6.11.2003
Tre diverse lettere.....dai nostri navigatori......
Con L'Unità ...dopo il vergognoso attacco....
Caro Direttore dell'Unità , dopo l'attacco vergognoso, di un giornalista nella trasmissione televisiva di porta a porta, seguiti poi da altri attacchi da altri personaggi del centro destra, contro l'Unità . Sono ad esprimere a Lei, a tutti i redattori e lavoratori del giornale L'Unita, porgo tutta la mia solidarietà . E' stato, cosi per Cofferati, per il, per il sindacato, per il movimento pacifista, e ora per l'Unità . Si mettono a criminalizzare tutto quanto può far dispiacere al loro capo. Per quanto mi riguarda, grazie alla tua intelligente onesta e corretta direzione, ho ripreso a sentirmi orgoglioso di essere un tuo assiduo lettore, forse anche per questo quando vado in giro e nei luoghi che frequento mi piace far vedere il tuo giornale, il nostro giornale, l'Unità . E' uno strumento indispensabile per chiunque lotta per la democrazia, per il progresso. A questi uomini del centro destra, da loro fastidio la verità , il pensiero libero, sono aggressivi e provocatori e schiavi di chi ha in mano 80% dell'informazione italiana. Ma tu direttore e tutti i tuoi collaboratori assieme a noi lettori, dobbiamo essere ancora più determinati, e propositivi, non lasciarci intimidire o trascinare nelle provocazioni. Prima di tutto diciamo a lor signori che il giornale l'Unità è un bel giornale ed è una voce che va ad arricchire, l'informazione e la nostra democrazia in Italia. Diciamoli pure con forza w l'Unità , e che sull'Unità e nel paese continueremo a portare le nostre idee, perché siamo per l 'unità della verità , perché siamo per l'unità della libertà , perché siamo per l'unità dei diritti, perché siamo per l'unità della solidarietà , giustizia sociale, perché siamo per l'unità della democrazia, nell'onestà e nella pace.
Lena Francesco via provinciale,37 24060 cenate sopra bergamo ------------------------------------------------------------------- L'identità del crocifisso......
Sulla vicenda della decisione di un giudice del Tribunale che imponeva la rimozione del crocifisso in un’aula scolastica tanto si è scritto e detto, e molto a sproposito.
Di seguito vi invio un articolo di Michele Di Schiena con alcune considerazioni molto critiche sulla gestione della vicenda e sull’uso sfacciatamente strumentale dell’episodio. Lo scrive con una sensibilità religiosa e con alcuni riferimenti giuridici non di secondo piano.
Chi lo riceve ne faccia la diffusione che crede.
Giancarlo CANUTO – A SINISTRA - Brindisi
L’ “identità ” del crocifisso
Con la gazzarra seguita all’ordinanza del giudice del Tribunale aquilano il crocifisso ha subito una ennesima crocifissione, una crocifissione questa volta piazzaiola e mediatica come si conviene ai nostri tempi, ad opera di una folla di benpensanti e di perbenisti che, ergendosi a paladini della croce, ne hanno rivendicato la proprietà e l’uso. Un tentativo di “appropriazione indebita” per la sua pretesa di trasformare il simbolo dell’amore universale, come lo ha definito il Papa, in un distintivo di parte, nella bandiera di una cultura, nell’emblema identitario di una nazione, in un motivo di separazione e di scontro: una spregiudicata operazione intesa a servirsi del crocifisso-immagine per travisare la crocifissione-evento, un evento salvifico offerto a tutti gli uomini di tutti i tempi, di tutti i continenti e di tutte le culture.
E così abbiamo assistito ad una sarabanda di scomposte e penose reazioni: la difesa a spada tratta dell’affissione del crocifisso nelle scuole e negli uffici pubblici da parte di un integralismo cattolico intrinsecamente pagano e che si pone, nelle scelte che contano, agli antipodi dello spirito evangelico; i rigurgiti di un vecchio e rabbioso laicismo che trova sempre spazio quando la religiosità si separa dalla fede per degenerare nel fanatismo; una specie di “santa alleanza” fra politici di opposti schieramenti apparsi talvolta in penosa concorrenza fra loro per accattivarsi le simpatie di un certo elettorato cattolico; i contorcimenti di taluni intellettuali e commentatori che, in bilico fra il rispetto dovuto alla propria coscienza e la preoccupazione di non dispiacere al paese che conta, hanno scelto di non scegliere e di parlare e scrivere senza dire nulla.
Ed ancora: le deplorazioni e gli anatemi che si sono abbattuti su un provvedimento della magistratura per sua natura provvisorio e quindi destinato ad essere riesaminato ed eventualmente modificato nelle competenti sedi giudiziarie; l’inammissibile e certamente illegittima, perché non autorizzata da alcuna disposizione di legge, obiezione di coscienza di un ufficiale giudiziario che si è rifiutato di eseguire l’ordinanza creando un precedente che, se lasciato correre, può aprire la strada al moltiplicarsi di comportamenti intesi a vanificare l’efficacia esecutiva dei provvedimenti giudiziari che ne sono muniti; alcuni discutibili ed eccessive dichiarazioni da parte di soggetti investiti di responsabilità istituzionali; l’ingiustificato invio di ispettori presso il tribunale aquilano da parte del Ministro di Grazia e Giustizia; certe pittoresche proteste e talune strampalate sortite di esponenti istituzionali con l’annuncio di misure rivolte a diffondere in vari luoghi l’immagine del crocifisso.
Per fortuna si sono anche levate alcune voci libere ed avvedute che all’inizio hanno faticato a trovare spazio ed ascolto ma che ora stanno incontrando il buon senso della gente comune dimostratasi incline a cogliere, in questa singolare vicenda, un malinconico segno di quella crisi morale e civile che da tempo serpeggia nei quartieri alti della nostra società . Si stanno così facendo strada riflessioni e domande che si muovono sul piano di una cultura ispirata ai principi dello stato di diritto ed ai dettami della Costituzione repubblicana e su quello di una sensibilità religiosa illuminata dal messaggio evangelico. E partiamo da alcune di queste domande che si pongono sul versante civile. A prescindere dalle decisioni di competenza giudiziaria e forse demandabili al giudizio della Corte costituzionale, si può considerare democraticamente corretto, alla luce dei principi costituzionali e delle modifiche apportate nel 1985 al concordato lateranense, il sostenere, come ha fatto anche il ministro Moratti, la legittimità dell’esposizione del crocifisso nelle scuole in forza di un decreto regio dell’epoca fascista? In tempi minacciati da xenofobie e guerre di religione, non dovrebbe una classe politica responsabile richiamare con forza il grande principio proclamato dall’art. 3 della Costituzione che sancisce la pari dignità di tutti i cittadini (e di tutti gli uomini) e la loro uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di religione e di altre condizioni che sono state storicamente motivo di discriminazione? E di questo principio di civiltà non dovrebbe essere rispettosa qualsiasi normativa, compresa quella in materia di esposizione di simboli religiosi e di celebrazione di riti confessionali in luoghi gestiti dalle istituzioni democratiche per lo svolgimento di funzioni o di attività di natura pubblica?
Su un piano diverso, quello della sensibilità religiosa, gli interrogativi sono poi ancora più sofferti ed amari. Sono proprio sicuri di rendere un servizio alla loro fede quei cattolici che vogliono imporre, per legge o per disposizione amministrativa, l’esposizione nelle scuole e negli uffici pubblici di quel crocifisso che non pretende certo di affermarsi con gli strumenti del potere ma si propone ai poveri e agli oppressi come speranza di riscatto e a tutti come promessa di resurrezione? Non si fanno costoro sfiorare dall’idea che il crocifisso non ambisce certo ad essere esibito per simboleggiare identità nazionali o culturali ma attende di essere invocato ed accolto nei cuori e nelle case degli ultimi, degli umiliati ed offesi, delle “pecorelle smarrite” e di quanti anche inconsapevolmente lo cercano per trovare “la via, la verità e la vita”? E questi crociati dell’ultima ora, questi liberisti che vogliono statalizzare la religione e nazionalizzare i simboli sacri, questi assertori di “identità ” che confondono Dio con Cesare ed insorgono contro una sentenza che di sicuro non cambia i destini del mondo, perché non scendono in piazza e non protestano quando il crocifisso viene ferito e tormentato sul tragico legno della storia contemporanea con i chiodi delle politiche che affamano milioni di uomini e delle guerre “infinite” che devastano ed uccidono?
Michele DI SCHIENA - Brindisi, 3 novembre 2003 --------------------------------------------------- La posa del primo mattone del Nuovco Centro Chirurgico di Emergency..
Due nostri logisti in Afganistan, Igor e Sandro, ci scrivono: "Domenica 12 ottobre 2003, alle ore 09.00 am (ora locale) è avvenuta la posa del primo mattone del Nuovo Centro Chirurgico di EMERGENCY a Lashkar-gah, in Afganistan. Questa prima pietra, unita al sudore, alla fatica, alla passione, alla gioia dei nostri 100 operai afgani è un segno vero, concreto e tangibile che è possibile costruire un futuro di pace in questo paese. Abbiamo messo nel primo blocchetto di calcestruzzo una moneta italiana da un Euro, come simbolo e ringraziamento alle migliaia di persone che sostengono Emergency".
Dall'Iraq invece ci ha scritto Mario Ninno, per raccontarci di Shadan, la piccola vittima di guerra che era stata ricoverata nel nostro ospedale lo scorso aprile, quando aveva solo un mese. Trovate la sua lettera sul sito www.emergency.it nella sezione "medici di guerra inviati di pace" -----------------------------------------------------
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