Bella, come sempre, l'ultima inchiesta di Gatti sull'Espresso, dedicata alla schiavitù delle ragazzine utilizzate come prostitute sulle strade italiane.
Schiavitù. Non è una metafora, non è un modo di dire. Ragazze giovani, comprate o affittate, per pochi minuti o per qualche mese.
Schiave, per la più triviale delle dipendendenze, ben peggiore, se ci si pensa, a quella degli schiavi africani liberati a prezzo della massima tragedia americana, la guerra di Secessione.
Schiave senza possibilità di organizzazione, snocciolate come sono su tanti kilometri delle nostre strade.
Pochi maschi italiani sono moralmente innocenti. Almeno virtualmente, con un'occhiata o il più classico dei "puttangiri" adolescenziali, si partecipa in molti, in qualche modo. Una, poche, o molte volte nella vita.
Ma se non parliamo di morale, se pur ammettiamo che un corpo femminile denudato su una strada attira comunque l'attenzione cromosomica di metà dei passanti, dobbiamo comunque porre il problema politico di una tolleranza che tutti diamo troppo per scontata.
Nota Dacia Maraini, sempre sull'Espresso: se io compro avventatamente una merce rubata, ne rispondo, per incauto acquisto. Se io compro la dipendenza di una bambina moldava, sono innocente.
Anzi, sono tutelato.
Anche dai campioni delle libertà individuali. Incredibile il dibattito di qualche sera fa (credo su Mixer) fra Don Benzi e Vladimir Luxuria. In cui questo personaggio, che anche noi abbiamo contribuito a portare a rappresentante in Parlamento, difendeva il diritto alla privacy (verò tabù contemporaneo) dei clienti.
Liberi di sfondare la privacy della vagina di una bambina, per chissà quante volte in una notte.
Con i pantaloni abbassati e con il portafoglio in mano, anche nel coito, come annota una delle schiave intervistate da Gatti.
Grande il primato della nostra testosteronica patria. Le schiave sessuali, in Italia, sono il doppio che in Germania, ed il triplo che in Francia. 115 schiave ogni centomila maschi Italiani (in Francia meno di trenta).
Non è un problema di morale. Di etica. Di parrocchia. Di peccato. Chi se ne frega della morale. Ci penserà il mondo delle coscienze, al peccato.
Ma è un problema di convivenza comune.
Quindi politico.
Quanto siamo disposti a tollerare che nella nostra bella Italia, intrisa di valori cattolici, egualitari, socialisti, liberali, vi sia un numero di schiave più alto che ovunque nel mondo sviluppato?
Quanto siamo disposti ad accettare che nelle nostre file, di noi progressisti, di sinistra, ci siano personaggi che scambiano sghignazzando i forti ed i deboli, e difendono il diritto di alcuni a maciullare la vita di bambine che non hanno nessuna speranza di normalità civile?
Pietro Carena, da AperTO