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Iraq. Gli Usa chiedono l'immunità per truppe.
28.05.2004

Nuova risoluzione Onu sull’Iraq. Gli Usa chiederebbero in cambio l’immunità per le proprie truppe . di Federico Mercuri

Stati Uniti e Gran Bretagna hanno presentato ieri (lunedì 24) al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la bozza della nuova risoluzione sull’Iraq, che definisce i compiti e le funzioni affidate all’Onu nel passaggio dei poteri dopo il 30 giugno. La discussione al Palazzo di Vetro non inizierà però prima della settimana prossima, quando l’inviato speciale dell’Onu in Iraq Lakhdar Brahimi, avrà stilato la lista del nuovo esecutivo provvisorio.

L’Onu, stabilisce il documento, appoggia la formazione di un governo iracheno provvisorio che "assuma la responsabilità e l’autorità" di guidare l’Iraq dal prossimo 30 giugno. Accoglie con soddisfazione l’impegno di Usa e Gb a terminare l’occupazione per quella data, "nella quale l’Autorità Provvisoria della Coalizione cessa di esistere".

Viene inoltre stabilito un calendario della transizione politica verso un governo democratico, che prevede la convocazione di un’Assemblea nazionale transitoria e la proclamazione delle elezioni di un Assemblea nazionale da tenersi preferibilmente entro il 31 dicembre 2004 o al massimo entro il 31 gennaio 2005. L’Onu dovrà occuparsi di assistere gli iracheni in questa delicata fase di transizione, promovendo "il dialogo nazionale e la formazione del consenso" nell’elaborazione di una nuova carta costituzionale e fornendo assistenza alla popolazione anche per quello che riguarda la ricostruzione, lo sviluppo, i problemi umanitari, le riforme giuridiche e legali e la pianificazione del censimento.

Per quanto riguarda la posizione della forza militare attualmente nel paese, viene riaffermata l’autorizzazione a mantenere la sicurezza e la stabilità con un mandato rivedibile entro dodici mesi o su richiesta del governo transitorio iracheno, che verrà eletto il prossimo anno. I dettagli sui rapporti tra il governo provvisorio iracheno e la forza militare non vengono però definiti dalla nuova risoluzione. Si chiede inoltre agli stati membri dell’Onu di contribuire con truppe e altra assistenza alla forza multinazionale e di aiutare il governo provvisorio iracheno a riorganizzare le forze di polizia e le forze di confine.

Da ultimo, viene abolito l’embargo dell’Onu nei confronti del governo iracheno, e si autorizza il governo provvisorio iracheno ad assumere il controllo del Fondo di sviluppo per l’Iraq, istituito da Usa e Gran Bretagna per accogliervi i proventi petroliferi, disponendo inoltre la restituzione al paese dei beni congelati. Viene anche accolto con favore l’impegno del Club di Parigi e di altri creditori dell’Iraq, a verificare modalità per ridurre il debito iracheno, sollecitando anche le istituzioni finanziarie internazionali e i donatori a fornire prestiti e altra assistenza finanziaria all’Iraq.

Sostanzialmente positiva la reazione della comunità internazionale alla nuova bozza di risoluzione. È "una buona base di discussione" per Chirac, ma richiede ancora altro lavoro affinché il trasferimento dei poteri agli iracheni sia "reale". Della stessa idea il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera UE, sottolinea la necessità di chiarificare meglio le modalità della presenza militare nel paese e di formare attorno al nuovo testo "un consenso che non sia solo cosmetico ma di profondità". Per Solana occorrono dei cambiamenti effettivi sul terreno evitando che questa risoluzione si risolva, come è accaduto per altre, in un inutile bluf. La posizione russa "dipenderà da chi prenderà il potere in Iraq". A precisarlo è il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov. "Se questo governo risulterà legittimo in primo luogo agli occhi degli iracheni stessi, allora sarò nostro interesse discutere".

In cambio di questa nuova risoluzione, gli Stati Uniti chiedono all’Onu l’immunità per le proprie truppe, anche dopo il 30 giugno. A sottolinearlo è Antonio Cassese, ex presidente del tribunale dell’Aia, in un intervento su Repubblica. Lo scambio è viziato da un problema di fondo: non ci sarà nessuna sovranità piena se ai tribunali iracheni non sarà concessa l’autorità di decidere in materia di crimini di guerra. Cassese ricorda che "nel luglio del 2002, non appena lo statuto della Corte penale internazionale entrò in vigore, gli Usa reagirono subito per impedire che la Corte, cui si oppongono aspramente, potesse un giorno giudicare militari o politici statunitensi". Gli Usa "imposero" l’adozione di una risoluzione Onu "che bloccava per un anno qualunque procedimento giudiziario davanti alla Corte" per crimini commessi da Stati che, come l’America, "contribuiscono con forze militari alle operazioni di pacekeeping delle Nazioni Unite". Nel 2003 il Consiglio di Sicurezza, sempre su richiesta Usa, rinnovò l’esenzione. Ora gli americani "chiedono una terza proroga". Ma cinque Stati hanno chiesto un dibattito pubblico a New York.

fonte: www.dsonline.it

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