15.02.2004
PRIMO AMORE di MATTEO GARRONE
No, non capisco più il cinema italiano. Però sono convinto di una cosa: che sia in una fase di autentica autodistruzione. E questo è un film bello? E questo sarebbe buon cinema? Da tempo penso che la critica cinematografica sia ormai inutile, con Primo Amore ha veramente celebrato il suo funerale. Ormai ci facciamo incantare da due belle inquadrature e da una storia che deve essere il più possibile squallida, il più possibile torbida. Non importa se la tradizione del nostro cinema tramanda la leggerezza della commedia, se pur di denuncia sociale come quella di Pietro Germi, il rigore del neorealismo, la personalità di attori e registi straordinari. No, oggi l’esempio fulgido da additare ai giovani cineasti è Matteo Garrone con Primo Amore. Intanto bella fantasia: a corto di idee rifà la cronaca. E quale cronaca? Naturalmente la più truce. Perché se il film fosse frutto di creazione si potrebbe anche discutere e concordare o meno sull’evento narrato. Ma qui purtroppo è accaduto davvero. Mettiamo in scena una depravazione, direi una follia che ha portato all’omicidio di una povera ragazza. Tutto vero. Complimenti. Ma qual è lo spettatore che apprezza una simile porcheria? Dov’è? In qualche sperduto festival a farsi seghe mentali con Ghezzi e compagni? Purtroppo i padri del cinema italiano se ne sono andati quasi tutti e chi è rimasto partecipa alle celebrazioni di se stesso ma se questi sono i figli allora mi sparo qualche serial americano (di quelli da 800 puntate) dove riconosco la mia vita ben più che nel cinema di Garrone.
Danilo Ramirez
Welfare Italia
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