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Vicenda Don Gelmini, intervista aI cardinale Marchisano
8.08.2007
Per salvare dalla bufera una realtà così importante, don Gelmini dovrebbe fare un passo indietro e lasciare la guida della comunità Incontro ad un altro sacerdote finché non sia stata fatta chiarezza sull’intera vicenda». A consigliare a don Pierino, sotto inchiesta a Terni per abusi sessuali, di «autosospendersi dal suo incarico e affidarsi ad un fiduciario per potersi meglio difendere, senza coinvolgere la comunità» è uno degli uomini di Curia più esperti e autorevoli, il cardinale Francesco Marchisano, ex Vicario papale per la Città del Vaticano e attuale presidente dell’ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. «Una linea di prudenza già adottata per padre Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo, per tutelare l’istituzione», spiega.

Eminenza, don Gelmini grida ad una persecuzione contro la Chiesa. Condivide?
«No. E’ sbagliato agitare lo spettro di complotti anticlericali. Così si soffia sul fuoco, invece di abbassare i toni e ciò è una grave minaccia per la benemerita istituzione creata da don Gelmini. Prese di posizione gridate e sopra le righe hanno un effetto terribile. Gridare alla congiura contro la Chiesa è un pericoloso boomerang. Anche tenuto conto di come sta impostando la sua autodifesa, sarebbe meglio separare le vicende personali di don Gelmini dalla sorte di una grande realtà come la comunità Incontro».

Attraverso le dimissioni?
«Sospendersi a tempo dalla guida della comunità non costituirebbe una prova di debolezza né un implicito avallo alle accuse. Una scelta di buon senso e moderazione, in modo che don Pierino sott’inchiesta resti un po’ al di fuori e venga incaricato un altro sacerdote di gestire questa delicata fase. Tutta la comunità sarebbe più disposta ad accettare quanto accade e non sarebbe scossa dalle polemiche suscitate dalle dichiarazioni di don Gelmini. Io sono certo che verrà dimostrata l’infondatezza delle accuse, ma con un passo indietro del fondatore, qualunque sia l’esito dell’indagine, la comunità non ne verrebbe travolta. Quando ci fu il caso dei Legionari di Cristo, la Chiesa ha raccomandato un passo indietro al suo fondatore per far procedere l’iter della giustizia, in modo che poi la sua creazione, la congregazione non ne venisse toccata. Bisogna saper distinguere bene le cose».

Per il bene dello stesso don Pierino?
«Sì, perché tutelerebbe la sua creatura. La comunità Incontro è un grande bene per la Chiesa e la società, è oggettivamente un movimento e un’iniziativa di enorme rilievo. Non è nata ieri. Opera da quasi mezzo secolo, ha salvato centinaia di migliaia di vite, per salvaguardarla è saggio ritirarsi momentaneamente, incaricare un fiduciario, sospendersi e individuare un ristretto e fidato gruppo di reggenza per garantire la prosecuzione dell’attività. Sarebbe un positivo segnale all’esterno e all’interno. Come dire, il fondatore si mette un po’ da parte per difendersi con maggior libertà e senza ricadute sulla comunità, mentre altri studiano la situazione».

Non sarebbe un segnale di resa o un esautoramento?
«Mettersi da parte non significa accettare ciò che si dice. Il modo più proficuo di affrontare la situazione mi sembra quello di indicare due, tre persone per la guida della comunità e controbattere punto su punto alle accuse senza dichiarazioni inopportune e senza alzare polveroni controproducenti. In ogni modo, prima di giudicare occorre prudenza. Queste colossali iniziative di volontariato che di per sé sono ottime creano anche delle reazioni. Per creare una realtà di queste dimensioni si impegnano colossali energie e può capitare che si commettano sbagli o si ceda a debolezze, però il male che dicono ci sia, poi bisogna veramente provarlo e per condannare qualcuno servono prove concrete. La prudenza della Chiesa è abbassare i toni, non gridare ma far parlare i fatti e separare per tutelarla la realtà che si è creata dalla sorte del fondatore. Si approfitta magari di qualche scivolata, di un peccato, si amplificano cose errate per screditare l’impianto positivo».

Cosa la preoccupa?
«L’autodifesa esagerata. Terribili le parole, poi ritrattate sulla lobby ebraica. Poi le scuse e altre polemiche dannose. Ha alzato troppo i toni: è una reazione umana, ma molto controproducente. Appena esploso il caso, don Gelmini aveva preso una posizione più distaccata ed equilibrata poi ha iniziato a urlare cose sbagliate. Anche per difendersi bisogna saper usare bene le armi, altrimenti sono guai. È alla testa di una realtà importante in tutto il mondo, così rischia di compromettere il futuro della comunità. Dovrebbe abbassare i toni e fare un passo indietro. Come hanno fatto i Legionari, incaricando un altro sacerdote che possa seguire con maggior serenità ed equilibrio. La prima accortezza che si deve avere è fare un passo indietro, aspettare che l’indagine compia il suo corso. Serve una persona che possa calmare le acque: è in pericolo il futuro della comunità».

Giacomo Galeazzi su La Stampa del 7 agosto 2007
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