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Intervista a Don Tonio Dell'Olio di Pax Christi
4.03.2004

Una politica estera di pace, é su questo che bisogna votare in Parlamento.

Al di là delle polemiche sulla partecipazione o meno alla manifestazione del 20 marzo di arlamentari che non hanno votato o che non voteranno no al prolungamento della missione militare in Iraq, al di là delle voci su presunte divisioni e degli inevitabili distinguo di qualcuno, i preparativi della manifestazione entrano nel vivo. E se negli Stati Uniti, da dove la convocazione è partita, il coordinamento unitario delle organizzazioni pacifiste ha annunciato che sono già 400, in altrettante città statunitensi, le manifestazioni previste per il 20 marzo (oltre alle due principali a New York e a San Francisco), in Italia sono ormai diverse centinaia le adesioni di associazioni, ong, sindacati, testate, comitati locali, parrocchie, partiti e movimenti. Ma il cammino del popolo della pace verso Roma, dove si svolgerà la manifestazione del 20 marzo, ha inizio già il 28 febbraio, con la partenza delle carovane da Genova, da Trieste e da Sigonella (v. Adista n. 13/04). Un serpentone arcobaleno attraverserà l'Italia facendo tappa in decine di città e di piccoli paesi (alcuni di grande valenza simbolica, da Aviano a Sigonella, da Scanzano a Terni), dove, all'arrivo della carovana, si svolgeranno dibattiti, si allestiranno spettacoli, si promuoverà il referendum popolare autogestito, con i suoi tre quesiti relativi all'inserimento del ripudio della guerra nella Costituzione europea, al ritiro delle truppe di occupazione dall'Iraq e al rilancio dei temi del disarmo.

Sul ricco processo preparatorio in vista del 20 marzo, con le sfide e le polemiche che lo hanno accompagnato, abbiamo chiesto l'opinione di don Tonio Dell'Olio di Pax Christi.

Di seguito l'intervista.

Hai auspicato che il dibattito alla Camera sul rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq abbia un approccio di carattere più culturale. Cosa intendi precisamente?

L'attuale tendenza è quella di centrare il dibattito sull'aspetto tecnico, che è appunto quello relativo al finanziamento, allo stralcio, al profilo della missione. A mio avviso bisogna invece invitare i parlamentari a volare più alto e cioè a trarre spunto da questa votazione per rivedere e reinterpretare la politica estera del nostro Paese. A capire, cioè, che tipo di proposte in questo momento l'Italia deve portare avanti nel panorama internazionale: vuole davvero sostenere il diritto internazionale? Vuole riproporre una logica di inimicizia e di guerra? Vuole ridare centralità alle Nazioni Unite? In questo modo si otterrebbe di inchiodare in un certo senso il governo stesso a responsabilità più elevate della sola questione del rifinanziamento della missione in Iraq.

Hai affermato che non basta votare no per far parte automaticamente del movimento per la pace. Ma chi non voterà neppure contro il rifinanziamento?

Ciotti, Zanotelli e Strada, nel loro appello, toglievano la loro fiducia a chi non avesse esplicitamente votato no alla missione militare italiana. Dobbiamo guardare con attenzione all'ipocrisia o alla coerenza degli uni o degli altri, ma rispetto non solo a questo singolo voto, bensì alla condotta parlamentare complessiva. Così come ci sono parlamentari che votano sulla questione della missione italiana in contrasto con il movimento, e che non possono quindi avere il mio appoggio, allo stesso modo ve ne sono altri che stavolta votano a favore della pace, ma che nel passato non hanno mostrato grande attenzione ad altre tematiche come quella della riforma della legge 185 sul commercio delle armi o quella relativa alle armi leggere o altre questioni riguardanti il disarmo. Il giudizio è dunque più complesso, più globale.

Cosa può proporre ai parlamentari il movimento per la pace?

Io non credo a una lista unitaria per la pace come propongono i Comunisti Italiani, perché questo significherebbe circoscrivere il grande tema della pace a una zona dell'emiciclo e mi sembrerebbe controproducente anche per le nostre stesse finalità. Io penso che il movimento debba sforzarsi di far diventare questa sensibilità, questo valore, quanto più centrale e trasversale possibile. In primo luogo per un motivo strategico, perché anche se tutti i parlamentari del centrosinistra oggi votassero a favore di dispositivi che vanno in direzione della pace, la maggioranza dei parlamentari ora si troverebbe comunque dall'altra parte. Per questo l'appello di Pax Christi è stato rivolto non al centrosinistra, ma alla coscienza dei parlamentari: vi sono cattolici che magari non sono sensibili al richiamo di Pax Christi, ma potrebbero esserlo a quello del papa. In secondo luogo, il tema della pace potrebbe davvero costituire un fattore unificante, anche se è molto difficile, perché non è solo questione di votare sì o no, ma di una visione di vita. Non ha senso, per esempio, schierarsi a favore della pace e poi votare contro gli immigrati.

Se il tema della pace investe la visione della vita, se è indissolubilmente legato a un discorso di politica estera complessiva, come si può pensare di trovare con il centrodestra un terreno comune?

Con il centrodestra in quanto tale, no. Ma aprire dei varchi con delle persone è possibile. La nostra lotta in difesa della legge che regolamenta il commercio delle armi, per esempio, ha trovato degli interlocutori un po' più attenti in qualche spezzone del Ccd. Tutto sommato non ce ne vogliono poi moltissimi di voti per capovolgere una situazione.

Cosa succede in casa cattolica? Perché la Tavola della Pace ha elaborato una piattaforma propria, distinta da quella unitaria lanciata dal movimento in vista del 20 marzo? Quali sono i principali punti di disaccordo?

Il primo punto è dato dal fatto che nella Piattaforma unitaria è stato inserito il riconoscimento del diritto alla resistenza degli iracheni: fatto di per sé sacrosanto, ma a condizione che venga esplicitato chiaramente il rifiuto degli atti di terrorismo. E questo testo non è sufficientemente esplicito al riguardo. Il secondo punto è quello delle metodologie di lotta e di proposta del movimento per la pace. Avevamo chiesto esplicitamente che vi fosse una chiara denuncia di qualsiasi forma di violenza, anche nello svolgimento della manifestazione e in tutte le altre iniziative. Volevamo che questo punto fosse evidenziato, ma non è andata così.

La Rete di Lilliput, tuttavia, ha aderito alla Piattaforma unitaria. E Pax Christi fa parte sia della Tavola della Pace che di Lilliput.

Ho avuto la possibilità di rileggere e dibattere la Piattaforma all'interno della Tavola della Pace, ma - lo dico senza alcuno spirito polemico - non quella di discutere all'interno della Rete di Lilliput sul testo della Piattaforma unitaria. Poi so benissimo come la pensa la Rete di Lilliput sulla nonviolenza: so che se c'è stata la sua firma vuol dire che nel dibattito ha ricevuto ampie assicurazioni rispetto a questo tema.

Al di là della tendenza dei mass media a dare uno spazio eccessivo alle presunte divisioni in ambito cattolico, come tu hai denunciato, rimane il fatto che dichiarazioni come quelle di Bobba o di Marelli non possono non alimentare voci di spaccature.

Quello che contesto non è il fatto che si raccolgano queste dichiarazioni, ma la messa in evidenza sproporzionata di queste cose rispetto a tutto il resto. Mi riferisco sia alle posizioni di Bobba e Marelli che a quelle di Caruso e Casarini: hanno capito che con queste sparate ottengono maggiore visibilità. Questo è un metodo che non condivido.

Hai parlato dell'adesione di gruppi e parrocchie che, incuranti delle sottili distinzioni sollevate in altre parti, aderiscono con entusiasmo alla manifestazione del 20 marzo.

La segreteria del Comitato "Fermiamo la guerra" mi ha informato che stanno arrivando adesioni dal mondo francescano, da parrocchie, oratori, gruppi giovanili. Anche nell'organizzazione delle carovane per la pace queste realtà sono ben presenti. E bisogna considerare che una divulgazione massiccia dell'iniziativa non è ancora partita. Non sono molti i giornali che se ne stanno occupando. Temo, per esempio, che "Avvenire" non lo farà.

Come ti è sembrata l'iniziativa promossa dal Forum dei Deputati per l'Alternativa e dall'Associazione Samarcanda?

Interessante: uno dei pochi tentativi di raccogliere il mondo della politica intorno al tema della pace. Poiché l'intento era quello di lanciare un messaggio a quella parte del centro-sinistra che mostra incertezze, l'aver fatto capire che c'è un movimento attento a sostenere e ad accompagnare certe scelte non mi pare irrilevante. Ci sono spezzoni della Margherita e dei Ds che anzi ci dicono di spingere di più, di esercitare ancora più pressioni, in maniera da aiutarli ad acquistare maggiori credenziali all'interno dei loro gruppi.

 

da www.adista.it

N°17 del 6 marzo 2004

Welfare Italia
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