Qualcuno l'ha già ribattezzata l'invasione degli ultrademocrat. Sono questi ultimi, infatti, ad attirare oggi l'attenzione di Fassino e Rutelli, impegnati a condurre i due partiti ai rispettivi congressi in programma la prossima primavera. Il polverone alzato delle critiche veltroniane e dal lavorìo sotterraneo degli iper-ulivisti della Quercia può aver galvanizzato anche chi, nella Margherita, è custode dell'ortodossia prodiana. Tra poco meno di due settimane, la minoranza guidata da Arturo Parisi dovrà scegliere se presentare o meno una mozione vera e propria alle assise di primavera. Al momento, il tentativo di mediazione con Rutelli non ha prodotto risultati. «Svilupperemo la nostra posizione. Se sarà possibile, confluirà come contributo a una mozione unitaria», dice da giorni Arturo Parisi. Altrimenti, è questa la subordinata che il ministro della Difesa ha affidato ai fedelissimi, «daremo vita a una mozione autonoma». In sintesi, «escludiamo comunque di poter aderire a soluzione unanimistiche». Dove dietro all'accezione negativa dell'unanimismo si nascondono più o meno tutte le critiche che il primo cittadino di Roma ha rivolto allo status quo democratico. E quindi tutti i richiami alla fusione a freddo e al fantasma di una federazione mascherata da partito nuovo.
Non sarà un caso se, per aggiornare dopo qualche mese il suo blog, l'ex capogruppo della Margherita Willer Bordon ha messo in evidenza una pagina del suo Domani è un altro giorno e il testo dell'intervista veltroniana a Repubblica. «Notate la differenza?», è stata la domanda retorica del Tex Willer prodiano, secondo cui limitarsi a cambiare simbolo nelle sezioni di Ds e Margherita «sarebbe l'ultima e forse la più pericolosa delle delusioni che potremmo dare non solo ai quattro milioni e passa di cittadini che si sono messi in fila per le primarie, ma a tutti quegli italiani che si attendono che l'Italia divenga una normale, moderna democrazia liberale». Una delusione che - nella vulgata degli ultrademocrat - potrebbe iniziare a partire dalle mozioni congressuali che avranno in Piero Fassino e Francesco Rutelli i rispettivi primi firmatari. Per questo, ad oggi, è altamente probabile che la «mozione unitaria» dei parisiani possa materializzarsi. Pronti a mettere nero su bianco (e anche ai voti) non solo la richiesta di un impegno a cambiare hic et nunc la legge elettorale e a mettere mano al dossier riforme istituzionali, ma soprattutto la richiesta, da effettuare prima del congresso, della data in cui il partito chiuderà i battenti per sempre. Il fronte rutellian-mariniano, soprattutto sull'ultimo aspetto, non sembra dare segnali di cedimento. Anche se le voci che arrivano dai corridoi del Nazareno continuano a escludere l'ipotesi della mozione parisiana, visto che peserebbe, oggi, «non più del 5 per cento».
Ben diversa la situazione al Botteghino, dove un eventuale documento benedetto da Walter Veltroni potrebbe invece aspirare alla doppia cifra. Quindi, anche al 10 per cento. Su questo fronte, oltre all'attivismo della vecchia corrente liberal di Enrico Morando, si segnalano le ombre non solo del sindaco di Roma e del collega bolognese Sergio Cofferati, ma anche quelle di Giovanna Melandri e del presidente della Campania Antonio Bassolino. Tutti insieme più o meno appassionatamente e direttamente nell'avventura congressuale di Pesaro 2001. Tutti idealmente vicini a Romano Prodi. Tutti sostenitori appassionati di un partito che non sia, ma nemmeno assomigli, alla fusione tra Ds e Margherita. Alla fine, la mozione vera e propria potrebbe anche non spuntar fuori (se non con le sole firme dell'area Morando). Logicamente, l'ipotetica area ultrademocrat non ha come obiettivo sensibile la poltrona di Piero Fassino al Botteghino. È sul futuro democratico, infatti, che l'area Veltroni vorrebbe giocare le proprie fiches. Il semaforo verde della partita, in questo caso, scatterebbe in un congresso in cui, ad esempio, il segretario verrebbe votato a scrutinio palese. Al contrario delle piattaforme politiche che potrebbero essere votate a scrutinio segreto. Ivi compresa quella ultrademocrat.