Ogni giorno, incessante, il martello dei critici si abbatte sui volenterosi: non ce la farete mai, ad arrivare al Partito Democratico.
Seguono, impietose e conclusive, le prove: lo scontro sulla franchigia a favore del convivente more uxorio nell'imposta sulle successioni; la collocazione internazionale del nuovo partito... E così via, affastellando grandi e piccole ragioni di difficoltà del progetto, fino a farne una insormontabile barricata a difesa dello status quo.
Hai voglia a far notare che, alla fin fine, persino la incredibile vicenda del "more uxorio e successioni" ha poi spinto ad un passo in avanti, visto che il Governo si è impegnato a presentare - addirittura entro gennaio - un disegno di legge per l'affermazione dei diritti dei soggetti impegnati nelle coppie di fatto. Serve a poco invitare a vedere che, dal recente Congresso del PSE - e non solo per via della "famosa" modifica al suo statuto - tutto emerge meno che disinteresse per il progetto "degli italiani". Forse perché, nel PSE, non proprio tutti la pensano - in proposito - come il Presidente del gruppo parlamentare europeo, Martin Schultz.
I critici ribadiscono, concedendoti qualcosa solo sul piano morale: ci siete pure simpatici, voi volenterosi del Partito Democratico. Voi ci credete. Fate bene a battervi. Ma come fate a non vedere che il progetto non ha un'anima? E dov'è, il realismo - la dura realtà dei rapporti di forza; unica, in politica, a contare qualcosa nella vostra proposta? Così, ho deciso di passare all'uso dello stesso metodo.
Cari critici, ma davvero voi pensate che gli attuali partiti riformisti del centro-sinistra - restando così come sono, magari cambiando (anche tutti) i dirigenti - siano in grado di garantire un qualche futuro al riformismo italiano e, soprattutto al Paese? Ma l'avete seguito il dibattito sulla finanziaria, con la società corporativizzata cui danno rappresentanza micropartiti o singoli ministri dei partiti grandi (?) impegnati per due mesi ad occuparsi del proprio "albero", incapaci di vedere la foresta? Cosa? I socialisti coi socialisti, i democristiani coi democristiani?
Suvvia, tutti capiscono che in campo - semmai - c'è una vecchia idea, ridotta a simulacro di se stessa: una minisinistra unita (i pochi socialisti coi pochi comunisti), che contrae una debole alleanza elettorale con un minicentro. E questo sarebbe lo schieramento che fa le riforme nel Paese delle riforme difficili?
No. Possiamo non riuscire, noi volenterosi del Partito Democratico.
Ma se siamo attori, oltre che analisti, proprio il realismo ci suggerisce di non rinunciare a percorrere la strada del Partito Democratico, del grande partito a vocazione maggioritaria. È dura, difficile. Ma è l'unica che ci porta dove vale la pena di andare. Facciamo gli auguri.
Enrico Morando