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Il Partito democratico tra innovazione e rischi
3.10.2006
Assemblea nazionale di Libertà Eguale
Tutti concordi a Orvieto, nell’ambito dell’annuale assemblea di Libertà Eguale, sull’esigenza di concepire il Partito democratico come strumento dell’innovazione. Enrico Morando, concludendo i lavori, ha più volte parlato di rivoluzione liberale e lo stesso Piero Fassino ha indicato nella modernizzazione del paese la missione del nuovo soggetto politico. E su tale fronte particolarmente incisivo è stato Daniele Capezzone, che ha denunciato i vizi statalisti e corporativi della sinistra e lo stesso compromesso con i taxisti promosso da Walter Veltroni.

In ogni caso in molti era fortemente presente il timore che si vada – visto che ora tornare indietro sarebbe difficile – verso un qualche pasticcio: una confederazione o una federazione (una sorta di Fed 2); o comunque verso una soluzione che tuteli nomenclature e apparati, e quindi verso una forza oligarchica e di fondo conservatrice.

Emanuele Macaluso ha ammonito i presenti su un punto: non si guida l’innovazione senza una seria e dura battaglia politica interna, come avvenuto nei grandi partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei. Insomma: le resistenze interne al cambiamento rappresentano un’insidia temibile, che nessuna alchimia politica può scongiurare.
Giuseppe Rippa, però, ha ricordato che le vicende della sinistra europea hanno radici antiche: si pensi solo a ciò che il congresso di Bad Godesberg rappresentò per la Spd e al faticoso lavoro di ridefinizione dei rapporti, nel Regno Unito, fra il Labour e le Trade Unions.

Gli interventi di Antonio Polito e di Claudia Mancina hanno posto due esigenze diverse, eppure entrambe fondate.
Per l’ex direttore del Riformista – che ha evocato una serie di parole che la sinistra non dovrebbe più sentire estranee, come individuo, mercato, merito, concorrenza, sussidiarietà – occorre procedere subito sulla strada della nuova formazione politica, pena il declino del paese e del riformismo italiano.

Per Claudia Mancina oggi la confusione regnerebbe sovrana; se le forze politiche nascono intorno ai leader, il leader del Partito democratico non potrà essere altri che il candidato premier del centro-sinistra alle prossime elezioni politiche: l’appuntamento col Partito democratico dovrebbe quindi essere rinviato a fine legislatura.

Ma quanto è lontana oggi la politica dal vissuto delle persone? Letizia Paolozzi, in un appassionato intervento, ha sottolineato l’intreccio fra la questione femminile e quella giovanile: a parlare di gerontocrazia non possono essere, come è accaduto durante la prima giornata di lavori, solo maschi!

In tal modo si creano le basi per nuove esclusioni. Molti, poi, hanno espresso disappunto, se non disgusto, per lo slogan di Rifondazione comunista riguardo alla legge finanziaria: “Anche i ricchi piangano”.
Una spia dei gravissimi problemi che la sinistra cosiddetta radicale, in realtà conservatrice, pone al campo progressista.

Interessante, su un altro versante, anche la diatriba fra Claudio Petruccioli e Michele Salvati: se il presidente della Rai preferisce il termine riformista, più specifico, a quello democratico, più generico, per il professore la parola riformista aveva senso un tempo, quando si contrapponeva a “rivoluzionario”; è piuttosto l’idea di democrazia, se approfondita e sviluppata, a potersi rivelare addirittura sconvolgente.

Ma quale sarà l’impegno dei liberal nel prossimo futuro? Morando lo ha detto con chiarezza: la battaglia per il referendum volto a modificare l’attuale legge elettorale, accanto all’iniziativa in Parlamento per il sistema maggioritario uninominale a doppio turno.

Danilo Di Matteo
 
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