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Non sono un illuso - Prodi a Newsweek International |
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8.11.2005
Intervista a Newsweek International
Non sono un illuso
di Christopher Dickey e Jacopo Barigazzi, Newsweek International, Lunedì 7 Novembre 2005
Romano Prodi è euforico e a ragione. L’ex Primo ministro italiano, già presidente della Commissione Europa, cavalca l’onda delle elezioni primarie organizzate lo scorso mese per unire l’opposizione di centrosinistra contro l’attuale Premier Silvio Berlusconi. I sondaggi anticipano che probabilmente vincerà le elezioni politiche fissate per il 9 aprile. Il 66enne ex professore di economia ha recentemente avuto un colloquio con i giornalisti del Newsweek Christopher Dickey e Jacopo Barigazzi. Eccone alcuni estratti:
Lei è ora alla guida dell’opposizione in Italia. Se diventasse primo ministro cosa significherebbe per l’Europa, gli Usa, e per il resto del mondo?
Non sono un esordiente. Così voglio essere giudicato per quello che ho fatto quando ero primo ministro in Italia e presidente della Commissione europea per più di cinque anni. Ho avuto una significativa esperienza di cooperazione con due amministrazioni americane. Abbiamo lavorato fianco a fianco. La questione che ci ha trovato in disaccordo è stata una sola: l’Iraq.
Disaccordo importante
Ero convinto che la guerra in Iraq avrebbe danneggiato i nostri interessi e quelli del mondo intero e sarebbe diventata un incubo. E ora non voglio dire di aver avuto ragione, ma lasciatemi mettere sul tavolo quelli che sono i problemi reali.
Berlusconi dice di voler riportare le vostre truppe in patria. Tra un anno ci saranno ancora truppe italiane in Iraq?
Se vinco decideremo un agenda per il ritiro delle nostre truppe. Lo decideremo la prossima primavera, perché forse non ci saranno più truppe italiane al momento delle elezioni. Sicuramente non farò colpi di teatro come ha fatto la Spagna.
Crede che l’Europa sarà più unita con lei primo ministro?
Certo. Giocare con Bruxelles contro Washington o viceversa è inutile. Penso che Berlusconi abbia provato a giocare il secondo tipo di partita: Washington contro Bruxelles. E il risultato è che l’Italia è fuori dal gioco.
La domanda cruciale è: gli italiani vogliono ancora far parte dell’Europa?
Rispetto a ciò l’Italia è come la Spagna. Nella nostra mente c’è una relazione tra sviluppo, modernità ed Europa. L’Europa, nella mente della maggioranza degli italiani, ha un significato positivo.
Ma una delle cose che si sentono dire in Italia è: “I nostri problemi economici derivano dall’euro e Prodi è l’euro”. Crede che per lei l’euro rappresenti un ostacolo politico?
No. Lo vedo come una ricchezza. Assolutamente. Non sto scherzando. Non sono un illuso. Lei pensa veramente che l’Italia potesse continuare a svalutare, svalutare, svalutare, come ha fatto nei 15 anni precedenti all’introduzione dell’euro? Lei pensa che, essendo uno dei principali paesi europei, noi possiamo sostenere lo stesso ruolo di bambini con problemi come è successo per lungo tempo? No. Certamente no. C’è un tempo nella storia in cui qualcuno deve dire di no, ora basta, io l’ho detto.
Come affronterà la sfida di Cina e India?
Perchè i tedeschi non hanno problemi commerciali con la Cina? Importano di più, ma esportano anche di più. L’economia italiana è certamente la più debole tra quelle dei grandi paesi europei. Virtualmente noi non abbiamo grandi aziende ma abbiamo circa 2050 piccole e medie aziende che saranno la spina dorsale della nostra economia. Lavorerò per inserirle nel mercato mondiale, per farle emergere e per aiutarle a crescere.
Guardando al Mediterraneo. Come risponderà al problema degli immigrati clandestini?
Ohhh, questo è un vero incubo. Parte dell’opinione pubblica vorrebbe che io li buttassi a mare. La mia politica consiste in primo luogo in una più stretta collaborazione con i paesi da cui provengono. Secondo, c’è bisogno di una più realistica politica di controllo, guida e regolarizzazione delle persone. Se vuoi essere un politico popolare, forse la mia posizione non è la più intelligente politicamente perché c’è una grande paura dell’immigrazione. Ma passo dopo passo la gente capirà che c’è bisogno di una politica attiva, non solo una politica che butti le persone a mare.
Dagli attentati di Londra a Luglio s’è parlato molto sulla possibilità che l’Italia sia il prossimo obiettivo. Cosa può fare perché ciò non succeda?
Ci vuole più intelligence e collaborazione tra le intelligence. Questo è un campo nel quale la Commissione europea s’è impegnata a fondo, e so che la collaborazione - la vera collaborazione - tra gli stati membri è difficile. Si fanno regole giuste, si siglano accordi, si stringono mani, ma generalmente gli scambi di informazioni vertono solo su casi specifici che sono già accaduti.
L’Italia con Berlusconi premier, s’è sforzata molto per mostrarsi il miglior amico dell’America, ma non è stato trattato come tale dagli Stati Uniti.
No, certamente no. Ed è per questo che sono convinto che se vuoi essere amico dell’America devi rimanere in un contesto europeo. Chiaramente c’è un problema di “peso”. Dobbiamo essere realisti. C’è un problema di puro potere. Sei importante a Washington se sei importante a Bruxelles.
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