8.08.2003
Sergio Cofferati ha letto in vacanza le motivazioni della
sentenza Imi-Lodo Mondadori, ne ha tratto, come moltissimi italiani, motivi di
grande preoccupazione. «Anche se molti fatti erano già noti perché emersi nel
corso del processo, la loro riproposizione in sequenza, in ordine offre uno
spaccato della società italiana, della commistione tra politica e affari, che
lasciano senza fiato. Provo, alla pari di molti cittadini, un senso di
inquietudine e di gravissimo allarme per la stabilità del nostro sistema
democratico. In questo momento l’azione di contrasto dell’opposizione, in
Parlamento e nel Paese, deve essere condotta con forza, rigore, senza cedimenti
per difendere le istituzioni del Paese».
Che cosa la preoccupa dopo la sentenza Imi-Lodo
Mondadori
«Sono convinto che il peggioramento del quadro generale sia più forte e
pericoloso di quanto venga generalmente percepito. C’è una connessione evidente
tra gli atti intimidatori verso la magistratura portati dalle forze del
centro-destra, la promozione di leggi vantaggiose per il presidente del
Consiglio Berlusconi o per gruppi di interessi collegati e il processo di
alterazione della dialettica democratica , della libertà e del pluralismo
dell’informazione».
Quali sono le conseguenze di queste anomalie?
«Le conseguenze sono diverse e molto gravi. C’è innanzitutto la caduta di
credibilità del nostro Paese sul piano internazionale, corollario a mio parere
di una scelta politica precisa e della sua gestione a volte grottesca, com’è il
neoatlantismo acritico di questo governo. C’è un’adesione subalterna alle
politiche degli Stati Uniti, consumata nel tempo. Appena eletto Berlusconi mise
in discussione il protocollo di Kyoto come aveva fatto Bush. E il governo
italiano ha continuato su quella strada fino agli ultimi avvenimenti, come la
partecipazione occulta a una guerra illegittima. Il risultato di tutto ciò è
l’indebolimento del nostro ruolo e dell’Europa, proprio mentre abbiamo la
responsabilità del semestre europeo. Purtroppo quello che rimane, oltre le forme
grottesche ed esibite della politica di Berlusconi, è il giudizio
dell’Economist».
Torniamo ad essere l’Italia inaffidabile, guardata con sospetto anche
in Europa?
«Il centro-destra sta dilapitando un patrimonio di credibilità e di fiducia
che il Paese si era costruito nel corso dell’ultimo decennio in condizioni
tutt’altro che favorevoli, tra Tangentopoli, la conquista degli obiettivi di
Maastricht partendo da lontanissimo, grazie a uno sforzo straordinario di grande
coesione civile e sociale. Per anni siamo stati un punto di riferimento per le
aree povere del mondo, per il Mediterraneo, l’Africa, abbiamo rappresentato un
ponte che oggi non c’è più. Non solo per le gaffes di Berlusconi, ma perchè si è
interrotta quella politica. Oggi siamo solo succubi verso i paesi forti».
Probabilmente è sul fronte economico che la credibilità di Berlusconi
è stata più duramente colpita.
«Non c’è dubbio che siamo in presenza di una crisi economica gravissima, di
un degrado di larga parte del sistema produttivo, che non sono solo la
conseguenza della mancata crescita. C’è un evidente incapacità di recuperare
competitività . L’andamento negativo di tutti gli indicatori economici italiani è
molto più consistente e dura da più tempo degli altri paesi industrializzati e
pesa in maniera rilevante sulle condizioni di vita delle persone. E’ un fatto
che mi preoccupa molto, mi interessa poco se le promesse non mantenute fanno
perdere consensi al governo, la realtà è che oggi il Paese è allo stremo. Siamo
arrivati al punto che il governo ha presentato un Dpef vuoto, privo di numeri e
contenuti, che è stato bocciato da tutti, sindacati, imprese, Enti locali. Il 30
settembre verrà presentata una Finanziaria di cui i sindacati non sanno nulla,
non c’ è stato alcun confronto proprio in un momento di crisi in cui ci sarebbe
bisogno del massimo di collaborazione tra il governo e le forse sociali».
Eppure si parla più di Telekom Serbia che di economia.
«E’ inevitabile con questo governo e con il controllo totale dei mezzi di
comunicazione. Siamo di fronte alla esplicitazione della gestione della cosa
pubblica condotta senza trasparenza, con la violazione sistematica delle regole,
con richieste di impunità e tutele che rappresentano la distruzione di diritti
elementari. E poi scatta la ritorsione o la minaccia, accompagnata dal tentativo
di rimuovere tutto ciò che è contrario ai loro interessi e intenzioni, se per
caso ci sono magistrati, giornalisti che fanno il loro dovere».
Però il centro-destra ha perso le elezioni amministrative e ci sono
segnali di scollamento nella maggioranza. Non pensa che ci possa essere una
frantumazione tra i partiti di governo?
«La preoccupazione è maggiore: il crescere delle loro difficoltà , il venir
meno della loro credibilità , le sconfitte elettorali, la perdita di consenso si
determinano in condizioni di assoluta anomalia, perchè la percezione della
realtà attraverso l’informazione è sempre più difficile, ha del miracoloso.
Berlusconi accelera il tentativo di alterare le regole democratiche, non ci sono
rallentamenti o pause di riflessione e anche all’interno del Polo, pur tra
qualche diverbio, non si produce nulla di nuovo. Le loro mediazioni avvengono
sempre e solo sul terreno minato della violazione sistematica delle regole.
Dalla coalizione di centro destra c’è da aspettarsi un autunno caratterizzato da
ulteriori degenerazioni, dalla legge Gasparri fino alle modifiche del sistema
elettorale e forse di quello istituzionale»
In questa situazione di emergenza il centro-sinistra come dovrebbe
operare?
«Penso che sia condivisa da tutti la convinzione che quando ci sono atti che
mirano a cambiare le regole democratiche, a mutare le basi della convivenza
civile, occorre rispondere con grande rigore, con un’opposizione sistematica,
forte, coerente. L’azione parlamentare dell’opposizione, inoltre, ha bisogno di
vivere nella società nel rapporto con soggetti che vogliono partecipare a
progetti per costruire alternative. Ci sono i movimenti, i giovani,
nell’imprenditoria ci sono soggetti che oggi hanno ben chiaro di avere a che
fare con un governo che prometteva più mercato e invece predica esplicitamente
per bocca di Tremonti le peggiori ipotesi protezioniste».
Romano Prodi ha proposto una lista unica dell’Ulivo per le prossime
elezioni europee. Che cosa ne pensa?
«La direzione indicata da Prodi è quella giusta, la ricerca della comune
identità dell’Ulivo è indispensabile. E penso che sia necessario sempre operare
per trovare lo schieramento più largo possibile. E’ controproducente anche solo
immaginare di proporre schieramenti piccoli e stretti».
Non le sarà sfuggito, però, che l’idea di Prodi trova difficoltà ad
affermarsi.
«Iniziamo a camminare sulla strada indicata da Prodi, se ci si ferma subito
alla discussione sul punto di arrivo finale si rischia anche involontariamente
di bruciare una parte delle potenzialità in campo. Le elezioni europee si
faranno con il sistema proporzionale, è evidente che questo sistema induce tra i
partiti la ricerca di consenso nel campo del più vicino. Questo può determinare
delle tensioni in una situazione statica. Per evitarle è fondamentale rafforzare
con largo anticipo gli elementi di comune identità sia nell’idea di Europa
futura che si vuole perseguire, sia nei progetti che riguardano le politiche
presenti e future del nostro Paese. Mi sembrano due aspetti non separabili, per
questo la discussione sul progetto e sul programma dell’Ulivo - lo ripeto anche
questa volta, a costo di apparire ossessivo - è prioritaria rispetto a tutto il
resto. Penso che l’avanzamento su questa strada sarà tanto più consistente
quanto prima comincerà e che il punto di attestazione finale sarà determinato
dalla volontà con la quale si affronta il percorso».
Cofferati, si presenterà alla elezioni europee?
«Assolutamente no. L’accettazione della candidatura a sindaco di Bologna ha
implicazioni ovvie: sono il candidato di uno schieramento politico e sociale
molto largo a Bologna e quindi non ha nessun senso che io, contemporaneamente,
sia anche il candidato di una sola forza politica in un’altra contesa
elettorale».
Il suo impegno quindi sarà tutto per Bologna?
«Se i cittadini bolognesi mi eleggeranno sindaco mi dedicherò a quella
importante responsabilità e a nient’altro. Non ci sarà nessuna altra candidatura
di Cofferati, nemmeno alle elezioni politiche. Se i bolognesi non mi dovessere
eleggere sindaco - cosa che, naturalmente, non auspico - resterò a Bologna a
fare il consigliere comunale. Non sono abitutato a fare le cose a metà . Ho
accettato la proposta considerandola una pratica di buona politica per
rilanciare le potenzialità di Bologna affinchè torni ad essere una cittÃ
importante in Italia, in Europa e nel mondo».
Alcuni suoi amici le avevano chiesto un impegno diverso, un ruolo
nazionale...
«A chi, con affetto, mi ha detto della sua contrarietà a questa mia scelta
perchè mi avrebbe voluto impegnato in un’altra funzione nazionale, rispondo che,
se sarò eletto, fare ben il sindaco di Bologna sarà l’aiuto migliore che io
possa dare anche alla politica nazionale. Porsi l’obiettivo di vincere in tutte
le circostanze e in tutti luoghi, anche a Bologna, è importante per l’affermare
la nostra idea della buona politica».
da www.unita.it
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