27.07.2004
E diciamolo...........
Trovo abbastanza stucchevole che, dopo ormai tre anni dall’assemblea dell’Ergife a Roma, si continui a parlare di quale Ulivo vogliamo, ad avere bisogno di mettere puntini sulle “i” e pensare che, ogni volta, si debba ripartire da zero.
A proposito di quell’assemblea, ricordo, per inciso, l’espressione imbarazzante di Di liberto: “userò il mitra contro chiunque voglia fermare questo progetto!!!”
Ulivo nuovo, Ulivo vecchio, Federazione, Confederazione, Costituente, ricostituente, allargato, ristretto, e chi più ne ha più ne metta.
Una cosa è certa.
In questi anni i dubbi, le perplessità , i freni a mano tirati (a volte molto bruscamente), i veti e quant’altro, sono quasi sempre venuti da chi, nella politica di ogni giorno, non si è mai neppure sognato di fare l’Ulivo.
E allora, a noi che dicevamo “Ulivo subito” veniva subito risposto: si, d’accordo, ma quale Ulivo volete?
Naturalmente, tutti eletti sotto la bandiera comune (perché nel proporzionale il 4% sarebbe un miraggio) salvo, il giorno dopo, dichiararsi più che mai appartenente al partito e cominciare a piazzare paletti, porre condizioni, tenere tutto saldamente ben fermo.
Considero l’esperienza di “Uniti nell’Ulivo” positiva ed interessante se intesa come primo passo concreto verso la costruzione definitiva dell’Ulivo, che non può essere neppure concepito senza pezzi importanti come i Verdi e i Comunisti Italiani.
Ma non posso neppure non considerare grave l’errore compiuto da Diliberto e Pecoraro nel chiudere subito, senza lasciare spazio al benché minimo dibattito interno, buttando a mare un percorso che sarebbe potuto essere ben più interessante e completo.
Allora, per favore, usciamo dall’equivoco.
Cominciamo a dire forte e chiaro, senza se e senza ma, che ci vuole l’Ulivo, così come ci viene chiesto da milioni di cittadini (vedi inchiesta di Repubblica).
Cominciamo a dire, senza se e senza ma, che questo Ulivo deve vedere al suo interno i partiti (tutti), gli eletti e il mondo dell’associazionismo, del volontariato, del terzo settore, dei movimenti.
Cominciamo a dire, senza se e senza ma, che l’Ulivo deve dotarsi di proprie regole, di sedi, di un gruppo dirigente ulivista (che non significa, necessariamente, la somma dei segretari dei partiti), di un portavoce.
Questo senza pensare di appiattire i Verdi sulle posizioni “asfaltiste” di Di Pietro e Mastella, ma neppure pretendendo di trasformare gli stessi in militanti dei Verdi.
Nessuna tentazione, quindi, di partito unico.
Quali, allora, le forme, e quale il nome da attribuire a questo progetto?
Credo che, in questo caso, il numero di domande ed il bisogno assoluto di chiarezza siano inversamente proporzionali allla voglia di intraprendere il percorso.
Percorso che io vedo come un laboratorio pieno di punti di domanda, di possibili errori, ma carico di voglia di costruire qualcosa di nuovo e consapevolezza di essere sulla strada giusta.
Serve, questa volta, un po’ più di cuore ed un po’ meno di “dottrina”.
Non dobbiamo più ragionare e comportarci come se fossimo un piccolo gruppetto, senza mezzi e con pochi amici: quando si parla di Ulivo, si deve avere la consapevolezza di chi vuole governare il paese e si pone, quindi, in modo ambizioso ed autorevole.
Ecco, allora, per fare un esempio, che l’albo degli elettori può essere uno strumento formidabile, a patto che sia costruito da tutto l’Ulivo e coinvolga, in Italia, centinaia di migliaia di elettori.
Non nutro alcun interesse, al contrario, per un “albino degli elettorini”, un bonsai che, raccogliendo qualche migliaio di nomi, darebbe solo il senso di una pochezza inaccettabile ed allarmante, quando si parla di Ulivo.
Cosa darei, care amiche ed amici, per venire a conoscenza di una dichiarazione forte, inequivocabile, fatta da Diliberto, o Pecoraro, o Marini, Mussi, De Mita: una dichiarazione di ferma volontà ulivista.
Poi potremmo chiudere tutti in una stanza, noi compresi, e buttare la chiave fino a quando non si sia trovata una soluzione.
Prima, però, è chiaro, si deve dichiarare di voler fare l’Ulivo, poi, con molta pazienza, si deciderà il da farsi.
Quando vedo che si fa il contrario, sento puzza di bruciato……….
Infatti, quello che mi pare mancare con forza, da parte di molti, è la voglia, non certo le idee.
Naturalmente c’è in me la certezza che, nel prossimo futuro, più si avvicinerà la scadenza elettorale delle politiche, e più si scopriranno insperate volontà unitarie a partire dai tiratori bruschi di freno a mano.
Stefano Facchi
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