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Dico grazie ai Giudici di Nando Dalla Chiesa (www.unita.it)
3.05.2003

Medaglia d’oro al valore civile dei Giudici
Di Nando Dalla Chiesa da www.unita.it
Ma qualcuno gli ha detto grazie? Grazie ai tre giudici, intendo. I tre dell’Imi-Sir, none e cognome Paolo Carfì, Luisa Balzarotti, Enrico Consolandi. I tre giudici insultati e attaccati senza ritegno per anni e sempre più negli ultimi mesi, in una sequenza impressionante, da mozzare il fiato anche a chi abbia il più modesto senso delle istituzioni. Non “grazie” per la sentenza che hanno emesso, nel merito della quale non vogliamo entrare.

Ma “grazie” per quello che hanno dovuto subire e per quello che stanno subendo, in nome della legge e soprattutto del popolo italiano. Indicati vilmente senza nominarli, e in blocco, come magistrati irrispettosi della Costituzione, come pericolosi malfattori che per ragione di schieramento politico attentano ai sommi principi su cui si regge un ordinamento democratico. Protagonisti del secondo momento più oscuro della democrazia repubblicana, ripetizione del primo: il quale, ora sappiamo, non fu né piazza Fontana, né l’assassinio di Aldo Moro, né la strage di Capaci, ma le monetine del Raphael a Bettino Craxi (con questo equiparando – fra l’altro – una sentenza giudiziaria alla furia della piazza e Bettino Craxi a Cesare Previti, che anche per i critici del leader socialista suona davvero un po’ blasfemo).

Qualcuno gli ha detto grazie, a Paolo Carfì, Luisa Balzarotti, Enrico Consolandi, per essere rimasti equilibrati, muti, composti, impassibili, di fronte alle immense offese che giungevano da uomini dei quali essi rintracciavano un conto corrente via l’altro il filo dei comportamenti e il senso dello Stato? Per non avere mai perso l’autocontrollo quando il loro diritto all’immagine veniva violentato a ripetizione da signori che fanno querele e cause a raffica proprio invocando l’inviolabilità del (proprio) diritto all’immagine, e che quando parlano sono pronti – stuoli di imputati e di avvocati – a farsi scudo dell’immunità parlamentare?

E’ vero, sono tutti e tre rappresentanti di quella corporazione che esercita un potere per il solo fatto di avere vinto un concorso, senza essere stati eletti da nessuno; fatto, questo, incredibile per la visione che della democrazia ha l’amministratore delegato dell’Italia Silvio Berlusconi. Eppure hanno dimostrato di avere un senso delle istituzioni e dei doveri del loro ruolo assai, infinitamente più alto di quello dei loro aggressori, trionfalmente eletti dal popolo sovrano.

Ma l’avete visto l’ultimo “Porta a porta” di Vespa? Un condannato (ancora presunto innocente, lo sappiamo) viene portato subito dopo la condanna in uno studio del servizio pubblico e da lì attacca i suoi giudici che, ovviamente, non si possono difendere. E questo egli fa in un ambiente che presenta le seguenti caratteristiche anatomiche. Dopo un processo che ha avuto al proprio centro l’accusa, rivolta al gruppo Berlusconi, di essere andato alla conquista della Mondadori grazie alla corruzione dei giudici, il moderatore e padrone di casa è un autore di punta della stessa Mondadori conquistata. E con lui compaiono a) il condannato; b) un magistrato di Forza Italia imparentato con l’avvocato di Silvio Berlusconi (coimputato del condannato) e che finora risulta essere stato – certo casualmente – il più strenuo proponente del ripristino di una piena immunità parlamentare; c) il direttore del giornale di famiglia del coimputato del condannato. E al centro della discussione, oltre la sentenza che il condannato vorrebbe ribaltare mediaticamente, sta una lettera spedita dal coimputato (Silvio Berlusconi) al giornale di proprietà della propria moglie. Un autentico sabba catodico. Ma chi avrebbe mai potuto immaginare tanto? Ma dove bisogna arrivare, ancora? E (aggiungiamo, dicendolo da un anno e mezzo) che senso ha tenere in vita simili obbrobri civili portandovi la propria civilissima presenza? Sentivo le accuse che volavano sull’etere, riedizione - loro sì!!! – delle monetine del linciaggio del Raphael, e riandavo a quei tre giudici, a Paolo Carfì, a Luisa Balzarotti, a Enrico Consolandi, costretti al silenzio; a quello che potevano pensare del nostro paese, del modo in cui essi vi sono costretti a esercitare il proprio mestiere, di come la potenza devastatrice della politica più autoritaria ed eversiva mai comparsa sulla scena delle istituzioni repubblicane si sia abbattuta su di loro, che certo non si erano iscritti alla parte e che si sono trovati a esercitarla, e che non sono scappati dal loro destino, questo sì, non si sono fatti intimidire; che hanno disciplinatamente chinato il capo anche davanti alla richiesta di applicare al loro caso la freschissima Cirami, pur essendovi buona dottrina che li avrebbe autorizzati a non farlo. Silvio Berlusconi, nella sua comparsa-sceneggiata del venerdì santo nei corridoi e sulle scalinate del palazzo di giustizia di Milano, ha rivendicato a sé il diritto di essere insignito della medaglia d’oro al valore civile: Ma quella medaglia spetta ai tre giudici di Milano, che nella loro toga indifesa hanno trovato la forza morale per non piegarsi. Per spiegare che c’è un giudice a Berlino. Che hanno saputo, solo fidando nella propria fallibile rettitudine di uomini dello Stato, difendere la legge e il popolo italiano in nome del quale essa viene amministrata. Forse, anzi sicuramente, non riceveranno la medaglia oggi, e nemmeno domani. Ma gliela darà la storia di questo paese senza santi protettori, di questa patria senza sacrari.

L’Unità, 3 maggio 2003

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