20.06.2007
L’AEROPORTO DEL GARGANO
di Antonio V. GELORMINI
La misura è colma, e lo è da un pezzo. Gli animi sono esasperati, la delusione attraversa il ciclo generazionale e i contorni della vicenda spaziano nel tragicomico con disarmante disinvoltura. E’ tempo che si dia un taglio alla “telenovela” dell’aeroporto di Foggia. Lo esige il doveroso rispetto verso i cittadini dell’intera Capitanata e lo impone un’etica morale e politica, a lungo trascurata, in grado di dissolvere la cortina di degrado globale, che avvolge questa comunità .
E’ da più di 33 anni, oltre un quarto di secolo, che le sorti del “Gino Lisa” sono paragonabili a quelle dei dannati collocati da Dante “tra color che son sospesi”. Lo spreco di risorse è stato ingente. I risultati nulli. L’alternarsi di competenze mediocri, piuttosto inquietante. Il succedersi di annunci di soluzioni finali ha riempito pagine e pagine di quotidiani locali, mettendo a nudo la credibilità istituzionale di quanti, nel tempo, si sono succeduti alla guida della Provincia Dauna.
Nel frattempo la città è cresciuta e nella sua evoluzione ha continuato ad abbracciare l’aeroporto, soffocandolo. A sua volta, l’aeroporto stesso è stato, ed è, argine ed ostacolo allo sviluppo urbanistico foggiano, verso quell’area che, comunque, ha visto sorgergli a ridosso numerosi insediamenti artigianali e commerciali, fino a comprendere l’articolato centro Gds della Mongolfiera.
Trentatre anni che sulla traiettoria di una pista insufficiente e inadeguata si trova e si sviluppa il complesso sanitario degli Ospedali Riuniti. Trentatre anni che lo stillicidio di soluzioni tampone crea illusioni, accende speranze e mortifica delusioni di operatori, viaggiatori, pellegrini, turisti e uomini d’affari. L’invidiabile opportunità di appartenere ad un’unica società aeroportuale pugliese, la Seap, insieme a Bari Palese, Brindisi e Grottaglie, alla lunga si è rivelata, invece, un’autentica penalizzazione. Conquistatane la direzione, l’egocentrismo di Bari e Brindisi ha di fatto impedito alle ali Foggia e Grottaglie di mettersi in volo. Creando l’assurda situazione di una regione lunga oltre 400 km., con i due maggiori aeroporti situati a 90 km. l’uno dall’altro.
Forse bisogna che si cominci a non considerare più il “Gino Lisa” come l’aeroporto di Foggia. Ma di abituarsi a pensarlo come l’aeroporto del Gargano. In questa più consona dimensione, potrebbero esserne più chiare le esigenze, le finalità , l’ottimale ubicazione, le potenzialità e i limiti, fino ad oggi evidenziati, degli interventi sull’attuale struttura.
Pensarlo come aeroporto del Gargano, renderebbe più evidente l’inutilità di sforzi volti a rendere possibile l’atterraggio di aeromobili con poche decine di posti, che non riusciranno mai ad essere funzionali alle esigenze di un territorio a vocazione turistica. Dalla costa al più piccolo centro dell’entroterra, dalle mete religiose ai cammini storico-eno-gastronomici.
Inutile girarci intorno. Così com’è, e soprattutto così dov’è, quell’aeroporto non potrà mai essere l’aeroporto del Gargano. Meglio sarebbe, allora, che Amministrazione Provinciale, Comunità Montane, Comuni, Associazioni di categoria e quant’altro si consorziassero per far propria, e rilanciare formalmente, l’iniziativa già avviata dalla Camera di Commercio di Foggia, per la conversione parziale dell’aeroporto militare di Amendola (tra Foggia e Manfredonia) in aeroporto civile.
La recente omologa conversione ed inaugurazione dell’aeroporto di Comiso, in Sicilia, apre prospettive insperate fino a qualche tempo fa. Chi avrebbe mai immaginato che quella base militare, così strategica per l’ubicazione nevralgica e per gli assetti tecnico-bellici presenti, potesse in così poco tempo risolvere i problemi di ricettività aerotrasportata della costa meridionale dell’isola? Il rilancio delle destinazioni balneari sul Canale di Sicilia e di comprensori storico-artistico-culturali come la Val di Noto, la valle dei Templi e gli insediamenti archeologici di Piazza Armerina, troppo a lungo penalizzati dalla lontananza dagli aeroporti di Catania e di Palermo, è finalmente assicurato. Se è stato possibile per Comiso è legittimo poterlo sperare anche per Amendola. Qui si potranno misurare forza politica e capacità organizzativa e amministrativa di una classe dirigente locale, che volesse davvero imprimere una svolta alle sorti della Capitanata.
Porsi obiettivi ambiziosi ci aiuterà a crescere e ad essere protagonisti dei nostri destini. Ma è necessario un “colpo di reni”. Per capovolgere le sorti di una partita, che ci vede partecipanti passivi da troppo tempo. E Dio solo sa quanto sia urgente per tutti noi e per l’intero Mezzogiorno.
(gelormini@katamail.com)
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