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Finestra Sud Americana...
7.03.2004

Finestra sudamericana: Singhiozzo
Se in un paese come il Brasile i consumi ristagnano, deve suonare un campanello d'allarme.

Ti avevo chiesto di aspettare, sarebbe stato opportuno. In fondo le cose si vedono meglio a freddo, passata la prima emozione.
Quando un paese, un paese enorme, non riesce ad aumentare i consumi, significa che qualcosa sta cominciando a non funzionare piú. In sostanza, se le famiglie non hanno la possibilitá di spendere (perché i prezzi aumentano ed i salari rimangono congelati), l´industria rallenta la sua crescita a meno che non si incontrino sbocchi alternativi (esportazione?).

E ad accrescere le difficoltà sono le stesse industrie che, anziché percorrere la strada della competizione (migliorando il loro prodotto, aumentando la qualitá o il servizio, investendo in tecnologia), si trovano costrette dal sistema bancario a non poter accedere al credito (i tassi di interesse nominale del 12% annuo rimangono pura utopia contabile, son ben maggiori) e devono rifarsi sulla voce costi, riducendo il giá sfruttato personale. Diminuisce, pertanto, anche l´occupazione.

Preoccupazione.

I dati pubblicati dall´IBGE (Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica – l´unico attendibile-) parlano di un calo dei consumi nel 2003 pari al 3,3% in meno rispetto al 2002 e di una diminuizione degli investimenti del 6,6%, la minore dal 1999. Questi due aspetti, principalmente, portarono ad una contrazione del PIL brasiliano di 0,2 punti percentuali negativi, il peggior risultato dal 1992.
Un piccolo dramma.

Per farcela, bisognerebbe ricominciare tutto da capo. Innanzitutto i servizi: senza una politica dell´educazione e della salute pubblica é impossibile pensare di poter percorrere il cammino delle nazioni ricche. Un paese che non ha la capacitá di poter elevare il livello di apprendimento della popolazione non puó aspettarsi di poter avere una classe manageriale piú attenta alle esigenze comuni, collettive e uscire dal tunnel dell´opportunismo meschino e senza obiettivi. Ancora: un paese che non garantisce un supporto funzionale ai problemi legati alla salute della popolazione non puó credere di poter gestire una sempre meno presente coscienza della cosa pubblica (perché devo pagare se non ho servizi?).

In secondo luogo le politiche salariali e fiscali. Continuare ad arricchire le classi dirigenti mantenendo il livello salariale minimo estermamente competitivo per l´industria ma, allo stesso tempo, insostenibile per i lavoratori, altro non fa che incrementare le ricchezze personali di pochi industriali che non percepiscono questo vantaggio come collettivo (una azienda competitiva nei costi internazionalmente potrebbe sfruttare molto bene questo suo vantaggio e arricchire il Governo, quindi la collettivitá, con valuta pregiata derivante dalle esportazioni) ma, al contrario, sfruttano questa opportunitá per incrementare i propri conti personali. Se, allo stesso tempo, pensiamo che, a partire dagli enormi latifondi sino ai beni di lusso, non esiste una vera e propria politica di imposte differenziata (credo sia giusto che chi piú ha, piú paghi in senso generale), vediamo come il singolo lavoratore si ritrovi ulteriormente danneggiato rispetto al ricco industriale che continua, proporzionalmente, a pagare poco.

In terzo luogo, la cultura sociale. Lo storico opportunismo, insito nella cultura propria di questo paese, tende a non far percepire il vero grado di gravitá delle cose; qui nessuno si sente parte di qualcosa. Esiste un grande nazionalismo di facciata (inni nazionali ad ogni occasione), un grande patriottismo di comodo (é pur sempre un paese immenso, Patria Amata Brasil) ma non esiste una sola lezione di educazione civica. Nessuno sa che cosa significhi res-publica, cosa pubblica. Per ciascuno, ció che interessa é solo il proprio. Una massimizzazione del concetto di proprietá privata, esteso al proprio ego, personalissimo.

In queste condizioni, il rischio, per il Presidente Lula, di fare un bagno di insuccessi é altissimo. Alla fine dell´anno passato, erano in molti a vantarsi degli eccellenti risultati di governo. Tutti macroeconomici (rischio paese basso, dollaro sotto controllo, inflazione contenuta, tassi di interessediminuiti). Si era visto come non si voleva guardare alla politica economica, quella di tutti i giorni e questo, alla fine, sembra cominci a pesare.
Le politiche del singhiozzo, dell´aspettare per fare, sembrano non avere futuro. È arrivata l´ora di agire. Una nuova politica economica sociale, una riforma agraria adeguata, una crescita del livello industriale per una nuova stagione sociale. Tutti partecipi delle cose che appartengono a tutti. Principalmente il proprio futuro.

Federico Di Franco

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