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La sindrome di Stendhal
25.05.2005

Francesco Rutelli e la sindrome di Stendhal

Vincenzo A Romano*

Raccontano, gli appassionati d’ arte, come Stendhal trovandosi all’improvviso alla presenza di un’opera compiuta ed esaltante ne restasse così affascinato da cadere in deliquio perdendo ogni rapporto con la realtà che lo circondava.

Giurano altri che tale raptus non abbia reale fondamento e che sia frutto di una leggenda. Ma appreso dalla stampa e dai telegiornali la decisione della Margherita (di Rutelli?) di correre da sola , noi, personalmente propendiamo per la prima versione.

Non ci è noto se l’autore del “Rosso e il nero” fosse attorniato da amici e consiglieri, durante le sue crisi mistiche, ma scorrendo le schermate dei telegiornali, le interviste rilasciate dagli amici del nostro e le dure prese di posizione a sostegno del deliquio, abbiamo l’impressione che sia proprio così.

Veniva, il bel Francesco, da una lunga serie di vittorie elettorali che aveva contribuito, anche se recalcitrante, ad ottenere e ad un tratto gli si è presentato un capolavoro; uno di quelli che giustamente straniavano Stendhal. L’ Unione di Romano Prodi e degli Ulivisti rappresentava il capolavoro compiuto tanto che i quotidiani inglesi titolavano, questa mattina, e in diverse salse, una constatazione “Il centro sinistra non dovrà combattere per la vittoria, sarà il Cavaliere a dargliela”. E per il vecchio allievo di Marco ed attuale sodale di Marini e De Mita, l’0pera d’arte ha scatenato la sindrome. A volere essere cattivi due sindromi: la sconfitta del 2001 e la prossima del 2006.

Facciamo un passo indietro. Di una diecina di giorni e ci troviamo in Sardegna. Occorre ricordare che l’isola è stata sempre democristiana, ai livelli del 41% e più e lo è rimasta anche quando il Cavaliere è arrivato, coi suoi proconsoli ora muti, a prenderne il governo regionale contando soprattutto sulla precedente classe dirigente.

L’isola immarcescisce in cinque lunghi anni di malgoverno e disinteresse al pubblico ed il popolo sardo si sveglia, crede in Renato Soru, in Romano Prodi che viene a Cagliari ad appoggiarlo e crede, udite, anche nel bel Francesco che entusiasta del momento giura che “con Soru si vincerà in Sardegna e con Romano si spazzerà nel 2006 il governo inetto e bugiardo del cavaliere”. Così le cronache di quei giorni ed il popolo gridava “unità” , unità e Francesco abbracciava tutti: Romano, Soru, la Barbato ed ogni “berritta” che gli si avvicinava a meno d’un palmo. Uniti si vinse. Era l’anno del signore 2004.

Il 6 di maggio, sempre in Sardegna Enrico Letta in un puntuale esame dello sfascio del centro destra chiamava all’unione, Prodi chiamava all’Unione e così Boselli, D’Alema e Soru. E la piazza gremita ululava unità, siate uniti. Questa volta Francesco era assente e la volontà del popolo non l’ha potuta sentire. La destra è stata cacciata quasi ovunque: 6 a 1 il punteggio attuale, ma c’è ancora un ballottaggio. La Sardegna aveva creduto a tutti, anche  all’assente Francesco ed aveva vinto.

La stampa degli ultimi momenti ci spiega dov’era Francesco. Con Marini, De Mita e Mancino studiava le equazioni dei rapporti di potere con i DS e, esaminata anche la curva di Gauss per valutare gli scartamenti d’errore, decideva che. Già decideva che piuttosto che fare avere qualche punto in più ai Democratici di Sinistra era meglio darli tutti al Cavaliere.” Credo che l'opinione che prevalga è che legare la prospettiva della federazione e il ruolo della Margherita alla lista unitaria sia un desiderio che anziché aiutare la crescita della coesione, la riduca” Sic locutus De Mita (che Agnelli l’avesse azzeccata?) Francesco orza e pone la barra al centro. E plaude Casini dai liti lontani. Moby Dick ,intanto, risale dalle profondità dell’oceano.

“Ahi serva Italia di dolore ostello/ non donna di provincia, ma bordello”.

 

*Coordinatore Comitato “Informazione e Liberta’ “ CpU – CA

Membro coordinamento Comitato per la difesa della Costituzione.

 


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