25.05.2005
Intervista esclusiva all’inviata di Repubblica Francesca Caferri, espulsa dall’isola. Di Salamandra. Articolo 21 ha seguito con apprensione la vicenda dei due inviati italiani, fermati ed espulsi dalla polizia politica cubana, perché avevano seguito la riunione dei dissidenti anticastristi, Francesco Battistini del "Corriere della Sera", e Francesca Caferri di "Repubblica". Abbiamo protestato e ci siamo uniti a quanti hanno stigmatizzato l’ennesimo episodio di censura e di negazione di libertà di cui si sono rese colpevoli le autorità cubane. Continueremo a denunciare questo stato di cose nell’isola di Fidel Castro, nella speranza che anche i cubani nel più breve tempo possibile possano riottenere le libertà fondamentali, di riunione, associazione, informazione e di attività politica.
Abbiamo raggiunto l’inviata di "Repubblica" Francesca Caferri, appena giunta a Roma, dopo la disavventura cubana. Questo il suo racconto:
“Sono entrata a Cuba con visto turistico e poi ho fatto la giornalista. Certo, secondo loro, ho violato la legge cubana, ma era l’unico modo per entrare nell’isola e cercare di seguire la riunione dei dissidenti. Se avessi chiesto il visto giornalistico, nemmeno sarei potuta entrare, come è successo ad altri.
Il primo giorno sono andata alla riunione ed evidentemente qualcuno dei presenti ha preso il mio nome, visto che era pieno di spie. Il fatto scatenante è stata la pubblicazione del pezzo su Repubblica il giorno dopo. E così nella mattinata di sabato mattina mi hanno cercato negli alberghi de L’Avana. Mi hanno preso quelli della polizia in albergo, dove stavo facendo un altro pezzo, e mi hanno portata via all’aeroporto senza troppi complimenti. Non ho potuto ne’ parlare ne’ chiedere spiegazioni in auto; mi hanno perso il cellulare e spento il computer. Un’ora prima di ripartire mi hanno riconsegnato il cellulare. Pertanto sono stata per circa sei ore senza poter comunicare con nessuno, famiglia e giornale.
Dal mio punto di osservazione, dopo questa esperienza, posso dire che a Cuba esiste uno stato di polizia assurdo, stupido. A quella riunione, organizzata tra l’altro da ambienti vicini agli Stati Uniti, c’erano poche persone, forse al massimo 150: si tratta di un gruppo minoritario rispetto ai gruppi dell’opposizione presenti nell’isola.
Bloccandomi, però, il regime ha fatto un’opera miope, perché ha amplificato la loro iniziativa, che altrimenti sarebbe rimasta di tono minore.
E poi, avevo già il volo prenotato per due ore più tardi di sabato, e quindi tutto quello che hanno messo in piedi non serviva proprio a nulla. Ripeto a Cuba c’è uno stato di polizia stupido, altro che!
Fonte: http://www.articolo21.info/notizia.php?id=2035
mt
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