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Lettera ai direttori dei giornali. di A. De Porti
10.02.2007

Caro Storti,non so se è un mio stato d’animo, ma mi pare che da un po’ di tempo, i giornali non siano più quelli. Per le notizie “clou” tutti sono omologati all’ANSA o ADNKRONOS, per il resto vengono scritte quattro “acche” il più delle volte dettate da chi si presenta in redazione perché ha interesse a farlo.Una volta il giornale, almeno per me, era una droga come il caffé mattutino, ora soddisfa  una mera abitudine all’acquisto. Convieni che essi sono scaduti di tono ?   Oggi, in un momento come quello che sto esprimendo ora, ho scritto ad alcuni direttori di testata  la seguente lettera:

 ----------------------

Leggo, da oltre mezzo secolo, vari quotidiani ogni giorno e mi arrogo pertanto un pizzico di pretesa nel dire che un discreto numero di pagine, non solo non vengono lette, ma vengono addirittura  “voltate” con fastidio in quanto prive di interesse. O, tanto per essere di buon cuore,  esse vengono appena appena degnate di uno sguardo da parte di pochi. Sono consapevole che dicendo queste cose posso infastidire chi scrive su queste pagine poco lette, ma mi pare di poter dire che questo sistema penalizza fortemente e quindi toglie spazio ad altre pagine che potrebbero essere sviluppate con i “desiderata” dei lettori, nel quadro di quello spirito democratico che dovrebbe materializzare una sorta di “dicotomia” fra le esigenze di chi produce la carta stampata e l’utente che la legge. Ed invece non è  proprio così. Capisco che se non ci fossero la pubblicità, gli annunzi legali, i necrologi e quant’altro le casse del giornale avrebbero a soffrire, ma è anche vero che, tutto ciò finisce per stancare il lettore con la conseguenza  di inevitabili ed a volte grandi rese…

Almeno a mio avviso,  osservando le cose anche in prospettiva.

Indro Montanelli quando era in vita sosteneva che il giornale non è di proprietà degli editori, e tanto meno dei  redattori, ma del lettore che, ogni giorno, contribuisce a tenerlo in vita acquistandolo, col desiderio però di essere bene informato e di poter anche dialogare  direttamente attraverso le sue pagine.

Al contrario, fra pagine di cultura “scopiazzata” in malo modo da pagine di vecchi libri (che vera cultura non è), fra pagine di annunci (utili ma spesso fastidiosi), fra pagine di pettegolezzi  (invero poco edificanti se non addirittura stomachevoli) quando addirittura non ci si mette di mezzo chi scrive non sempre in maniera corretta e fondata,  allora si finisce per infastidire il lettore che avrebbe invece bisogno di sentirsi legato ad uno strumento che gli da la sensazione di essere in continuo contatto con il mondo esterno, di creare pubblica opinione esprimendo il suo pensiero, sbagliato o giusto che sia.

Qualche anno fa, qualche direttore dei nostri giornali locali, aveva manifestato il proposito di allargare le pagine attraverso il contributo dei lettori, ma mi pare che questi propositi siano andati delusi.  Non lo dico per me in quanto le redazioni locali mi hanno sempre gratificato pubblicandomi quasi tutto, ma per quella gente che spesso si chiede quanto mi sono chiesto io in questo momento.

Se, al contrario, il giornale finisce per gratificare soltanto i vari redattori per mestiere, escludendo spesse volte anche i collaboratori esterni, allora  troveremo anche una giustificazione sul calo piuttosto pesante delle vendite.  Non solo, ma si capirebbe anche che, parlando con  una voce sola (quella delle redazioni), un giornale non esprime  vera democrazia.  ARNALDO DE PORTI


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