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Aids, non stiamo facendo abbastanza. di V. Agnoletto
4.12.2007

Care/i,

spero di fare cosa gradita nell’inviarvi un mio articolo pubblicato da il manifesto sabato 1 dicembre, in occasione della Giornata mondialie di lotta all’AIDS.

Saluti solidali,

Vittorio Agnoletto

Aids, non stiamo facendo abbastanza

Stop Aids. Keep the promise” (Ferma l’Aids. Mantieni la promessa) è lo slogan scelto anche quest’anno per la Giornata mondiale di lotta all’Aids. Uno slogan che ci accompagnerà fino al 2010. Al summit di Gleneagles del 2005, infatti, i Paesi del G8 si erano impegnati a garantire l’accesso universale alle cure entro il 2010. Da allora, però, pochi fra questi Paesi hanno elaborato un minimo di strategia d’intervento e quasi nessuno una programmazione finanziaria adeguata. Di chi è la colpa? Dei governi in carica sicuramente. Dei  parlamenti “distratti” anche. Ma noi attivisti stiamo facendo abbastanza? Stiamo facendo del nostro meglio per difendere i diritti di 30 milioni di sieropositivi che, vivendo nel Sud del mondo, sono condannati a morte certa? Secondo me no.

 

In Italia, per esempio, sul Fondo globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria abbiamo condotto una battaglia di retroguardia. Per mesi ci siamo mobilitati affinché il governo onorasse l’impegno a versare i 260 milioni di euro promessi per il biennio 2006-2007. Alla fine l’abbiamo avuta vinta e il presidente Prodi ha pagato. Ma era il minimo che potesse fare, visto che si trattava di un impegno ufficiale. Dovevamo chiedere di più. Dovevamo ricordare al primo ministro che la richiesta originaria di Kofi Annan nel 2001 era di 10 miliardi di dollari all’anno e che invece il Fondo globale dal 2002 ad oggi ha raccolto poco più di 9 miliardi complessivi.

Oggi, secondo l’Onu, se si vuole raggiungere l’obiettivo del 2010 e garantire i trattamenti a 14 milioni di pazienti, occorrono tra i 32 e i 51 miliardi di dollari. E noi non possiamo adeguarci.

Bisogna anzi fare un salto di qualità nelle nostre rivendicazioni e chiedere che l’Italia, come tutte le altre nazioni economicamente più avanzate, versi un contributo proporzionato al suo prodotto interno lordo. Non ci facciamo un granchè con i 130 milioni di euro stanziati dalla legge finanziaria per il  2008. Considerando infatti che l’Italia produce il 3,7 per cento della ricchezza mondiale il suo contributo dovrebbe essere almeno di 800 milioni di euro l’anno. Un obiettivo di spesa tanto lontano quanto lo 0,7 per cento del Pil da investire in aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015.

 

Dobbiamo osare di più anche in tema di brevetti farmaceutici. Non basta chiedere che Stati Uniti e Unione Europea rispettino le clausole di salvaguardia dei Trips, gli accordi sulla proprietà intellettuale del Wto, che in casi sempre più limitati consentono la produzione e l’esportazione di farmaci generici venti volte più economici di quelli di marca. A noi non piacciono proprio i Trips e vorremmo che i medicinali salvavita fossero esclusi da questi accordi e che di loro se ne tornasse ad occupare l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

 

Leadership è una parola chiave. Ma i veri leader non sono i “potenti” della Terra. Sono le migliaia di persone che nella società civile combattono ogni giorno contro l’Hiv. Qualcuno li chiama leader “invisibili”. Io chiedo loro di venire allo scoperto, di avere coraggio e non disperdere le forze. 

In Italia da tempo non si fanno più campagne di sensibilizzazione, in particolare rivolte ai giovani. La disponibilità a partire dalla metà degli anni ’90 di farmaci anti-retrovirali che consentono di cronicizzare la malattia hanno generato la falsa illusione collettiva che il virus fosse sconfitto. Ma non è così. Il filo rosso che unisce la dimensione internazionale della malattia a quella nazionale è intrecciato con gli interrogativi di sempre: è solo una questione di salute pubblica o quello che è veramente in discussione è il rispetto di diritti umani fondamentali?


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