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Sbatti il processo in ultima pagina
27.04.2004

Sbatti il processo in ultima pagina
di Daniela Gaudenzi

Tralasciamo la copertura televisiva, di questi tempi ed in questi giorni in particolare sarebbe autolesionistica e vana qualsiasi ricerca in proposito e concentriamoci sulla carta stampata, il regno incontrastato, almeno per l’80%, secondo le rilevazioni scientifiche del presidente del Consiglio, della sinistra giustizialista.

Martedì 6 aprile il giorno successivo alla requisitoria di Antonino Ingoia nel processo Dell’Utri, in cui tra l’altro il pm scandisce che il braccio destro di Berlusconi “era l’agente della mafia nella Fininvest e che ha continuato ad aiutare la mafia persino durante il processo” (Saverio Lodato su l’Unità), l’unico giornale che mette la notizia in prima pagina con un ampio e dettagliato servizio in settima, firmato da un giornalista all’altezza, è il quotidiano di Furio Colombo.

Il primo giornale italiano, il Corriere mette la notizia, un colonnino, nelle cronache a pagina 20 a firma di Enzo Mignosi: “L’imputato: solo calunnie. Il Pm: Dell’Utri in contatto con i boss dagli anni sessanta”.

Il Giornale a pagina 9 titola “Contro di me i professionisti della bugia” e poi a scanso di incertezze interpretative “Dell’Utri: ora basta”.

La Stampa a pagina 9 sceglie il taglio basso, sotto l’aggiornamento sullo stato di salute di Bossi “Dell’Utri vicino ai boss. Berlusconi vittima.” Per il Resto del Carlino il luogo più appropriato per collocare la requisitoria di Palermo è lo spazio delle brevi di cronaca con un sintetico virgolettato “Dell’Utri mafioso da sempre”.

Per trovare qualcosa che assomigli ad un pezzo di cronaca giudiziaria bisogna sfogliare Repubblica fino a pagina 20 dove in taglio alto in una pagina di politica interna Attilio Bolzoni firma un articolo intitolato “Il pm: Dell’Utri ambasciatore tra cosa nostra e la Fininvest” in cui ripercorre l’odissea del processo, evidenzia i passaggi salienti della requisitoria, registra la reazione “annoiata” fino alla nausea dell’imputato.

Il Manifesto senza alcun richiamo in prima pagina si occupa del processo Dell’Utri in sesta pagina, taglio basso sotto il “caso Sofri” e le polemiche seguite ad un “Porta a Porta” con Castelli che ha finito per accomunare Sofri e Battisti. L’inviato da Palermo Alfredo Pecoraro evidenzia il ruolo di Dell’Utri che secondo l’impianto probatorio della procura era “canale di collegamento tra mafia, mondo economico milanese, e sistema istituzionale…Accuse che ‘non sono sostenute né da teoremi né da tesi precostituite, ma da prove’ ”.

Ecco alcuni “dettagli” interessanti della requisitoria che non sono comparsi diffusamente, come sarebbe scontato in qualsiasi paese normale, sugli organi di stampa riportati da Saverio Lodato.

Il processo “non è, non è mai stato, ne mai si è voluto che fosse un processo politico. Semmai è il processo a un imputato che solo successivamente, nel 1996, diventò uomo politico a tutti gli effetti, deputato cioè di FI…..Il che però non significa che non si sia trovata la prova, tutt’altro che irrilevante, di accordi elettorali recenti fra Forza Italia e Cosa Nostra….

Berlusconi “non è imputato occulto di questo processo…non è mai stato imputato a Palermo né virtualmente né realmente. Fu doverosamente sottoposto ad indagini in presenza di notizie di reato. Era nostro dovere farlo. Alla fine chiedemmo l’archiviazione perché gli elementi raccolti non erano sufficienti a sostenere l’accusa”.

Il rammarico “per l’occasione perduta” per “i buchi neri” che Berlusconi non ha voluto chiarire avvalendosi il 26 novembre a palazzo Chigi della facoltà di non rispondere. I buchi neri sono gli argomenti tabù, quelli di cui si occupano ancora solo le tv straniere e la stampa internazionali, quelli che hanno causato le liste di proscrizione con cacciata immediata e le richieste di risarcimenti miliardari a Daniele Luttazzi, Marco Travaglio, Elio Veltri. Vi ricordate L’odore dei soldi?

L’assunzione e l’allontanamento ancora più misterioso di Vittorio Mangano; “la ragione autentica” dei rapporti con Dell’Utri; i versamenti anomali nelle casse delle holding che controllavano la Fininvest…Sullo sfondo Dell’Utri non solo “garante degli interessi mafiosi negli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi”, ma Dell’Utri “ambasciatore di cosa nostra dentro il gruppo Fininvest e agente assicurativo di Cosa Nostra”.

Teoremi? Si domanda l’inviato. Il pm risponde indirettamente esponendo una “piattaforma probatoria” molto solida: “fatti storici concreti e provati, testimonianze de visu; intercettazioni telefoniche; risultanze documentali; fotografie; filmati, tabulati telefonici; il libro mastro della mafia con la cifra e dicitura “Gruppo Fininvest”…. ‘le prove di oggi sono molte di più di quelle che avevamo nel 1997, al momento del rinvio a giudizio’”. Incredibile? No molto semplice perché l’imperturbabile “statua di sale” come lo definisce Saverio Lodato ha continuato a delinquere e ad aiutare Cosa Nostra cercando di difendersi non propriamente all’interno del processo dalle accuse dei 47 pentititi che lo incastravano. Come? Incontrandosi nei pressi di Rimini con Cosimo Cirfeta e Giuseppe Chiofalo munito di una valigetta piena di banconote per convincerli con argomenti concreti a delegittimare i pentiti che lo accusano.

Quella di Dell’Utri “è stata una continuativa condotta di agevolazione di Cosa Nostra” e quanto all’impianto probatorio è talmente solido e si è a tal punto irrobustito che “il tribunale potrebbe decidere di condannare l’imputato anche per partecipazione, non solo per concorso esterno”.

Alla fine l’imputato ha dichiarato il suo fastidio e la sua inquietudine per le “tante chiacchiere” sul suo conto; invece, annota Saverio Lodato, “statue di sale tutte di un pezzo si sono dimostrati invece certi direttori di Tg, per i quali l’udienza di ieri non è esistita”. Ma purtroppo, bisogna aggiungere, non solo in quella circostanza e non solo loro.

L’effetto sordina o meglio silenziatore si è ulteriormente e perfezionato alla ripresa del processo SME. Qui il presidente del consiglio non è imputato occulto, né virtuale: è imputato reale nello stralcio del processo per corruzione in atti giudiziari, in cui il sodale Cesare Previti è già stato condannato a cinque anni per aver corrotto il giudice Squillante per conto della Fininvest.

E’ il processo interrotto da oltre nove mesi grazie al Lodo Maccanico-Schifani e ripreso solo a seguito della incostituzionalità dello stesso, un processo iniziato nel 2000 su cui incombe la prescrizione e che “verrà sospeso durante la campagna elettorale”, cioè praticamente da subito come ha annunciato unilateralmente e a mezzo stampa il presidente Castellano. Si può in effetti, parafrasando le dichiarazioni rilasciate già al Giornale il 24 dicembre 2002 dal presidente molto ospitato dalle testate di famiglia, convenire con lui che “il processo SME non è più un caso normale nonostante lo sforzo dei giudici di riportarlo sui binari della normalità”. Con l’unica precisazione a proposito del suo personale contributo alla “singolarità” di questo processo.

Il dottor Castellano che già ampiamente si è occupato della famiglia Berlusconi assolvendo Silvio per frode fiscale per l’acquisto della villa di Macherio e concedendo le attenuanti generiche a Paolo benché tecnicamente pregiudicato, si è contemporaneamente prodigato ad attaccare i colleghi milanesi oggetto dell’offensiva berlusconiana. Lo ha fatto con una serie di interviste in particolare al Giornale e al Foglio affermando che “dopo Mani Pulite buona parte dei processi per falso in bilancio ha riguardato società del gruppo Fininvest” e poi aggiungendo che la “riforma sul falso in bilancio è una buona legge”. Ma non si è sottratto dal prendere posizione nemmeno sul “caso Brambilla”solidarizzando con il ministro Castelli e coerentemente quando anche la sua corrente Unicost intervenne a difesa dell’onorabilità della magistratura contro le ingiurie di Berlusconi imbufalito con la Cassazione prese le distanze sostenendo che i processi a Berlusconi “sono un problema politico che si può risolvere con un accordo parlamentare che reintroduca l’autorizzazione a procedere”. Ora evidentemente, dato che la Corte Costituzionale ha infranto la speranza salvifica del Lodo e che i tempi non hanno consentito la soluzione da lui auspicata, ritiene di dover intervenire personalmente. Per questa ragione deve aver respinto la richiesta di astensione avanzata dal rappresentante della parte civile e dal pubblico ministero. E anche per ribadire con i fatti il principio inderogabile che con tanto calore aveva espresso in una intervista recente al Foglio (il 17 gennaio 2004 quando gli era già stato assegnato il processo Sme) per fustigare i colleghi sottoposti ad ispezioni plurime, procedimenti penali intentati dagli amici di Previti, e di lì a poco oggetto di provvedimento disciplinare. In quella occasione aveva scandito “la cosa importante è non essere e soprattutto non apparire di parte. I magistrati, in questi anni, tante volte non ci sono riusciti ed è quello che rimprovero alla mia categoria, che ha prestato il fianco ad a accuse di parzialità”. Appunto.

Così è ripartito il processo al presidente del Consiglio che con un’udienza a settimana e pausa elettorale annunciata potrebbe durare un numero imprecisato di anni date le “consuete” richieste dei difensori: eccezione di competenza territoriale (Perugina o Monza), escussione di nuovi testi che dovrebbero includere tutti i magistrati del distretto di Roma e amenità analoghe. D’altronde con il noto senso dell’umorismo che anche i detrattori gli riconoscono il difensore-legislatore Niccolò Ghedini ha confermato “Che questo non sia un processo normale è constatazione che qualsiasi operatore del diritto può fare”. Evidentemente vuole essere all’altezza delle freddure del collega presidente Gaetano Pecorella che ha rilasciato al Giornale del 15 marzo la seguente dichiarazione a commento della sentenza con cui la Cassazione ha confermato il proscioglimento per prescrizione di Berlusconi per il falso in bilancio “E’ un altro caso in cui il premier non vede conclusi i processi iniziati con tanto clamore”.

La testata che ha la notizia in prima pagina con tanto di foto del pubblico ministero che osa l’indicibile è per motivi non misteriosi, ma che poco hanno a che fare con il dovere di informare il Giornale che titola in taglio medio “Incredibile: la Boccassini ricusa il giudice”.

La grande stampa italiana non ha nessun richiamo in prima pagina e per trovare il servizio bisogna addentrarsi molto all’interno: a pagina 13 il Resto del Carlino, a pagina 21 la Repubblica e la Stampa. Il manifesto quasi unico riporta un titolo del servizio a pagina 7 nel sommario e l’Unità pur non avendo la notizia in prima pagina le dedica quasi una pagina intera con la cronaca puntuale di Susanna Ripamonti e il bel “Lodo Castellano” di Marco Travaglio nell’imperdibile Bananas. Altro da segnalare non c’è.

fonte:http://www.democrazialegalita.it/daniela/daniela19aprile04.htm

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