29.04.2003
L'insicurezza continua a frenare l'economia mondiale
Secondo i principali istituti tedeschi di ricerca economica l'ottimismo non è tornato protagonista, nonostante gli sviluppi della situazione militare in Iraq. L'economia USA, infatti, non cresce abbastanza per trainare con forza il resto del mondo, e si espanderebbe in misura ancora minore senza gli impulsi dati dalle spese per la guerra. Inoltre aumentano i segnali di cedimento del mercato immobiliare, che fino ad ora aveva in qualche modo compensato i crolli dei valori finanziari. Per l'Europa si temono gli effetti negativi sulle esportazioni per un possibile ulteriore calo del dollaro (causato dalla sfiducia degli investitori sulla capacità di Washington di risanare il debito pubblico) e si segnala una minor propensione al prestito da parte delle banche.
Da "Terrorangst bremst Weltwirtschaft auf Dauer", Handelsblatt, 16 aprile 2003, pag.8
La guerra sembra finita ma l'economia USA non riparte
Le borse non rispondono ai successi dell'esercito americano in Iraq con decisa fiducia, le aziende non approfittano dei bassi tassi di interesse per fare nuovi investimenti e la propensione al risparmio dei consumatori è salita dal 2 al 4 per cento. Certo, forse è troppo presto per tirare un bilancio economico degli effetti della guerra sull'economia statunitense, ma la fine del conflitto e il piano Bush di riduzione delle imposte potrebbero risultare in un aumento del cash-flow per le imprese e dei risparmi per le famiglie, invece che in maggiori investimenti e consumi e quindi in una crescita più sostenuta.
Da "A sense of embedded pessimism: why, even though the war is over, the US economy may be slow to recover", Financial Times, 17 aprile 2003, pag.11
I costi della guerra per il Medio Oriente
Secondo Mervat Tallawy, segretario della Commissione Economica ONU per l'Asia Occidentale, la prima guerra del Golfo (1991) è costata in dodici anni al Medio Oriente 600 miliardi di dollari in minori entrate e dai quattro ai cinque milioni di posti di lavoro in meno. Questa seconda guerra potrebbe portare ad altri due milioni di disoccupati in più e a nuove mnori entrate per 400 miliardi di dollari. I principali fattori sarebbero un calo del turismo e del commercio interregionale. Perfino i benefìci dell'aumento del prezzo del petrolio prima dell'inizio del conflitto sarebbero ridotti, soprattutto in vista dei recenti e futuri (previsti) cali nella quotazione. Particolarmente svantaggiati sarebbero la Siria, molto legata commercialmente all'Iraq di Saddam, e la Palestina, che vedrebbe ridotte le donazioni dagli altri paesi arabi in crisi.
Da "El coste de dos guerras en el Golfo", El Pais, 18 aprile 2003, pag.8
L'industria francese di fronte alle incertezze del dopoguerra
Secondo Francois David, alla testa di Coface, società del settore assicurazioni-credito, il mondo industriale d'oltralpe dovrà nel prossimo futuro affrontare problematiche come la difficoltà di accesso alle opportunità della ricostruzione in Iraq e in genere al mercato statunitense, il ritardo congiunturale dell'Europa rispetto agli USA (per cui la ripresa arriverà più tardi nel Vecchio Continente) e le maggiori tensioni che minano la cooperazione internazionale. David riserva inoltre particolare attenzione all'economia tedesca, che è ormai da tre anni in crisi e sembra non uscirne, con un nuovo inquietante problema: il tasso dei fallimenti è cresciuto negli ultimi trenta mesi del 40%.
Da "Les entreprises face aux incertitudes de l'après-guerre", Le Monde, 18 aprile 2003, pag.17
da www.lavoce.info
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