Intervista a Livia Turco
"La famiglia è la base della società , non può essere uno spot pubblicitario, né il provvedimento di qualche sottosegretario". Sono le parole di Livia Turco, responsabile Welfare della Segreteria nazionale dei Democratici di sinistra, impegnata a Milano al convegno Ds su "Famiglie che contano. Un menù per la famiglia italiana".
Onorevole Turco, Lei ha presentato una legge quadro a sostegno delle responsabilità del nucleo familiare. Che cosa propone questa "amica di famiglia"?
"La nostra riflessione parte dalla consapevolezza di quanto sia faticoso e costoso mandare avanti una famiglia, e vorremmo farci carico di quest’impegno e del suo costo".
In che modo?
"Superando gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono alle donne italiane di realizzare il loro desiderio di maternità . Secondo i dati Istat, ma di questo ho numerosi riscontri nei rapporti diretti con le persone che incontro, il 68% delle donne italiane vorrebbe fare due figli. Ma la realtà è che la stragrande maggioranza ne ha solo uno. E questo desiderio che non riesce ad esprimersi è una grande mancanza di libertà ".
Qual è la sua ricetta?
"Bisogna fare una scelta molto radicale, capovolgendo la piramide della politica italiana. La famiglia, nell’agenda politica, da ultima deve diventare prima. Perché è la base della società , e non può essere uno spot pubblicitario, né il provvedimento di qualche sottosegretario".
Concretamente?
"Dobbiamo fare una Maastricht delle famiglie. Prima della sessione di bilancio, il Governo deve predisporre un piano triennale a sostegno delle responsabilità familiari. Cioè un atto d’indirizzo dove le priorità vengono scelte in base ad indicatori di benessere o malessere delle famiglie. Ogni ministero vincola le risorse secondo i propri risultati nelle aree di competenza, e la famiglia diventa un parametro. Vogliamo aumentare la spesa sociale per la famiglia, portandola, in sei anni, al livello della media europea, con un investimento di 13 miliardi di euro".
Lei pensa che con i vostri progetti una coppia di ventenni, magari con un lavoro a tempo determinato e senza contributi, possano riuscire a mettere su famiglia, ad avere una casa e anche un figlio, senza dover ricorrere all’aiuto dei genitori?
"I giovani sono il nostro primo pensiero. Ma bisogna premettere che per dare un’opportunità ai ragazzi non basta una legge per la famiglia. E’ necessaria anche una legge più giusta sulle politiche del lavoro, che non li penalizzi.
Detto questo, noi abbiamo una proposta totalmente innovativa per i ragazzi italiani, esistente in formule similari in altri paesi europei".
Di che si tratta?
"Di una dote per tutti i bambini, maschi e femmine, che sia un’integrazione al loro reddito nella maggiore età ".
"Sì, un conto per ogni bambino, alimentato da risorse pubbliche e da doni familiari laddove ce n’è la possibilità . Si tratta di un contributo di mille euro l’anno, circa, per diciott’anni, maggiore per i bambini delle famiglie in condizioni più disagiate. I contributi annui maturano gli interessi, e al diciottesimo anno ogni ragazzo avrà una dote di circa 20500 euro, spendibile negli otto anni successivi come investimento nell’istruzione, nel lavoro o nella famiglia. Il denaro utilizzato dovrebbe poi essere restituito in 20 anni ad interessi zero".
"L’onere, in realtà , è d’entità molto limitata per la finanza pubblica, consistendo essenzialmente nei costi per gli interessi. Il resto verrà coperto dall’eliminazione della detrazione Irpef che le famiglie fanno quando hanno un figlio maggiorenne a carico. Non ne avranno più bisogno, perché con questa riforma un ragazzo a diciott’anni avrà una buona base per costruire la propria indipendenza".
E’ la vostra risposta ai 1000 euro che il Governo Berlusconi darà alla nascita del secondo figlio?
"Quello è un regalo a breve termine per il bambino, noi vogliamo costruirgli un futuro".
di Caterina Perniconi