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Due commenti sulla proposta di Prodi
18.06.2004

Due commenti sulla proposta Prodi da Il Riformista: non li ho letti con la massima attenzione (a Milano stiamo ancora lavorando per il ballottaggio a
sostegno di Penati), ma mi pare di concordare sia con Vitale che con Pasquino.
critiche costruttive si', catastrofismo no...
ciao
rosanna

Da Il Riformista - mercoledì 16 giugno 2004

DAY AFTER 2. E' MANCATA LA COALIZIONE DEGLI ENTUSIASTI.
DI GIANFRANCO PASQUINO
Una ennesima costituente? E' meglio ripartire dai collegi
Non decolla il nuovo Ulivo calato dall'alto come pura operazione elettorale

Ho già avuto il privilegio di scrivere su questo giornale della necessità di porre a fondamento
della lista Uniti nell'Ulivo una coalizione di entusiasti. Il magro risultato elettorale, al di
sotto della somma delle quattro componenti e al disotto del 35 per cento indicato da alcuni
dirigenti, dimostra ad abundantiam che gli entusiasti non abitavano lì. Si trovavano, invece,
partecipanti attivi alle elezioni amministrative e sostenitori grintosi delle altre liste di
sinistra, a cominciare da Rifondazione comunista, probabilmente l'ultimo piccolo partito "di massa"
esistente in Italia.
A questo punto possiamo davvero accettare senza irritazione che qualcuno racconti che il 31,1 è un
buon punto di partenza? (Partenza per che cosa?) Credo, al contrario, che non si tratti affatto di
ripartire quanto, piuttosto, di riflettere e di ricominciare tenendo conto degli errori e delle
inadeguatezze. Pur non condividendo la mistica del programma, chiedo ma qualcuno ha davvero visto il
programma per l'Europa che l'Ulivo doveva elaborare e, comunque, i candidati e i partiti di Uniti
nell'Ulivo hanno fatto campagna elettorale diffondendo e spiegando quel programma? Per traslato, mi
chiedo se non sia il caso di pensare per tempo a elaborare un programma per l'Italia e a decidere
come comunicarlo. Qui, il problema è il coinvolgimento, anche spettacolare, di molte intelligenze
che, al contrario, se tentano di mettere bocca nella politica, magari criticando, vengono subito
emarginate.
Leggo che Prodi propone, addirittura subito, di tenere un'assemblea costituente. Sarebbe utile
sapere che numero d'ordine deve portare questa nuova assemblea costituente: è la quinta oppure
l'ennesima? Sarebbe utile conoscere i risultati positivi conseguiti dalle precedenti assemblee
costituenti. Quanto ai contenuti, sarà una oramai classica sfilata di leader e leaderini/e
accuratamente orchestrata oppure potrà essere un luogo di dibattito "franco" e non pre-confezionato?
La mia opinione, che ho espresso oramai molte volte (grande segno di coerenza) è che non si debba
andare a nessuna assemblea nazionale spettacolare senza avere fatto prima le assemblee nei collegi,
le famose e mai effettuate convenzioni di collegio. Questa volta la replica spocchiosa: «non c'è
abbastanza tempo», non vale. Ci sono, infatti, quasi due anni di tempo. E, naturalmente, nelle
convenzioni di collegio dovrebbe essere possibile, se c'è un parlamentare in carica eventualmente
sfidarlo (mai sentito parlare di primarie?) e, se non c'è, diventa indispensabile individuarlo/la,
magari consentendo ai cittadini elettori (anche con albi di elettori come afferma Prodi sulla base
di un'esperienza che in corso in Toscana) di selezionarlo/a con molti positivi effetti di
partecipazione - a meno che si pensi che la partecipazione debba essere unicamente intesa e
orientata alla ratifica di decisioni già prese.
Calato dal vertice, il nuovo Ulivo non ha decollato; organizzato dalla base, non soltanto sarebbe
una esperienza più democratica (che, per qualcuno di noi, è un elemento importante), ma avrebbe
anche la possibilità di consentire una espansione del perimetro dell'Ulivo e, soprattutto, di
svolgere un'operazione pedagogica, di accordo sui contenuti condivisi, che potrebbe migliorare la
politica. Tuttavia, l'errore più grave della lista Uniti nell'Ulivo è stato di presentarsi oppure di
farsi percepire come un'affrettata operazione elettoralistica per avere qualche manciata di voti in
più di Forza Italia. Obiettivo raggiunto, ma sufficiente e tranquillizzante? Credo proprio di no e,
anzi, per dirla tutta, sento tutta l'ipocrisia di chi sostiene che in buona sostanza potremmo anche
essere soddisfatti: siamo la prima forza politica del paese.
Uniti oppure no nell'Ulivo, il problema che rimane aperto è quello, spesso negato, della costruzione
di uno schieramento riformista, non di un contenitore riformista che si allea, da posizioni di
forza, con una sinistra meno riformista più antagonista più pacifista e più "buonista". Allora, la
domanda decisiva è: la lista Uniti nell'Ulivo ha mandato segnali importanti e credibili di
costruzione di un riformismo europeo? I prodiani hanno criticato Giuliano Amato, che pure è un
riformista a tutti gli effetti, per le sue posizioni dubbiose su alcune scelte di politica estera,
ma soprattutto proprio per avere espresso dubbi incrinando l'unitarietà della coalizioncina (e lo
critico anch'io, ma per il suo predicare spesso intelligente, mai accompagnato da un razzolare
imperioso, per quanto faticoso.). Il punto, però, è che per fare un partito, uno schieramento,
un'aggregazione riformista, che spero sia l'obiettivo nobile e ambizioso da perseguire, è necessario
che alla sua guida ci siano i riformisti. E, allora, invece di accordi pre-negoziati fra dirigenti
di partito in carriera, è imperativo che il centro-sinistra vada a un confronto apertissimo e
durissimo dal quale fare emergere una nuova (che non significa fatta soltanto da giovani) classe
dirigente, non per cooptazione, ma, come un tempo dichiarò lo stesso Prodi, per competizione. Prima
dell'assemblea costituente vorrei vedere le regole per la selezione del personale politico e poi le
tematiche. Chiedo, ancora una volta, soltanto quello che poco più di trent'anni fa volevano i
sostenitori di Mitterrand. Allora, loro vinsero; poi, governarono.


Da Il Riformista - mercoledì 16 giugno 2004
(e' stata stampata solo parte dell'articolo completo che posso inviare a chi me ne fa richiesta)

DAY AFTER 1.
DUECENTO ANNI DOPO SI TORNA A PIETRO VERRI.
DI MARCO VITALE
Prodi, niente cambiali in bianco Gli italiani vogliono il programma
Con questo voto usciamo dalla signoria di Berlusconi e un po' anche dall'Europa

Non sono d'accordo con chi ha detto che queste elezioni non hanno cambiato nulla (Cacciari). Prima
delle elezioni scrivevo: «Tempo di elezioni, tempo di incertezze e turbamenti per i milanesi (e non
solo per loro). Lo scoramento è grande e alta è la tentazione di chiamarsi fuori da questo
"teatrino" della politica che, lungi dall'essersi ridotto, è, invece, aumentato in misura
virulenta, con un ulteriore drammatico decadimento qualitativo. Ma bisogna reagire a questo
scoramento, in fondo le elezioni rappresentano pur sempre l'unica possibilità che i cittadini
normali hanno di contare qualcosa, di avere una, sia pur piccola, influenza».
Per questo è importante capire se, come elettori, il nostro voto ha avuto qualche importanza. L'ha
avuta, nel bene e nel male. Tra i tanti temi che queste elezioni evocano, a me sembra che i più
importanti siano i seguenti:
1) Siamo usciti dalla Signoria.
Forza Italia si consolida come rappresentanza politica di un blocco sociale importante del nostro
paese. E questa è una buona notizia. Ma la gestione padronale, secondo il modello della Signoria, da
parte del suo leader, con le implicazioni personalistiche, le bizzarrie, l'insofferenza verso le
regole comuni, la pompa spagnolesca, l'arroganza dell'onniscienza, l'egocentrismo e l'egoismo
sfrenati, viene respinta. E' questa una eccellente notizia non solo per il paese, per il Polo della
libertà, ma anche per Forza Italia. Nutro forti dubbi che il dottor Silvio Berlusconi capisca e
interiorizzi la lezione. Ciò è estraneo alla sua personalità. Ma resta il fatto che si tratta di una
svolta molto importante.
2) L'Ulivo non convince
Se si considera la confusione politica che hanno espresso, la scarsità di proposte comprensibili sui
temi che più interessano i cittadini, l'affollamento ai vertici, la linea piena di contraddizioni su
temi importanti come l'Iraq e la politica fiscale, non sembra a me che il voto dell'Ulivo sia poi
così negativo. Senza i grandi errori del dottor Berlusconi, e se fosse stato giudicato solo sul suo
merito, l'Ulivo non si sarebbe neppure avvicinato al risultato raggiunto. Si tratta, quindi, di un
voto di diffidenza e, al tempo stesso, di incoraggiamento. A Prodi non viene rilasciata alcuna
cambiale in bianco. L'Ulivo viene inviato in una sala d'attesa. E il messaggio che accompagna questo
invito a una sosta di riflessione è il seguente. Ci auguriamo che quando uscirete dalla sala
d'attesa sappiate spiegarci bene: qual è la "governance"; qual è la vostra politica fiscale e in
particolare cosa intendete fare dell'Irap voi inventori di questa imposta massacrante per i piccoli
imprenditori e artigiani, per le imprese di servizi, per le imprese di nuova formazione soprattutto
nel Mezzogiorno; cosa pensate di fare per affrontare il processo di deindustrializzazione; diteci
quanto di quello realizzato dal Polo delle libertà verrà confermato e conservato e quanto verrà
cancellato (nella scuola, sanità, giustizia e simili) per evitare che il paese sia sconvolto da una
nuova ondata schizofrenica (come Blair ha saputo fare con molte realizzazioni di Margaret Thatcher);
come intendete affrontare il problema della politica energetica, voi che avete privatizzato l'Enel
tenendo conto solo degli interessi del Tesoro; come intendete bloccare la devastazione insensata del
territorio che il Polo delle libertà ha scatenato trasmettendo un senso di impunità generale, senza
bloccare, come avete fatto in passato, opere pubbliche e l'attività edilizia residenziale.
3) L'Europa non coinvolge
E' questa una considerazione che emerge non solo dall'Italia ma da tutti i paesi coinvolti nelle
elezioni europee. E questa è una pessima notizia, perché la fase che l'Europa sta attraversando è di
importanza decisiva e avrebbe bisogno di un'opinione pubblica attenta, informata e partecipe. E come
potrebbe esserlo se nessuno, nelle elezioni europee, ha parlato dei temi europei? E ciò si è
verificato non solo in Italia ma in altri paesi (io ho avuto modo di verificarlo direttamente in
Germania). Un impegno europeo serio nella costruzione della nuova Europa è fondamentale per tutti.
4) Le persone contano
Nelle ultime elezioni politiche e amministrative, la carica plebiscitaria che il dottor Berlusconi
era riuscito ad attribuire alle stesse aveva messo molto in secondo piano il ruolo dei singoli
candidati. Si poteva far eleggere anche gli attacchini, secondo un antico sogno di Bossi. Ora,
rientrando gradualmente nella normalità politica, le persone dei candidati tornano a contare. E'
successo con Penati a Milano, Cofferati a Bologna, Soru in Sardegna, Michele Emiliano a Bari. Quando
all'inizio del '700 le grandi vicende europee liberarono Milano dal triste dominio spagnolo, iniziò
un lungo e tormentato periodo, che occuperà tutto il secolo, nel corso del quale per l'effetto
combinato del buon governo austriaco e dell'illuminismo milanese si pongono le basi della Milano
moderna.
Tra le persone più importanti di quel periodo si colloca, certamente, il pensatore civile e
amministratore pubblico Pietro Verri. A questa Milano che si apriva e si preparava per i primi
esperimenti di partecipazione democratica, Verri dedicò (nel dicembre 1796, dopo che il vento
francese aveva già iniziato a soffiare in Italia e Napoleone era entrato vittorioso in Milano il 13
maggio, accolgo con giubilo), un interessante scritto che intitolò «Pensieri di un buon vecchio che
non è letterato». In questo breve scritto questi si chiede come i cittadini di Milano, privi di
esperienza di vita democratica, avrebbero potuto orientarsi nella scelta di candidati alle cariche
pubbliche. La risposta che Verri offre è abbastanza articolata. Ma un punto è centrale. Dice il
Verri: giudicate che cosa hanno fatto nella vita le persone che scegliete e come si sono comportate,
sino ad ora, privatamente e pubblicamente: «Cercate di nominare un uomo, di cui la vita passata vi
sia nota e che fedele ai doveri del proprio stato sia buono nella sua famiglia, non sia spensierato
nel fare debiti, sia puntuale nei suo impegni e viva onoratamente.Non crediate già che per regolare
un paese faccia bisogno di grande scienza; basta la costante probità, la quale probità è un indizio
quasi sicuro anche di quel buon senso che serve giudicare de' pubblici affari.. Dunque non darete il
vostro voto né per amicizia, né per compiacenza ad alcuno, non lo darete a chi fa istanza per
ottenerlo, lo darete ad un uomo di buona fama, del quale sappiate che la sua vita domestica è buona
e che abbia adempiuto sin ora ai doveri di buon cittadino, con una vita senza macchia; a un uomo che
sia fermo e leale nel bene».
Rosanna Tortorelli - Milano

... che amo' sempre
lavoro, giustizia e liberta'
retaggio che mai non muore.
(dalla lapide funeraria di
Francescantonio Tortorelli 1812-87)

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