innovazione è particolarmente necessaria in Italia. Il tradizionale compromesso sociale e politico su cui si è basata l’esperienza storica della democrazia italiana e che ha retto l’Italia fino agli anni novanta non è infatti riproponibile, e il paese ha bisogno di un profondo processo di modernizzazione e di riforma che lo metta in grado di affrontare le sfide della globalizzazione e di evitare il rischio di un declassamento nella divisione internazionale del lavoro. Questa necessità richiede una nuova guida politica: il Partito democratico, che deve quindi configurarsi non come un nuovo partito ma come un partito nuovo, deve essere cioè il primo grande partito del XXI secolo.

 

Il progetto del Partito democratico nasce dall’Ulivo, che in questi anni ha favorito una crescente condivisione non solo di programmi ma anche di valori di riferimento e di una concezione dello stato che si richiama ai grandi principi della Costituzione. Oggi occorre registrare che tra gli elettori dell’Ulivo molte delle tradizionali divisioni del passato sono largamente superate: il lavoro che ci attende deve puntare a costruire il nuovo partito sulla base di questa unità.

 

La prima parola chiave del nuovo partito è “libertà”. Il nuovo partito si richiama infatti ai grandi principi di libertà, giustizia e solidarietà, che nel loro inscindibile intreccio connotano la democrazia come uno sforzo per la promozione della piena libertà umana dei diritti civili e di cittadinanza. Libertà declinata al futuro in un solido patto fra le generazioni.

 

La seconda parola chiave è “Europa”. L’unità politica dell’Europa è infatti la condizione per realizzare una nuova governance mondiale democratica e per rilanciare lo sviluppo del paese. Il Partito democratico intende perciò lavorare per sostenere il processo di integrazione e per contribuire alla formazione di un nuovo grande campo delle forze democratiche e progressiste che trascenda i confini delle famiglie politiche attuali. In questa prospettiva potremo contare sulla straordinaria risorsa di uomini e donne italiani che vivono all’estero e che il voto recente ci ha fatto ritrovare nella comune ispirazione.

 

La terza parola chiave è “modernizzazione”. Mettere al passo gli ideali di libertà, giustizia e solidarietà, comuni sia al riformismo socialista che a quello cattolico–democratico, con la realtà delle nuove società europee, in cui Stato e azione collettiva sono strumenti la cui efficacia è stata fortemente erosa dalla nuova divisione internazionale del lavoro e dalla globalizzazione, significa puntare sempre di più sulla “liberazione” del potenziale di intrapresa e di creatività degli individui e del potenziale di responsabilità e di aspirazione alla realizzazione del progetto di vita delle persone. Il primo motore della crescita di una società è infatti la “competizione” delle idee e delle iniziative: questo richiede scelte di forte innovazione e di grande creatività in campi decisivi dell’azione di governo, dalla fiscalità all’organizzazione dei servizi pubblici, dall’apertura liberalizzatrice di mercati protetti allo spostamento di risorse dalla rendita alla crescita. In tutti i settori della vita nazionale è essenziale elaborare una nuova idea dell’intervento dello stato, diversa e nuova sia rispetto alla concezione utilitaristica della società che caratterizza la nuova destra sia rispetto alla tradizione statalista che caratterizza la vecchia sinistra. Uno stato regolatore, che punti ad una modernizzazione competitiva dei sistemi produttivi fondata da un lato sulla libera concorrenza nei mercati e dall’altro sull’innovazione, sulla conoscenza, sullo sviluppo sostenibile e sulla qualità del lavoro. L’obiettivo è quello di favorire, con strumenti nuovi, una vera e propria riforma del capitalismo italiano, sia incentivando la crescita dimensionale delle imprese e il loro spostamento sul terreno dell’economia dell’informazione, sia valorizzando il tessuto vitale delle piccole e medie imprese e la ricchezza delle culture dei nostri territori, i talenti e le eccellenze che rendono unico il nostro paese. Allargare gli spazi di libertà nell’attività economica, in quella sociale, in quella politica, è anche una condizione necessaria per perseguire con efficacia la giustizia e la coesione sociale attraverso un profondo rilancio e rinnovamento dei sistemi di welfare e una riforma del mercato del lavoro in grado di coniugare flessibilità, sicurezza, formazione permanente. Per questo bisogna inserire nel nostro linguaggio parole nuove come merito, rischio, crescita, responsabilità, doveri, e al tempo stesso salvaguardare funzioni pubbliche fondamentali in settori come la scuola e la difesa della salute. Una forte innovazione è richiesta anche dalla sfida per la modernizzazione del Mezzogiorno, che sempre più deve essere concepito come una grande macroregione che ha bisogno di più mercato, sicurezza e regole certe, e di un impegno politico ed economico straordinario per farne la piattaforma logistica e commerciale dell’Europa nel Mediterraneo.

 

La quarta parola chiave è “sussidiarietà”. Sussidiarietà verticale, che punti al rafforzamento del sistema delle autonomie in una cornice di responsabilità sulla base del principio del federalismo fiscale, e sussidiarietà orizzontale, che punti a valorizzare la società civile e i suoi corpi intermedi intorno ai valori della democrazia, del dialogo, della partecipazione, dell’inclusione e della solidarietà.

 

Intorno a questi valori e principi, il Partito democratico contribuisce al compiuto dispiegarsi di un sistema politico fondato sull’alternanza, accompagnando e incoraggiando la transizione della democrazia italiana dalla fase di esclusiva rappresentanza verso una fase nuova in cui si possa vincere la sfida di governo della complessità sociale. Il Partito democratico non è un partito identitario ma si caratterizza per il profilo progettuale, informato al carattere del pluralismo, dell’autonomia e del rispetto delle diversità. E’ un partito popolare, in sintonia con le correnti del riformismo mondiale, capace di parlare alla generalità dei cittadini e di favorire la partecipazione. E’ un partito che promuove la libertà femminile e lavora per rafforzare il ruolo delle donne nella società e nella politica.

 

Il Partito democratico si fonda sull’incontro,  in un regime di pari dignità, tra le migliori culture politiche che hanno animato la storia del riformismo italiano nel XX secolo. Il suo profilo politico   non potrà basarsi su un affrettato tentativo di annullare la specificità e l’autonomia di tali tradizioni, ma non potrà nemmeno scaturire dalla loro somma e neppure dalla loro semplice sintesi. Tali tradizioni sono chiamate non solo a rinnovarsi e a dialogare tra loro, ma anche a prendere atto dei loro limiti e insufficienze, e della necessità di un’innovazione comune rivolta al futuro, capace di coinvolgere soggetti, saperi e sensibilità nuovi. E tuttavia nella fase insieme difficile ed esaltante che ci attende dovremo sfuggire la tentazione di pensare alle nostre culture come un dato assoluto, che altrimenti rischieremo di trasformare in un recinto invalicabile. Le culture sono il sovrapporsi ed intrecciarsi di esperienze, idee, sogni, convenzioni, scienze, che attraversano la storia: non linee rette che segnano confini, frontiere invalicabili. Ogni identità, la nostra identità, è fatta di memorie e di rimozioni ma diventa soggetto riconoscibile e vitale solo quando si manifesta nel divenire della storia, quando ha la forza e la disponibilità di mettersi in discussione. Questa deve essere la nostra scommessa e la nostra intenzione.

 

 

 

*****

 

 

La forma partito

Orvieto, 6-7 ottobre 2006 - Report Gruppo 3

 

 

Il gruppo di lavoro sulla forma del Partito Democratico ha condiviso gli obiettivi di fondo indicati dalla relazione di Salvatore Vassallo: il partito democratico come forma politica aperta, plurale e con capacità di governo.

Al termine di una discussione ampia, ricca ed articolata (oltre 100 partecipanti, 46 interventi) si è convenuto di considerare la relazione di Vassallo quale base di lavoro per la discussione e l’approfondimento necessario alla definizione della parte riguardante la forma del partito che sarà contenuta nel Manifesto.

 

In questo senso il gruppo di lavoro ha individuato una serie di temi che necessitano di un particolare approfondimento.

 

 

Un partito aperto

L’idea del partito democratico come leva per il cambiamento richiama l’esigenza di una forza politica popolare, fondata su un’intensa vita democratica, partecipata, radicata e diffusa nel territorio. Le forme organizzative e le attività del partito devono essere in grado di rispondere alla pluralità delle domande di coinvolgimento che provengono dalla società. Domande che non si esauriscono nella esigenza di “contare”, ma riguardano anche il “fare” e il “sapere”. Il Partito democratico deve dunque promuovere percorsi articolati e ricchi di impegno politico, civile e sociale.

 

La relazione richiama la pluralità delle forme organizzative di base, come le sezioni, i circoli, le associazioni tematiche e le molteplici esperienze associative che concorreranno alla vita del partito democratico. Tale indicazione deve essere integrata dall’individuazione dell’unità territoriale in cui si forma e si esercita la rappresentanza politica di primo livello nel nuovo partito.

 

Il Partito democratico dovrà inoltre essere aperto alla partecipazione delle donne e dei giovani, garantirne la presenza e il contributo negli organi dirigenti.

 

Il Partito democratico si farà inoltre promotore di un progetto di legge per la disciplina della democrazia interna ai partiti politici che dia attuazione all’articolo 49 della Costituzione.

 

 

Un partito plurale

Il Partito Democratico vuole essere un partito di progetto e di programma.

 

Un soggetto politico che riconosca il pluralismo culturale e la possibilità di una pluralità di centri di ricerca.

 

Un soggetto che si fonda sul pluralismo politico.

 

Tra una confederazione di correnti e un partito monolitico c’è lo spazio per un pluralismo che riconosca e garantisca il ruolo delle minoranze.

 

Un partito che ambisca ad essere una casa più grande ha bisogno di un pluralismo più ricco dentro una intelaiatura unitaria.

 

 

Un partito per la democrazia governante

Condividiamo l’esigenza di riconoscere agli aderenti la scelta del leader collegato ad una piattaforma politica e programmatica e alla formazione di una maggioranza negli organi rappresentativi.

 

Condividiamo altresì l’importanza delle primarie come metodo per la selezione dei candidati alle cariche monocratiche di governo.

 

Andranno inoltre approfondite le forme partecipative di selezione dei candidati alle cariche rappresentative.

 

La scelta di un modello basato sull’elezione diretta del leader da parte degli aderenti e la coincidenza del leader del partito con il candidato alla premiership, richiede di approfondire alcuni temi circa i necessari bilanciamenti: il modello congressuale, l’assetto degli organismi dirigenti, l’integrazione tra dimensione federale e quella nazionale, la periodicità e le forme delle conferenze programmatiche.

 

Occorre inoltre promuovere un modello federale che valorizzi l’autonomia e la peculiarità delle organizzazioni territoriali. In questo quadro sarà opportuno identificare alcuni principi comuni.

 

 

Il processo costituente

Riteniamo necessario garantire ad ogni aderente la possibilità di partecipare direttamente alla elezione del Presidente e dell’Assemblea costituente, da tenersi tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008.

 

In questa fase è comunque necessario approfondire le modalità mediante le quali sia garantita una adeguata valorizzazione della rappresentanza dei soggetti promotori.

 

Partiamo quindi subito con passi concreti nella direzione indicata mobilitando le energie che attendono l’avvio di questo percorso.

 

Dalla discussione e dalle conclusioni del gruppo di lavoro sono emerse infatti anche alcune indicazioni sulle cose da fare nei prossimi mesi.

 

Diamo vita ad un dibattito approfondito attraverso una rivista che parli del futuro, che riconosca i valori comuni che hanno fatto crescere l’Ulivo nella società italiana, che esprima la ricerca a sostegno del nostro progetto per l’Italia, anche chiamando a collaborare a questa riflessione le istituzioni e le fondazioni culturali che si collocano nell’area dell’UIivo.

 

Promuoviamo attività formative comuni che assicurino la crescita di una cultura politica all’altezza delle nuove sfide.

 

È un progetto, il nostro, che deve affrontare i problemi concreti degli italiani. Per questo dalle prossime settimane diamo vita a forum nazionali e locali, ad esempio sulla sanità, la scuola, lo sviluppo.

 

Su molti di questi temi noi pensiamo che si possa parlare da subito con una voce sola.

 

Anche per questo, a cominciare dalle Regioni, l’Ulivo deve costituire gruppi consiliari unitari.

 

Rafforziamo l’Ulivo e facciamo della sua presenza nelle elezioni amministrative il punto di forza per l’affermazione di tutto il centrosinistra.


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