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Una metafora italiana (di Gianfranco Pasquino da www.unita.it) |
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28.03.2008
C'è un po' di tutto nell'affaire Alitalia. Di tutto quello che
l'Europa preferirebbe non vedere, ma che caratterizza il modo di
governare e di fare opposizione (altro che «Sistema-Italia», altro
che politiche bipartisan, altro che convergenze ovvero somiglianze
programmatiche!) nel nostro Paese.
L'inizio è una decisione non presa, tempo fa, quando era già chiaro
a tutti gli esperti che Alitalia era entrata in crisi.
Una decisione non presa anche perché il sistema istituzionale
italiano non consente di reagire rapidamente a nessuna emergenza e
perché nessun politico intende assumersi la responsabilità di
decisioni impopolari nel corto termine. Infatti, non avrà abbastanza
tempo perché gli venga riconosciuto, anche dagli elettori, di avere
agito saggiamente.
La difesa dell'italianità , già esperita con scarsissimo successo, e
con penose conseguenze, nel caso di alcune banche, non aveva nessuna
probabilità di successo se imprenditori veri non si fossero
attivati. La bellicosa "razza padana", sempre pronta a criticare i
governanti, non ha saputo produrre quello stuolo di imprenditori,
dinamici e disposti a rischiare, e non si capisce in quale modo «il
principale esponente dello schieramento avverso al Partito
Democratico» riuscirà a (re)suscitarli in tempi decenti. Ma, come
dovrebbe oramai essere chiaro a tutti, quel principale esponente ha
deciso di fare del caso dell'Alitalia e dello hub di Malpensa,
insieme a quello strenuo apostolo della società civile che risponde
al nome di Formigoni e alla (ex)manager Letizia Moratti, soltanto
due tematiche funzionali alla sua languente campagna elettorale. Se,
alla fine, come sembra semplicemente logico e giusto, Spinetta
raggiunge un accordo con i sindacati e compra Alitalia, l'on.
Berlusconi continuerà la sua campagna all'insegna della italianitÃ
tradita e della Padania sottomessa ad oscure forze straniere: quelle
del mercato che, certamente, ad un monopolista per vocazione, ma
momentaneamente duopolista, sembrano molto oscure e molto estranee,
e da abbattere. Se, invece, anche a causa dell'opposizione dei
sindacati miopi, che difendendo l'esistente preparano un domani
peggiore, Air France-Klm finissero per rinunciare, da un lato,
forse, diventerà possibile chiamare il bluff di Berlusconi, ma ad un
costo economico elevatissimo, dall'altro, però, Berlusconi non
soltanto potrà permettersi di attaccare i sindacati corporativi
(che, qualche volta, lo sono davvero), ma cercherà di addossare la
colpa del fallimento sulle spalle di Prodi-Padoa Schioppa.
Paradossalmente, poi, se, per quanto assolutamente improbabile,
l'imprenditore Berlusconi riuscisse davvero, visto che ha dichiarato
che a lui «riesce sempre tutto», a mettere insieme una cordata
familiare, amicale, imprenditoriale, la sua presenza e quella dei
suoi, finora riluttanti, figli configurerebbero un colossale
conflitto di interessi, peraltro, l'ennesimo, nei confronti del
quale piacerebbe sentire levarsi la voce di qualche imprenditore
liberale, sostenitore di un'economia di mercato.
Per intenderci, nei Paesi nei quali prospera un'economia di mercato,
prosperano per l'appunto le aziende sane, mentre quelle male
amministrate falliscono e nessuno, ma proprio nessuno, tanto meno la
sinistra, neppure quella radicale, chiede salvataggi allo Stato o a
danarosi uomini della Provvidenza che si candidano a guidare il
Paese. In un sistema politico decente, primo il governo assume un
atteggiamento di benevola neutralità nei confronti di imprenditori
che operano rispettando le regole di un mercato concorrenziale e
nessuno dei ministri, a decisione presa, suggerisce di perseguire
altre, non più praticabili strade. Secondo, dedicato a tutti quelli
che credono e qualche volta persino caldeggiano soluzioni
bipartisan, in occasioni di grande rilevanza economica,
l'opposizione, se non si è previamente espressa in modo limpidamente
contrario, argomentando scelte alternative praticabili, converge
sulle posizioni delineate dal governo per rafforzare l'immagine di
un paese che sulle decisioni più importanti si ritrova unito, anche
senza bisogno di dare vita a paralizzanti Grandi Coalizioni. Invece,
come hanno notato diversi quotidiani stranieri, l'impressione
complessiva che viene trasmessa dall'Italia alla fine della vicenda
della sua (ex)compagnia aerea di bandiera è che il capo
dell'opposizione sta strumentalizzando gli avvenimenti, non in
maniera tardiva, ma semplicemente tenendo conto dei tempi della
campagna elettorale. Tuttavia, il rischio è che il peggio, per un
sistema politico dal non elevato tasso di liberalismo, per un
mercato non proprio vivace, per Alitalia, per il governo del paese,
per i sindacati e per i cittadini italiani, imprenditori compresi,
stia ancora per arrivare. Davvero, come nel memorabile dépliant
berlusconiano: «una storia italiana», che, purtroppo, in tutti i
sensi, sembra infinita.
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