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Breve storia del conflitto sociale
1.05.2004

Breve storia degli interventi di polizia nel conflitto sociale in Italia.

La storia italiana del Novecento è segnata da molti episodi di intervento repressivo delle forze dell’ordine durante le manifestazioni di sciopero e di protesta dei lavoratori, alcune delle quali culminate in modo tragico con la morte di centinaia e il ferimento di migliaia di donne e uomini. Dalla cruenta repressione dei Fasci siciliani operata dal Governo Crispi nel 1893-1894 alle cannonate di Bava Beccaris a Milano nel 1898, dagli eccidi proletari della fase “liberale” e giolittiana alle vittime della settimana rossa (1914), dalla violenza squadrista del “biennio nero” (1920-1922), spesso realizzata con la connivenza di settori istituzionali dello Stato, fino alla vera e propria repressione del regime fascista, la prima metà del XX secolo ha visto scorrere il sangue di moltissime lavoratrici e lavoratori in lotta per il pane e per la libertà.
Con l’avvento della democrazia il fenomeno tende a ridursi, ma le cifre sugli incidenti e sugli scontri, sui morti e sui feriti, anche quelle ufficiali del Ministero degli Interni, restano impressionanti. Al di là dei lavoratori uccisi in conflitti con gli agrari, al di là dei sindacalisti uccisi dalla mafia (da Accursio Miraglia a Placido Rizzotto, a Salvatore Carnevale), accanto ai caduti di Portella della Ginestra, uccisi dal banditismo e dal terrorismo agrario e mafioso, c’ è purtroppo una scia troppo lunga di violenza che normalmente le statistiche tendono ad incasellare sotto la voce apparentemente neutrale di “ordine pubblico”.
Nel gennaio 1961, a pochi mesi dai dieci morti del luglio 1960 quando la polizia di Tambroni sparò a Reggio Emilia, Palermo e Catania, scoppiò una dura polemica tra il quotidiano socialista “L’Avanti” e il Ministero dell’Interno, presieduto allora dall’inventore della Celere, il democristiano Mario Scelba, per un breve trafiletto, intitolato Agghiacciante inventario di eccidi, che faceva l’elenco degli scontri tra forze dell’ordine e lavoratori durante manifestazioni sindacali dal 1948 al 1960. Ebbene, in 12 anni secondo il giornale vi erano stati 63 morti e 352 feriti. Una indagine interna del Ministero, subito avviata dopo la denuncia de L’Avanti, che mirava a ristabilire la verità contro la propaganda di un partito ormai prossimo a diventare forza di governo, ma ancora considerato in alcuni apparati pubblici come un “partito pericoloso” perché di sinistra, precisò che i morti erano invece 52 e i feriti 257, mentre i morti tra polizia e carabinieri erano 7 e i feriti oltre un migliaio. Melissa, Torremaggiore, Montescaglioso, Modena, Lentella, Celano sono solo alcuni dei luoghi rimasti tristemente famosi nella lunga notte del centrismo.
Il centrosinistra degli anni Sessanta rappresentò, almeno da questo punto di vista, una svolta e a parte i morti di Ceccano (1962), Avola (1968) e Battipaglia (1969), anche il numero degli scontri con la polizia si ridusse molto. Ma a partire dalla strage di Piazza Fontana, che avviò la cosiddetta strategia della tensione, il mondo del lavoro divenne uno dei bersagli principali di un’altra violenza, ben più destabilizzante, quella dello stragismo nero e del terrorismo rosso.
Dagli anni Settanta ad oggi, i conflitti tra lavoratori e forze di polizia non sono mancati, soprattutto di fronte a gravi processi di crisi e di ristrutturazioni aziendali che comportavano costi sociali elevatissimi in termini di disoccupazione e condizioni di lavoro, ma hanno avuto esiti ben diversi; ciò grazie soprattutto all’evoluzione democratica di ampi settori della polizia, evoluzione che si spera non si interrompa nonostante alcuni gravissimi episodi degli ultimi anni, culminati pochi giorni fa negli scontri di Melfi.
Non si può fare a meno di notare, infatti, che l’Esecutivo di centrodestra, da quando è tornato al potere nel 2001, ha improntato la sua azione di governo esplicitamente contro il mondo del lavoro, rompendo qualsiasi ipotesi di dialogo sociale e legiferando soltanto a favore di una ulteriore precarizzazione del rapporto di lavoro; se a ciò si aggiunge l’assoluta incapacità di mediare nei conflitti sociali più aspri e l’idea malsana di considerare questi ultimi come problemi di ordine pubblico da reprimere, il quadro che emerge risulta essere grave e preoccupante.

Fabrizio Loreto

Per ulteriori approfondimenti si segnala: Donatella Della Porta – Herbert Reiter, Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai no global, Bologna, Il Mulino, 2003
fonte: www.fondazionedivittorio.it

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