2.02.2007
Non mi ricordo neanche più quanti fossero coloro quelli che si misero in coda per le primarie dell'Unione. Mi sembrano avvenimenti lontani alcuni dopoguerra.
Mi pare che Prodi ne sperasse un milione, e che fossero invece quattro volte tanto. Non lo so, non ricordo. Ma eravamo in tanti.
Non credo fossimo mossi da un culto personale per il Professore bolognese.
Fu un fatto di eccezionale importanza demcratica. La gran parte di noi voleva il Partito Democratico. Che quella domenica era nato, come una reazione in laboratorio. Una luce nuova nella politica italiana.
Non so valutare, oggi, quante siano le persone che già allora non volevano il PD, oltre a quelli che l'hanno sempre, correttamente, dichiarato.
Magari sono solo poche migliaia. Ma forse sono la quasi totalità dei leader della Sinistra.
Dubito della loro buona fede politica.
Mille distinguo, mille cautele.
Quelli che dichiarano di crederci di più, mi danno - oggi - l'impressione di basare la propria convinzione su una sorta di calcolo, di volontà di takeover politico. Più normale quello dei DS: in fondo un'annessione della Margherita sarebbe nelle logiche dei numeri. Più ardita quello dei DL: un'aggressività da raider della politica, ambiziosi ed intelligenti magari.
Non sta nascendo niente.
Tutto quello che è nato si è manifestato, in modo fresco, spontaneo, in quelle code domenicali.
Ora tutto è calcolo, mediazione.
Sembra di assistere ad uno stucchevole studio di una funzione di vettori. Una continua ricerca di un punto di caduta medio. Mediocre. Tiepido.
Nessuna passione. I calcoli urlati si intrecciano ai ragionamenti raffinati ed effemminati.
Scoppola ieri ci ha scritto cose stupende, sul Corriere, ma purtroppo non le ho capite.
E' dai tempi della Lega Democratica, nel lontano 77 che cerco di capirle. Secondo me sono sempre le stesse.
Penso alla chiarezza del discorso ai Liberi e Forti, che lanciò il primo Partito Popolare.
O alla ventata innovativa di una Tatcher, o alla chiarezza dei Kennedy. Quella è politica.
Non la ricerca della posizione, ma addirittura il gusto della sconfitta, se serve ad essere nitidi, comprensibili e diretti.
Addirittura Berlusconi, rozzo e triviale, è maestro in queste cose.
La gente non vota Berlusconi perchè lo ama. Lo vota perchè sa cosa sta votando e può decidere se è d'accordo o no.
Sono d'accordo io con l'Unione? E che ne so? L'Unione che si fa sconfiggere sul voto favorevole dell'opposizione (bellissimo, questo, quasi un automatto scacchistico!)?
L'Unione che vuole la TAV o quella che non la vuole? Che vuole partecipare alle missioni di pace all'estero o quella che vuole il pacifismo nella quiete dei nostri confini?
Che banalità , vero?
Siamo così abituati a questa situazione che parlarne sembra artificioso e qualunquista.
Ma non è normale, questa situazione.
In queste condizioni non meritiamo di governare.
Il cuore della politica non è il consenso, ma la chiarezza.
E se sacrifico la chiarezza per cercare il consenso, distruggo l'una e poi perdo l'altra.
La goffa situazione di oggi pomeriggio ne è una ridicola icona.
Questa strada non ci porta da nessuna parte.
Ricominciamo da capo.
Torniamo alle code di quella domenica, e questa volta prendiamole sul serio.
Pietro Carena, Torino
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