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Compito del PD? Un riformismo che decide (di Enrico Letta) |
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7.09.2007
Le considerazioni sul Partito democratico avanzate mercoledì scorso
da Massimo Lo Cicero su Il Riformista meritano un approfondimento e
una prima risposta, anzitutto perché hanno il pregio di sollecitare
finalmente il dibattito sul progetto identitario del PD.
L'incontro tra il cattolicesimo liberale, il popolarismo e la
sinistra riformista è, in effetti, inscritto nel nostro patrimonio
genetico. Queste tradizioni hanno già sperimentato, nel corso del
Novecento, numerose occasioni di contaminazione, contribuendo al
tentativo di governare sia i problemi sollevati dal rapido
affermarsi del capitalismo industriale, sia le tensioni sociali
della ricostruzione nel secondo dopoguerra.
Tuttavia, l'identità di un nuovo grande Partito democratico – un
Partito che sappia parlare a tutto il Paese, a tutte le generazioni,
a tutte le categorie – non può risolversi in una sintesi, sia pur
ambiziosa, tra le forze politiche che vi confluiscono. Queste
culture devono rinnovarsi e ancora una volta contaminarsi con altre
esperienze per farsi davvero interpreti delle trasformazioni della
società contemporanea.
È quanto sta facendo, come giustamente Lo Cicero rileva, gran parte
della socialdemocrazia europea, che, pur senza rinnegare se stessa,
ha accettato la sfida di proporre una combinazione inedita tra
efficienza economica, giustizia sociale, libertà individuale.
In Italia, ormai da anni, pare essersi consumata una rottura proprio
nella combinazione tra questi tre elementi. Le garanzie nelle quali
abbiamo tradotto la nostra idea di giustizia sociale lasciano
scoperto un numero crescente di persone. E le risorse che assorbono
non sono più compatibili, per i vincoli che comportano, con una
diffusa domanda di libertà . La tradizionale organizzazione
della "risposta al bisogno" sulla base di una crescente spesa
pubblica finisce inevitabilmente per produrre condizioni di contesto
economico che limitano il riconoscimento del merito e della libertÃ
d'iniziativa, fino a inibirne l'attitudine a generare il
cambiamento, motore del progresso di ogni comunità .
Dinanzi a questo corto circuito, da considerarsi causa o concausa
del distacco della società italiana dalla politica, l'unica risposta
possibile può essere un grande partito post-ideologico, che si
assuma puntualmente la responsabilità di individuare i problemi per
trovare le soluzioni. Non si tratta di voltare le spalle alla nostra
appartenenza. Si tratta di elevarla su un piano più alto e, al
contempo, più pragmatico. Si tratta di fare delle politiche – della
loro programmazione e attuazione concreta – la nostra politica.
In
questo, a mio avviso, consiste l'essenza stessa del riformismo:
nella capacità di decidere, nella forza di assumersi delle
responsabilità , nel coraggio di sottoporsi alla sanzione dei
cittadini, consapevoli di aver agito nell'interesse collettivo.
Nella democrazia di domani dobbiamo allora riuscire a generare un
processo virtuoso, una circolarità continua e trasparente, tra
potere, responsabilità e sanzione, che sappia restituire alle
istituzioni stesse, e a chi solo temporaneamente le serve, il
massimo dell'autorevolezza e, al tempo stesso, il massimo
dell'incisività . Così è accaduto con il Protocollo del 23 luglio
2007 su welfare e previdenza. Non tutti possono essere d'accordo su
tutto. Ma il fatto che qualcuno alla fine decida serve a ciascuno in
una logica generale.
Se il Partito democratico sarà in grado di innescare questa
sinergia, di farsi portatore di un riformismo che decide, potremo
dire di aver dato un senso nuovo alle nostre storie ideali e
politiche. Potremo dire di aver utilizzato il nostro passato per
costruire il futuro del Paese.
Sulla base di queste premesse, al "Festival delle Idee" di Piacenza,
il 14 e 15 settembre, proveremo a contribuire alla maturazione
complessiva del Partito democratico. Senza alcun intento di scrivere
un programma elettorale. Ma partendo da tre parole chiave - libertà ,
mobilità , natalità - che evochino tre idee forza con le quali
leggere e interpretare la domanda di rinnovamento della politica
italiana.
Sono tre valori sui quali mobilitare la partecipazione e
l'adesione intorno a un nuovo progetto per il Paese. Un progetto che
metta sempre avanti le politiche rispetto alla politica, in linea
con il pensiero e l'insegnamento di un grande innovatore come Nino
Andreatta.
Da "Il Riformista" del 7 settembre 2007
Welfare Italia
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