19.12.2010
I figli della decrescita infelice. ( di Gian Carlo Storti) Una generazione che sbatte la testa contro il muro? Le grandi manifestazioni degli studenti, medi ed universitari, di questi giorni , come è ovvio fanno discutere. E’ assai triste però sentire che la discussione di sposta solo sulle violenze e scontri nei cortei. Nel chiarire da subito che condanno tali violenze ed atteggiamenti, di cui sono responsabili una piccola, anzi piccolissima parte, dei partecipanti è necessario approfondire le reali motivazioni di queste proteste che attraversano le nuove generazioni. Sulle violenze e scontri nei cortei non posso, politicamente, escludere che vi siano anche provocatori, di estrema destra o di estrema sinistra, che si sono mossi per trasformare queste pacifiche manifestazioni in “rivolte”. Qualcuno ricorda la Roma messa a soqquadro dai “ tifosi” del calcio qualche tempo fa? In queste manifestazioni si inseriscono tutti coloro (anti-sistema e/o luddisti) che per l’appunto non hanno a cuore la riforma della società ma che teorizzano il “ tanto peggio tanto meglio”. Certamente questi “ figli della decrescita infelice” appaiono come restii a prendere le distanze da questi atti “ luddisti , e questo è il loro punto debole. La politica e la società hanno però il compito di capire le fortissime sensazioni di disagio che queste generazioni hanno. Insomma su questi “ figli della crescita infelice” abbiamo scaricato addosso un debito pubblico immenso ( circa 35 mila euro per cittadini) ed oggi la politica, le istituzioni ,i palazzi approvano un riforma della scuola che non li vede “soggetti al centro di una prospettiva di futuro” ma solo “oggetti” a cui tagliare risorse. Sarebbe tragico che non si fossero “ ribellati” ed assuefatti al clima generale di sonnolenza nel quale si trova questo paese. Per fortuna che una parte della società ( il futuro ) si muove e ci costringe ad una riflessione. Alcuni sostengono che questa sia una generazione che non ha ben chiaro gli obiettivi di lotta e protesta e che stanno battendo la testa contro il muro..!!! Ovvero si romperanno la testa… e così ritorneranno silenti e dormienti ( sic !!) Questa protesta non ha similitudini con il ’68 o meglio allora vi erano forze politiche e sindacali che sapevano orientare e lo scontro politico fu duro ed il movimento si articolò in tre filoni: il primo, maggioritario trovò casa nel riformismo e nella sinistra istituzionale, il secondo rafforzò le file dell’antagonismo ( centri sociali, movimenti extra parlamentari ecc.) ed uno fortemente minoritario nel terrorismo. Analoga e parallela evoluzione avvenne a destra.
Partiamo allora nel capire che cosa chiedono questi giovani. Mi pare chiaro che si battano per “cose” del tutto sensate ovvero: - un scuola che rimanga pubblica e qualificata; - il sostegno alla ricerca ed alla cultura in genere; - un prospettiva di lavoro, in somma un futuro se non splendido almeno luminoso.
Le forze governative sostengono che la scuola e la ricerca pubblica sono ormai obsolete e che solo l’ingresso dei privati garantirebbero il futuro. Ma davvero pensiamo che questi giovani, delusi dalla società che gli hanno lasciato i genitori, ci possano credere?
Che fare allora?
Credo che nell’area del centro-sinistra ed a sinistra difficilmente vi sia ora una forza politica in grado di raccogliere ed accogliere queste energie nuove. Nemmeno il PD, pur facendo qualche sforzo si sta sintonizzando. Però la sfida va accettata. E’ necessario discutere, interloquire, ragionare su delle nuove proposte, fornire loro prospettive “ materiali” che li tranquillizzino.. Certo vanno trovate risorse ma in questa operazione è necessario saldare un’alleanza per la lotta agli sprechi e costruire un sistema che sicuramente premi il merito ma che porti avanti anche gli ultimi. Insomma i giovani rappresentano il futuro, qualunque esso sia, quindi dialoghiamo tutti con loro, diamo spazio. Chi può fare un passo indietro lo faccia. Nessuna ricetta precostituita dunque ma va dispiegata una grande capacità di ascolto. Se le forze di centro-sinistra e sinistra, le strutture sociali della chiesa e la rete del volontariato non sapranno aprire le porte e dialogare il rischio sarà sicuramente quello che una parte consistente di questi giovani diventi “ antistato” ed allora si che sarà più difficile per tutti.
Gian Carlo Storti Storti@welfareitalia.it Cr 19.12.2010
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