Welfare Italia :: Il punto :: In Iraq un fallimento catastrofico. Invia ad un amico Statistiche FAQ
8 Maggio 2024 Mer                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







In Iraq un fallimento catastrofico.
23.05.2004

Dichiarazione congiunta sulla politica internazionale di Enrico Boselli, Piero Fassino, Francesco Rutelli e Luciana Sbarbati.

Il precipitare della situazione in Iraq si sviluppa parallelamente ad un deterioramento generale del quadro internazionale che rischia di mettere in crisi tutti i pilastri tradizionali della politica estera italiana.

In Iraq assistiamo ad un fallimento militare, politico e propagandistico persino più rapido e ctastrofico di quanto fosse prevedibile.

C'è un fallimento militare perché era stata promessa una guerra lampo, che invece continua e si aggrava, da oltre un anno.

C'è un fallimento politico, perché l'occupazione americana anziché allargare il consenso ha finito per unire contro l'occidente anche estremismi che si sono sempre combattuti in Iraq.

C'è un fallimento morale e propagandistico (il più dannoso nella guerra al terrorismo) perché lo scandalo delle torture ha compromesso irreparabilmente l'immagine dell'occidente e dei suoi valori nel mondo islamico, fornendo al terrorismo un contributo inestimabile.

I fallimenti in Iraq hanno conseguenze ancora più gravi per il contestuale aggravarsi del conflitto israeliano-palestinese, dove le azioni militari israeliane, non frenate dall'amministrazione aericana,

contribuiscono ad accendere l'opinione pubblica dei Paesi arabi.

In questo contesto, l'unica soluzione è politica e passa attraverso le Istituzioni internazionali che invece, proprio nel momento in cui il loro ruolo sarebbe prezioso, sono state messe in crisi.

Sono in crisi le Nazioni Unite, che hanno subito la guerra in Iraq al di fuori, sinora, da ogni loro possibilità di intervento. L'Unione Europea ancora non si dimostra capace di darsi una politica estera comune sul banco di prova più importante, quello irakeno. E' in crisi anche la NATO, perché l'alleanza militare atlantica non potrà reggere a lungo con una parte degli alleati impegnati nella guerra irakena e una parte no.

L'Italia, che mai si è mossa fuori da tutte e tre queste Istituzioni (Nazioni Unite, Unione Europea e NATO), per la prima volta nella sua storia si trova impegnata militarmente all'estero in una posizione in cui il suo isolamento appare inquietante.

Avrebbe potuto mantenere la sua presenza in Iraq se la guida politica e militare fosse passata nelle mani delle Nazioni Unite e se l'impegno fosse stato sufficientemente condiviso dai suoi alleati europei. Il governo insediato da Brahimi costituirà infatti un passo avanti, ma certamente avrà una sovranità limitata e non segnerà una svolta politica netta.

Le Nazioni Unite allo stato dei fatti non avranno pertanto una vera guida politica e non avranno neppure un embrione di guida militare, perché l'aggravarsi del conflitto ha reso ciò tecnicamente molto difficile e soprattutto perché gli Stati Uniti non sono disponibili a cedere una benché minima quota di comando.

In questo quadro negativo, anche se appoggeranno nuove risoluzioni delle Nazioni Unite, comunque i Paesi occidentali tradizionalmente a noi vicini non si esporranno ad assumere responsabilità dirette tali da rendere meno isolata e gravosa l'esposizione dell'Italia. Francia,

Germania e Spagna in particolare, non intenderanno comunque partecipare all'impegno militare in Iraq .

Nessuno può ragionevolmente spiegare perché mai l'Italia debba essere l'unico grande paese occidentale che concorre alla guerra in Iraq insieme ai due Paesi che l'hanno iniziata: Stati Uniti e Gran Bretagna.

Neppure il Canada, ovvero il Paese più storicamente e più strutturalmente legato agli Stati Uniti, si trova in questa situazione, che per l'Italia sembra determinata ormai soprattutto dalla volontà di

non riconoscere l'errore iniziale compiuto.

La Lista unitaria non considera il ritiro dall'Iraq, pur inevitabile, come un successo.

Non è stato questo il suo obiettivo prioritario. L'obiettivo è stato piuttosto per mesi quello di vedere realizzata la condizione essenziale per la prosecuzione della presenza in Iraq, ovvero la

internazionalizzazione della crisi. Il ritiro è stato chiesto quando purtroppo, in una situazione fortemente degenerata e di fronte alla vergogna degli abusi sui prigionieri, la strada della

internazionalizzazione si dimostra ancora ostruita. Se e quando le Nazioni Unite assumeranno l'effettiva responsabilità politica e militare della transizione irachena noi condivideremo un attivo impegno dell'Italia. Il ritiro dall'Iraq risponde ormai anche ad una preoccupazione sul futuro dell'Europa. L'Italia deve infatti lavorare per superare l'attuale divisione in politica estera ma, in presenza di una frattura sull'Iraq, deve evitare di separarsi dall'Europa continentale, dai padri fondatori dell'unità (come l'Italia stessa) e dai nostri partners nella moneta comune. Deve, in sostanza, restare più vicina alla Francia, alla Germania e alla Spagna, ovvero al cuore dell'Europa,. Sullo sfondo, resta l'allarme per l'Alleanza Atlantica, la cui crisi non può essere considerata un fatto compiuto e fatalisticamente accettato. Al contrario va ristabilita la solidarietà atlantica su basi diverse, ovvero su una base paritaria tra Europa da una parte e Stati Uniti dall'altra. Ciò sarà impossibile, aggravando la divisione dell'Europa sull'Iraq, e accettando l'unilateralismo della

politica americana, come purtroppo il governo italiano ha fatto e continua a fare.

Welfare Italia
Hits: 1802
Il punto >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti