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Una lite annunziata (di Fernando Cancedda) |
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16.01.2009
Anche a me piacerebbe il giornalismo cosiddetto “anglosassone”: garbato, imparziale, che divide i fatti dai commenti e dalle interpretazioni. Mi pare, anzi, che nel servizio pubblico dovrebbe costituire la regola. Ma in Italia non c’è. Non c’è mai stato. E da questo punto di vista nè le trasmissioni di Michele Santoro né quelle dell’Annunziata rappresentano un’eccezione. Non a caso i due eccellenti professionisti sono in testa alla graduatoria di chi ha fatto arrabbiare gli ospiti in studio. Santoro gioca spesso sulle emozioni, sulla rappresentazione unilaterale dei fatti, talvolta al limite della demagogia. L’Annunziata fa i salti mortali per far dire agli intervistati quello che a lei interessa che dicano e chiama questo “razionalità ”. Ma così facendo scambia la razionalità con la razionalizzazione, che è il più delle volte la ricostruzione logica di un pregiudizio.
Ecco perché, con tutto il rispetto per il presidente della Camera Fini, che per la dignità del suo ruolo avrebbe fatto meglio a non infilarsi nel battibecco tra due “star” televisive, la litigata di ieri sera durante la puntata di “Anno zero” sulla strage di civili a Gaza non mi ha convinto a solidarizzare né per l’Annunziata né per Santoro. La prima, presente in qualità di ospite e non di conduttrice, invece di limitarsi a dire liberamente la sua su un tema così controverso, ha preteso di bacchettare in pubblico il collega sul modo di gestire una trasmissione. Santoro ha reagito, prima direttamente e poi nel finale, con uno dei tanti sfoghi a cui ci ha abituati, al limite dell’alterco.
Ciò detto, si deve tuttavia riconoscere ad “Anno zero” il merito di avere colmato, sia pure col suo modo un po’ viscerale di argomentare, una grave lacuna dell’informazione televisiva su Gaza di queste tre settimane, che ha mancato di far parlare i volti e le immagini di quella terribile strage di bimbi innocenti. Tale censura di fatto è ciò che l’esercito israeliano si proponeva impedendo ai giornalisti stranieri l’accesso al teatro di guerra. Averla aggirata, sia pure per poche ore in una trasmissione televisiva di grande ascolto, può giustificare la reazione dell’ambasciatore israeliano, non quella di un’alta carica istituzionale che più di ogni altra dovrebbe avere a cuore pluralismo e libertà d’espressione.
Fonte: Nandocan
www.nandokan.it/?p=1670
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