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Il governo fallito si nasconde nel dialogo
8.03.2004

Dialogo fra i poli. La parola sembra consumata, come i sassi di Gino Paoli, travolta dal clima di rissa permanente che il falco più falco di tutti nella Cdl, il premier, si è preoccupato di creare con le sue esternazioni. Eppure il presidente della Camera Casini torna a sollecitare il dialogo tra i poli. Lo fa in una intervista, a ridosso di una settimana cruciale nella quale si accavalleranno temi bollenti: dalle pensioni, alle riforme costituzionali, al conflitto di interessi, al decreto sull’Iraq, alla legge Gasparri.

Dopo le aperture del titolare dell’Economia, Giulio Tremonti, che dismessi i panni del ministro più acido e scostante ha indossato due giorni fa quelli della colomba aperta al confronto con l’opposizione, ecco la voce di Casini. Non è la prima volta che il presidente della Camera lancia messaggi ecumenici al dialogo, regolarmente accantonati da una maggioranza che va diritta allo scopo del momento.

E questa volta lo stesso Casini sembra un po’ in difficoltà, incalzato dalle domande del direttore di Repubblica, Ezio Mauro. A quale anima della destra bisogna credere? Quali sono i temi di interesse nazionale che esigono una impostazione bipartisan? Non sarà che la maggioranza berlusconiana è al capolinea? Casini ammette l’alto «tasso di confusione», dice di non volersi rassegnare a riforme costituzionali «fatte a spintoni e furbizie di parte». Pensioni, riforma federalista, riforma della giustizia, ammonisce, dovrebbero far parte di una carta dei temi di interesse nazionale sui quali nessuno schieramento può procedere da solo. Richiama il peccato originale dell’Ulivo: l’aver approvato il Titolo V in solitudine. Fa suonare campanelli di allarme sulla «nuvola di veleni che si aggira sulla Repubblica» e sul rischio di «inquinare i pozzi». Cirio, Parmalat? «La questione morale» è di nuovo aperta. Anche se glissa sulle domande ficcanti di Mauro (Berlusconi che chiama ladri i politici, che trasmette continuamente segnali di guerra, i veleni della commissione Telekom Serbia), mette a segno alcune osservazioni certamente non gradite ai forzisti e al premier. Tanto è vero che da quella parte non arrivano commenti di sorta. Un silenzio molto rumoroso. In tutta la Casa, per la verità, non ci sono corse ad applaudire. A parte il sostegno totale del capogruppo dei deputati Udc, Volonté, e del ministro Buttiglione, solo qualche vago apprezzamento dal portavoce di An, Mario Landolfi («Le regole del gioco richiedono un consenso più ampio» della maggioranza premiata dagli elettori). E, ironia della sorte, dall’europarlamentare leghista Francesco Speroni, esponente della forza politica che sulle riforme costituzionalista dettando legge, ricattando la sua stessa coalizione. Ma sì «è giusto cercare il dialogo possibile» afferma Speroni. Intanto, il rumore di spade ostacola già il dialogo dentro la Cdl, figuriamoci quello con il centrosinistra.

Nel centrosinistra si fidano poco. «Ma il presidente della Camera è sicuro che nella Cdl tutti condividano la sua linea? È sicuro che Berlusconi e Bossi vogliano davvero il dialogo?» ironizza Mastella. Non sarà che le mani tese di Tremonti, dopo «tre anni in cui il governo ha praticato la dittatura della maggioranza e la sfida fino alla provocazione dell’opposizione», sono un effetto della situazione di « manifesta debolezza» in cui si trova, più che «un soprassalto dello "spirito repubblicano"»? Se lo chiede Franco Monaco, Margherita, che, durissimo, punta il dito anche contro Casini: «Occorre vigilare sulle trappole e sui giochi tutti interni alla Cdl» senza prestarsi «al tatticismo e allo smarcamento di chi, come Casini, si preoccupa di mettersi in salvo dal fallimento dei suoi».

Certo, il presidente dei senatori ds Gavino Angius dice di «condividere il senso di preoccupazione e di allarme per le istituzioni che emerge dalle parole del presidente della Camera». Ma i fatti parlano chiaro: «La Cdl in Senato ha blindato le riforme costituzionali in un patto per tenere buono Bossi; con colpevole ritardo approverà un blando conflitto di interessi per permettere che prima si approvi la legge Gasparri a tutela degli interessi del premier; rifuta un confronto serio e aperto sulla riforma delle pensioni perché da essa vuole solo ricavare soldi per fare cassa. Se non bastasse, alla Camera la maggioranza ha ancora deliberatamente respinto la nostra richiesta di separare il voto sul rifinanziamento della missione in Iraq dal voto sulle altre missioni. E sulla Gasparri lo stesso premier parla addirittura di porre la fiducia». Insomma, di che cosa parla Casini? Martedì riprendono in aula al Senato le riforme costituzionali, «non c’è questione più bipartisan di questa: la maggioranza è disposta a riaprire il dialogo?» chiede Franco Bassanini. Alla Camera, in contemporanea, riprenderà il confronto in commissione sulla Gasparri: «La maggiortanza avrà finalmente la possibilità di recepire il messaggio di Casini, oltre ché quello di Ciampi, della Corte Costituzionale, delle Autorità di garanzia...» incalza Beppe Giulietti. È evidente che Casini, osserva Dario Franceschini, «ha una impostazione di fondo sul tema del rapporto fra maggioranza e opposizione ben diversa dai cosiddetti falchi della maggioranza». E di questo gli va dato atto. Verdi e Pdci, per quanto li riguarda, al dialogo non solo non ci credono più ma in questa situazione dicono «no» a qualsiasi forma di dialogo.

di Luana Benini  da www.unita.it

 

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