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La proposta di legge di Pierluigi Mantini
3.05.2003

Cari amici,
Porta a Porta, Repubblica, ecc.: se continueranno a citare in modo parziale
e strumentale la mia proposta di legge sulla sospensione dei processi
finiranno pure per farmi passare per un "inciucista".
In realtà la proposta prevede che, in caso di sospensione del processo
deliberata dalla Camera di appartenenza, ne consegua l'incandidabilità e
dunque l'impossibilità di rielezione fino a sentenza definitiva: è evidente
che la proposta non è funzionale a Berlusconi e Previti che dovrebbero
uscire dalla scena politica a conclusione di questo mandato.
Essa tuttavia ha il pregio di farsi carico di rispondere all'ipotesi teorica
che, abrogate l'immunità, come è giusto, il Parlamento possa essere alla
mercè di "magistrati golpisti" (ossia un uso abnorme dell'azione penale).
Tesi berlusconiana, infondata per il passato, ma astrattamente possibile.
Si introdurrebbe in tal modo una garanzia per il Parlamento ma non una
impunità ad personam: all'incandidabilità si accompagna infatti la ripresa
del processo al termine del mandato, fermi i termini di prescrizione.
La proposta è oggetto di dibattito: perciò parliamone.
Vi allego la relazione introduttiva alla proposta di legge e, anche, per chi
non l'avesse ancora ricevuto, il programma del convegno sulla riforma delle
professioni che si svolgerà il 5 maggio a Milano.

Saluti cordialissimi,
Pierluigi Mantini

----------------------------
Onorevoli colleghi! Di recente è tornato di attualità il dibattito sulla
riforma dell'immunità parlamentare o, meglio, delle garanzie per i
parlamentari, ai sensi dell'art. 68 Cost., nei confronti dell'esercizio dell
'azione penale da parte della magistratura.
La questione, come è noto, era già stata affrontata dal parlamento con la
riforma legislativa del 1993 che ha abrogato, in sostanza, l'autorizzazione
a procedere delineando il seguente regime di garanzie:
a) insindacabilità delle opinioni espresse (intra moenia ed extra moenia)
nell'esercizio della funzione parlamentare;
b) libero esercizio dell'azione penale (ossia senza preventiva
autorizzazione) da parte della magistratura nei confronti di parlamentari;
c) obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione del parlamento per
l'applicazione di misure restrittive della libertà di particolare intensità
e in particolare per gli arresti, fuori dai casi di flagranza di reato, per
le perquisizioni e le intercettazioni telefoniche.
Trattasi, come è agevole rilevare, di un regime normativo complesso ed
equilibrato che tende a conciliare il principio costituzionale di
eguaglianza dinanzi alla legge, che in uno Stato di diritto non ammette
deroghe motivate, con alcune specifiche guarentigie accordate ai
parlamentari in ossequio ad antica tradizione e alla concreta necessità di
salvaguardare l'autonomia e la
libertà del potere legislativo dinanzi ad eventuali abusi da parte di altri
poteri.
Sulla scorta dell'esperienza e della prassi attuativa, sono state avvertite,
a riguardo, limitate esigenze di specificazione dell'impianto costituzionale
per meglio precisare alcuni profili applicativi: per esempio in tema di
insindacabilità delle opinioni, ci si interroga ormai frequentemente circa i
casi in cui in concreto ricorra l'esercizio della funzione parlamentare e i
casi in cui
invece, l'opinione lesiva di diritti altrui non può dirsi scriminata
dall'insindacabilità (si pensi alla trasmissione televisiva "Sgarbi
quotidiani").
Ed ancora, con riferimento al secondo comma dell'art. 68 Cost., ci si chiede
talvolta se l'autorizzazione debba riguardare solo le restrizioni delle
libertà personali classiche o non anche altre (ad esempio misure cautelari
quali la sospensione dagli uffici).
Vi sono poi esigenze di natura procedurale: ad esempio l'opportunità di
regolamentare i tempi della pronuncia dell'insindacabilità per evitare, per
intuibili ragioni di economia processuale ma anche di depotenziamento del
conflitto tra poteri, che tale pronuncia intervenga in una fase molto
avanzata del processo (ad esempio dopo la condanna di primo grado o di
appello) ci si chiede poi, con riferimento alle cosiddette intercettazioni
indirette, nelle quali compaiano notizie derivanti da parlamentari non
oggetto di intercettazione, quale debba essere la sorte di tali verbali.
Si tratta di questioni che sono state sinora regolate dalla giurisprudenza
della Corte costituzionale ogni volta che si determina un conflitto tra il
potere legislativo ed il potere giudiziario o che sono risolte, caso per
caso, sulla base delle decisioni politiche del parlamento con maggioranza
relativa semplice ossia con un criterio decisionale che, in generale, appare
poco adeguato ad esprimere le garanzie del parlamento sul nuovo sistema
maggioritario e bipolare.
Da queste esigenze è scaturita, già nella XIII legislatura, l'iniziativa di
una proposta di legge attuativa dell'art. 68 Cost. allo scopo di meglio
definire le principali questioni applicative.
Nel corso dell'attuale legislatura si è peraltro ritenuto di proporre, ad
iniziativa della Giunta per le autorizzazioni, un regolamento per il
funzionamento dei lavori della Giunta e modifiche al regolamento della
Camera che, ad opinione largamente condivisa da tutti i componenti,
costituiscono strumenti efficaci per dare soluzione ai problemi richiamati.
In sostanza si può affermare che il vigente sistema costituzionale di
garanzie dei parlamentari non è meritevole di censure o critiche rilevanti e
che le uniche esigenze avvertite sono quelle di una migliore definizione, in
via regolamentare o tramite legge attuativa, di profili applicativi del
vigente sistema costituzionale.
A tali conclusioni si perviene peraltro anche alla luce di un esame
comparato dei modelli costituzionali di ordinamenti stranieri ove,
nell'ambito di specifiche tradizioni storiche e politiche, viene comunque
ricercato un equilibrio tra i poteri e non la prevalenza assoluta di un
potere su un altro.
Nel dibattito recente si è peraltro citato il cosiddetto modello spagnolo
delle immunità che prevede l'autorizzazione a procedere: ma, anche lì, potrà
risultare per taluno sorprendente il constatare che nell'esperienza degli
ultimi decenni, si è verificato un solo caso di rifiuto dell'autorizzazione
da parte del parlamento a dimostrazione di un bassissimo tasso di
conflittualità tra potere politico legislativo e potere giudiziario.
In Italia, viceversa, la conflittualità tra potere politico e magistratura
risulta altissima: ed è da questo conflitto che sorgono, in sede politica,
le proposte di modifica dell'attuale sistema di garanzie per i parlamentari.
In particolare si sostiene, da parte di alcune forze politiche, che
l'esistenza di processi penali che vedono imputati esponenti dell'attuale
maggioranza e lo stesso Presidente del Consiglio determinerebbe un vulnus
dell'assetto democratico del Paese, un tentativo di delegittimazione del
voto liberamente espresso dal popolo: peggio, l'esercizio dell'azione penale
nei confronti di membri autorevoli del parlamento e del governo
costituirebbe una sorta di "golpe" per via giudiziaria, un sovvertimento
delle regole fondamentali della democrazia.
Da tali tesi nascono le proposte oggetto di dibattito nel periodo più
recente: da quella della sospensione totale dell'azione penale nei confronti
dei parlamentari a quella della reintroduzione dell'autorizzazione
preventiva a procedere ma nei soli confronti dei cd. reati politici
(distinguendo cioè dai reati definiti comuni).
Le proposte avanzate muovono tutte dalla preoccupazione di esorcizzare il
cd. "golpe giudiziario" ossia il rischio che eventuali sentenze di condanna
del presidente del Consiglio dei ministri in carica e di altri esponenti di
rilievo possano determinare un sovvertimento del risultato elettorale.
Una preoccupazione per il vero molto enfatizzata atteso che in ogni Stato di
diritto il potere politico non è irresponsabile nei confronti della legge e
che comunque anche l'ipotesi eventuale di una condanna di primo grado del
presidente del Consiglio dei ministri, o di suoi collaboratori, non può e
non deve causare alcuna conseguenza sul legittimo risultato elettorale, in
presenza del principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza
definitiva.
Ciò nonostante il dibattito sulla riforma del cd. sistema delle immunità
parlamentari muove da questa preoccupazione talvolta espressa in modo
ossessivo.
Pur essendo convinti, come detto, della sostanziale correttezza dell'attuale
sistema delle garanzie delineato dall'art. 68 Cost. che merita attenzione
ulteriore solo per talune questioni attuative, si ritiene utile avanzare una
proposta di riforma dell'art. 68 Cost. che tenga conto del dibattito in
corso e della tesi, certamente non condivisa, secondo cui da un'eventuale
condanna di primo grado del presidente del Consiglio in carica o di altri
esponenti di rilievo dell'attuale maggioranza potrebbe derivare un vulnus
per il governo e per la democrazia.
La presente proposta di modifica dell'art. 68 Cost. si fa carico di tale
preoccupazione ed affida alla singola responsabilità del parlamentare,
oggetto di azione penale, la richiesta al ramo del parlamento di
appartenenza, di sospensione dell'azione penale per l'intera legislatura
corrente.
La pronuncia del parlamento, assunta con il criterio decisionale della
maggioranza assoluta, determina la sospensione automatica dell'azione penale
e del processo, fatti salvi i termini di prescrizione, per l'intera
legislatura.
Per converso ne consegue che il processo riprenderà al termine della
legislatura e che la richiesta di sospensione determina l'incandidabilità al
parlamento nazionale fino al termine del processo.
Con la proposta in esame, che modifica l'art. 68 Cost. poiché la norma
costituzionale attualmente non prevede una tale rilevante differenziazione
del regime processuale, si offre una soluzione equilibrata alle
preoccupazioni innanzi richiamate di possibile "sovversione per via
giudiziaria" del voto elettorale ponendo al riparo dagli effetti processuali
i parlamentari eletti e nel contempo garantendo, attraverso
l'incandidabilità successiva, che il processo possa comunque svolgersi senza
compromettere in via definitiva le esigenze di giustizia.
La proposta in esame consente anche di determinare l'influenza della
situazione processuale sull'esercizio del mandato parlamentare o
dell'eventuale incarico istituzionale di governo garantendo il pieno
rispetto del voto popolare e differendo ad un termine successivo, ma certo
nel tempo, le esigenze di giustizia.
A riguardo, infatti, non possono essere condivise quelle soluzioni tese alla
sospensione sine die del processo penale condizione questa che si
verificherebbe ove si consentissero elezioni successive senza soluzione di
continuità.
Si avrebbe in tale ipotesi un'assoluta prevalenza del voto politico sulle
esigenze di giustizia determinando in pratica una sostanziale immunità,
anche vitalizia, alterando il gioco e l'equilibrio dei valori costituzionali
e dequalificando l'autorevolezza ed il prestigio stesso del parlamento che
verrebbe percepito come una sorta di rifugio degli impuniti.
Una tale immunità assoluta, che porrebbe i parlamentari più volte eletti
addirittura al di sopra o al di fuori della legge, non esiste peraltro in
alcun ordinamento democratico straniero.
La soluzione avanzata nella presente proposta di legge tende invece ad un
corretto equilibrio tra le diverse esigenze lasciando peraltro al
parlamentare, secondo un approccio liberale, la facoltà di scelta circa il
regime di garanzie applicabile ossia se affrontare il processo nel corso
della legislatura o differirne lo svolgimento alla successiva, nei limiti
precisati

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