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Piu case meno cemento di Sergio Cofferati
18.04.2004
L'emergenza casa sarà una delle priorità”
Sergio Cofferati al convegno del Prc “Più case meno cemento”

Negli ultimi anni a Bologna si sono costruite nuove case al ritmo di 500 all'anno, ma l'emergenza non si placa e sono sempre più numerose le fasce di popolazione in difficoltà per assicurarsi un bene primario come l'alloggio dove vivere. Rifondazione Comunista ha fatto il punto della situazione nel corso del convegno “Più case meno cemento”, dove sull'argomento il partito si è confrontato con il candidato a sindaco Sergio Cofferati. “La costante prevalente di questa amministrazione è stata il 'non fare' – afferma il candidato – e si è registrata una sostanziale indifferenza anche sul tema della casa, che è tornato a essere un'emergenza”. Per questo, la casa sarà “una delle priorità da affrontare nella nuova amministrazione”. Si tratta infatti del bene che incide maggiormente sulle condizioni di vita delle persone e la difficoltà di far fronte agli affitti o all'acquisto di un alloggio può diventare facilmente un problema sociale. Basti pensare agli anziani soli, magari non autosufficienti. Oppure alle giovani coppie alla loro prima occupazione. O ai lavoratori sia stranieri che provenienti da altre regioni. O ancora agli studenti fuorisede (quest'anno sono più di 40.000), costretti a lavorare ma non per arrotondare, bensì per assicurarsi la possibilità di vivere a Bologna e frequentare l'università. Così si è instaurata una sorta di “selezione darwiniana – aggiunge Cofferati – che non si può più accettare”. Inoltre l'emergenza casa provoca una specie di “effetto domino” che incide anche sulla mobilità e sulla perdita di residenti che continua a colpire Bologna. Se la città è cara, infatti, la tendenza di chi non riesce a pagare un affitto è quella di spostarsi nei comuni della provincia. Il posto di lavoro, però, continua a essere in città e viene raggiunto in macchina, ogni giorno, a causa dell'assenza di un sistema di trasporto adeguato. “Alla fine, dunque, la mancanza di una risorsa come la casa provoca una serie di corollari preoccupanti” e si conferma il fulcro delle politiche di accoglienza.

Che fare? Prima di tutto occorre una conoscenza capillare della situazione attuale attraverso una mappa delle condizioni in essere. Poi bisogna “utilizzare in maniera razionale l'esistente. Sono tanti – precisa il candidato – gli appartamenti sfitti da poter mettere a disposizione, ma le procedure burocratiche per l'avvicendamento sono eccessivamente lunghe e tengono fermi molti appartamenti vuoti che potrebbero essere riassegnati. Ciò che è pubblico, invece, deve essere disponibile in tempi sempre più brevi”. Poi ci sono i privati, con i quali un'amministrazione è in grado di usare incentivi e disincentivi. Ponendo le condizioni dell'affitto e fissando priorità di zone territoriali, si può “incentivare fiscalmente il comportamento di chi affitta o disincentivare chi sceglie di tenere vuoto un appartamento di prioprietà, facendo contribuire al bene comune in maniera più sostanziosa chi sceglie di non affittare. Se il Comune ha uno scopo preciso, nessuno gli impedisce di non utilizzare la leva fiscale”. Infine c'è un ultimo aspetto: la realizzazione di nuovi interventi di edilizia popolare pubblica. “Si tratta di stabilire la direzione di marcia e prendere decisioni – conclude Cofferati – e questo si può fare in tempi brevi”.

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