Welfare Italia :: Dalle Regioni :: 200.000 posti di lavoro a rischio. Invia ad un amico Statistiche FAQ
3 Maggio 2024 Ven                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







200.000 posti di lavoro a rischio.
6.03.2004

Oltre duecentomila posti di lavoro a rischio
di Carla Cantone

Il nostro paese sta attraversando una crisi industriale strutturale così profonda che, se non aggredita in tempo, ci può riportare ai tempi bui già conosciuti. Non è un caso dunque che Cgil Cisl e Uil, nello stabilire l’agenda delle priorità sulle quali incalzare il governo, abbiano indicato al primo posto sviluppo e occupazione, per affrontare e fermare il declino industriale.
Il presidente del Consiglio infatti, sorridendo, comunica agli spettatori di «Porta a Porta» che il suo contratto con gli italiani, i famosi 6 punti, è in pratica stato rispettato. Ma intanto nel nostro paese stanno saltando per aria interi poli produttivi, vengono chiuse fabbriche, ridotta la produzione, espulsi i lavoratori più anziani per essere sostituiti da rapporti di lavoro precario. Non mi riferisco solo alle crisi che sono venute alla ribalta dei mass media per il loro forte impatto sociale, ma anche alle centinaia di vertenze aperte in ogni territorio. Ogni provincia ha la sua pena. Ogni regione ha il suo settore strategico in crisi.
Dalla rilevazione che ha effettuato la Cgil si evidenziano, negli ultimi 6 mesi e nella sola industria, oltre 200.000 posti di lavoro a rischio, mentre, solo negli ultimi 30 giorni, sono transitate dalla presidenza del Consiglio vertenze per oltre 8.500 lavoratori.
Penso alle migliaia di uomini e donne che non avranno più né lavoro, né certezze e che non intravedono prospettive, se non quella, forse, per i loro figli, di accettare qualsiasi lavoro precario. E i figli sono i ragazzi e le ragazze del nuovo millennio, che amano il calcio, le discoteche, il piercing, le palestre, il cinema e la musica. Sono la generazione che contrasta la legge Moratti, che non vuole la guerra, che si atteggia ad ultrà negli stadi ma che ha capito la nostra battaglia sull’articolo 18 e sui diritti, e ha partecipato a tutte le nostre manifestazioni per difendere libertà e democrazia per il loro futuro.
Sono gli stessi che, fuori dal posto di lavoro, dichiarano che le forme di occupazione flessibile, atipica, ridotta, a collaborazione sono utili, anche se precarie, perché lasciano lo spazio per continuare ad occuparsi di ciò che sta al centro dei loro interessi di ragazzi e ragazze. Ma sono anche gli stessi che, appena riescono ad entrare in azienda, si rendono conto di quanto sia indispensabile la certezza, i diritti e un salario dignitoso. Questa generazione incontra nei posti di lavoro lavoratori e lavoratrici della generazione precedente, ai quali si uniscono in una battaglia per difendere un’occupazione certa per il loro futuro.
È un fenomeno nuovo? No. È sempre stato così, seppur in contesti diversi, nella storia del movimento sindacale del nostro paese.
Oggi la preoccupazione è generale. Non basta però invocare una politica industriale. Lo dicono tutti. Occorre compiere atti e scelte per una politica industriale e di sviluppo che ridia autorevolezza e competitività al nostro paese. Va bene tutto ciò che abbiamo concordato con Confindustria nel protocollo sullo sviluppo l’anno scorso. È indispensabile, ma non basta più.
Dobbiamo avere il coraggio di indicare le priorità in ogni settore produttivo, altrimenti le scelte le impongono le aziende, i poteri economici forti, le multinazionali, i paesi più potenti, autorevoli politicamente, e competitivi in Europa e nel mondo.
Dobbiamo evitare di essere sottoposti da una parte alla colonizzazione e dall’altra alla smobilitazione. Non è semplice, perché ogni volta che salta per aria un’azienda noi giustamente interveniamo per difendere quel sito produttivo. Ogni volta che un settore entra in crisi noi ci mobilitiamo per salvare i posti di lavoro. Ogni volta che avviene un evento nazionale come la crisi Fiat o quella delle Acciaierie di Terni, tutta la politica è in prima fila, per dire che quel sito non si deve toccare.
Tutto è utile, ci mancherebbe altro. Rimane il fatto che al sindacato spetta l’onere di contrattare, di ricercare un’intesa, a volte anche dolorosa, rincorrendo di volta in volta tutte le frane che si aprono nei vari settori e in tutti i territori.
I cerotti vanno bene, tamponano le ferite, ma non guariscono la malattia di un declino profondo che attraversa il sistema produttivo del nostro paese.
Per questo occorre insistere per un progetto concreto per lo sviluppo e per il mantenimento dell’industria nel nostro paese, pena cambiare vocazione: da paese industriale a villaggio turistico per le vacanze degli altri paesi che invece continuano a produrre e ad aumentare la propria competitività.
Per questo anche la politica deve inserire nell’agenda, fra le proprie priorità, sviluppo e politica industriale, e incalzare governo e associazioni industriali su questa strada, per far rientrare, a pieno titolo, il nostro fra i grandi paesi industrializzati.
Per la Cgil non è solo priorità, è emergenza. Per questo sosteniamo che non basta dire che vogliamo una politica industriale, occorre anche qui, riconquistarla, imponendo una discussione e crescenti impegni di merito a chi ha precise responsabilità su temi essenziali per il rilancio del nostro sistema-paese:
• ruolo delle multinazionali, per evitare che entrino e escano dal nostra paese a seconda delle convenienze di costo, come se fosse un parco giochi;
• nuovo ruolo dello Stato, non per ripristinare vecchie logiche da Partecipazioni statali, ma per assumersi le responsabilità con interventi mirati, di fonte a crisi pesanti che investono settori strategici, quei settori che determinano la differenza fra un paese industrializzato e un paese di secondo ordine;
• rinnovato ruolo dei distretti e delle piccole e medie imprese;
• regole per evitare una pratica di finanziarizzazione non più accettabile;
• riforma del sistema creditizio;
• regole che vincolino le imprese a comportamenti etici rispetto alla loro responsabilità sociale e produttiva;
• conoscenza e formazione, ricerca pubblica e privata in tutti i suoi aspetti, per determinare innovazione tecnologica di processo e di prodotto;
• per quanto riguarda le delocalizzazioni verso paesi a basso costo, occorre affrontarle con regole che aiutino a realizzare coesione sociale e più diritti in tutta Europa e contemporaneamente a sostituire la produzione manifatturiera «matura» e delocalizzabile, con una produzione alternativa di nuova generazione e tecnologicamente avanzata, per innovare e qualificare la produzione industriale e non solo. Sono interessate intere filiere produttive soprattutto nelle regioni del Sud del nostro paese;
• impegni precisi per infrastrutture materiali e immateriali a partire dal Mezzogiorno.
In questo modo si respinge il progetto di chi, a partire da Confindustria, fonda la sua strategia per fermare il declino sulla riduzione dei costi, a partire dal costo del lavoro, sulla precarietà e sulla riduzione dei diritti, mentre interi comparti produttivi vanno a rotoli.
Fra poco si festeggerà l’8 marzo. Il tema lavoro deve rientrare al centro dell’azione delle donne. Occupazione e sviluppo, contrattazione delle condizioni di lavoro, tutele e diritti, sono le due facce della stessa medaglia, per un rinnovato impegno delle lavoratrici e di tutte le donne, perché un’altissima percentuale dei posti di lavoro a rischio ricade spesso sul lavoro delle donne, che faticano perfino a ottenere uno straccio di lavoro precario proprio perché sono donne e in quanto tali subiscono per prime le regole praticate in un mercato del lavoro che rende sempre più deboli i deboli e più forti i forti.

Welfare Italia
Hits: 1797
Dalle Regioni >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti