Il senatore del Massachusetts John Kerry ha vinto le primarie democratiche in California, lo Stato più popoloso degli Stati Uniti, conquistando così la maggioranza in nove dei dieci stati nei quali si è votato durante il "super martedì" elettorale. Kerry ha ottenuto in California, Stato decisivo per ottenere la candidatura formale alla corsa della Casa Bianca, il 66 per cento dei suffragi, contro il 22 del suo principale avversario, il senatore John Edwards.
Edwards, che nelle prossime ore annuncerà ufficialmente il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca, non ha vinto in nessuno degli stati del Super Martedì. L'unico che non è andato a Kerry, il Vermont, è stato conquistato da Howard Dean, l'ex governatore dello Stato, nonostante si sia ritirato nelle scorse settimane.
Il senatore John Kerry è rimasto dunque virtualmente solo per la nomination democratica alla Casa Bianca. Kerry sarà così l'avversario del presidente George W. Bush nelle presidenziali di novembre. È un verdetto quasi sancito dalla chiamata che il presidente stesso ha fatto al senatore del Massachusetts, congratulandosi con lui una volta acquisita la certezza della candidatura democratica.
Mentre in Georgia, al quartier generale del "Super Martedì" di Edwards, le luci si spegnevano, a Washington, da Kerry, un Ted Kennedy raggiante ed entusiasta diceva: «È una supernotte per il partito democratico: abbiamo un super-candidato e sarà un super-presidente». Kerry, sul podio, circondato dalla sua «super-famiglia» - definizione di Kennedy - ha cominciato col rendere omaggio all'avversario Edwards, di cui ha lodato l'eloquenza e l'impegno. «Siamo amici, condividiamo i valori per cui ci battiamo. Uniti, vinceremo», per un'America «di libertà e d'uguaglianza», dove «rimpiazzare i dubbi con la speranza, rimpiazzare la paura con la sicurezza». Parole che rilanciano l'ipotesi di un’accoppiata: Kerry come presidente ed Edwards come suo vice.
I democratici americani hanno votato, una volta di più, con un obiettivo in mente: avere un candidato che possa far sloggiare Bush dalla Casa Bianca il prossimo novembre. Kerry, con il suo slogan dagli echi rooseveltiani, 'The real deal, che parafrasa The new deal, è apparsa loro la carta migliore per innescare «il cambiamento».
Dal19 gennaio a oggi in sei settimane, 30 competizioni elettorali: Kerry ne ha vinte 27, Edwards, Dean e l'ex generale Wesley Clark una ciascuno. È presto per fare un computo dei delegati, ma Kerry potrebbe avvicinarsi, a calcoli fatti, ai 1.500, superando i due terzi di quelli matematicamente necessari (2.162) per garantirsi la nomination alla convention del partito, che sarà a Boston, a casa sua, a fine luglio.
Di fatto, il Super Martedì ha chiuso la prima fase politica di quest'anno elettorale negli Stati Uniti. La seconda fase andrà di qui alla stagione delle convention, la democratica a fine luglio, la repubblicana a fine agosto: per Kerry, si tratta di scegliersi una squadra (e un vice), di assumere il controllo del partito e di organizzare la convention; Bush, nel frattempo, attaccherà il rivale a colpi di spot.
Fonte: www.unita.it