17.02.2006
L’ANATEMA DI GERO GRASSI di Antonio V. GELORMINI Solo poche settimane fa il segretario della Margherita pugliese Gero Grassi, a proposito del popolo delle primarie, così si esprimeva: “In quel popolo c’è tantissima gente che ha accolto le indicazioni e la sensibilizzazione dei partiti, ma ce n’è altrettanta che antepone al partito un contenitore più largo, nel quale convivano esperienze politico-culturali diverse, ma in grado di coesistere all’interno di un programma comune”. Quel popolo, alla ricerca di nuovi stimoli e maggiore coinvolgimento, non si rassegna di fronte al raffreddarsi di entusiasmi, di tanti dirigenti come lo stesso Grassi, mentre si allontana quella memorabile giornata di fine ottobre. In alcune regioni, a partire dalla Lombardia, ha cominciato a percepire di poter essere determinante in una competizione elettorale come quella del Senato, dove la vittoria si acquisisce regione per regione e non su base nazionale. La Lombardia da sola elegge ben 47 senatori, qui il premio di maggioranza, previsto dalla nuova legge elettorale e assegnato su base regionale, può davvero fare la differenza tra le due coalizioni e contribuire significativamente alla governabilità dopo il 9 aprile. E’ da questa regione, infatti, che si sta materializzando la possibilità di presentazione al Senato di una lista cosiddetta civico-ulivista, che mira ad intercettare elettori che non intendono riconoscersi nei partiti tradizionali, e rendere possibile una vittoria per il centrosinistra che i sondaggi al momento danno come incerta. Situazione analoga si registra in almeno altre quattro regioni. In Puglia i sondaggi danno il centrosinistra sotto di due punti al Senato e spingono i promotori dell’iniziativa lombarda a fare pressing, perchè si sviluppi anche qui un processo della stessa natura. A tal proposito Grassi, che nei giorni scorsi aveva rifiutato con sdegno, insieme ai Ds, la richiesta di primarie avanzata dalla società civile, è stato categorico e ha tuonato: “Tutti gli amici diellini che dovessero sponsorizzare una tale operazione, sarebbero fuori dal partito: le forzature sono inaccettabili”. Una rigidità ritenuta inopportuna da molti amici di partito, dopo la precoce apparizione di manifesti elettorali con l’auto-candidatura del segretario regionale della Margherita. Non lo ritengono idoneo a trattare con arroganza l’argomento forzature. Ma si sa, dicono, dai pulpiti nazionali a quelli locali è diffusa l’abitudine disinvolta a predicare bene e razzolare male. “E’ tradizione che i gruppi dirigenti tendano a chiudersi in difesa degli equilibri interni, ma questa legge elettorale ne ha acuito la propensione, rendendo l’odierna compilazione delle liste dei veri e propri decreti di nomina degli apparati” diceva qualche giorno fa Arturo Parisi. Forse per questo, in decisa distonia col segretario regionale, i settori ulivisti della Margherita pugliese e della coalizione auspicano che la lista civica al Senato si faccia. E’ l’unica risposta efficace – a loro giudizio – per vincere la partita nelle regioni in bilico. La stessa Europa, il quotidiano della Margherita che sabato scorso aveva commentato con durezza la nascita a Milano dell’Associazione per il Partito Democratico, pubblica in prima pagina l’intervento chiarificatore di Riccardo Sarfatti, uno dei soci fondatori, consigliere e coordinatore dell’Unione nel Consiglio Regionale lombardo. “La lista serve alla Lombardia” dice Sarfatti e alle cosiddette regioni in bilico come per esempio Puglia e Lazio, e poi aggiunge: “Una fetta consistente di elettorato, che alle regionali aveva votato per il centrodestra, dà un giudizio negativo sul governo. E un’alta percentuale di quei delusi oggi voterebbe per una lista che vuole avere un ruolo importante nella costruzione del partito democratico”. Il popolo delle primarie si fa sentire. Vuole contare. Insieme ai partiti, non contro, per fare fronte comune e provarle tutte. Infatti, come ama ripetere Gero Grassi: “Tempi nuovi ci attendono, diceva Aldo Moro”.
(gelormini@katamail.com)
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