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Progetto alternativo per il paese, di Michele di Schiena.
11.07.2004

UN PROGETTO ALTERNATIVO PER DARE FUTURO AL PAESE
di Michele DI SCHIENA

Berlusconi ha perso consensi nel Paese ed autorevolezza nella sua coalizione ma il centrosinistra rischia di non saper vincere e di favorire, suo malgrado, il protrarsi di un governo portato dall’istinto di conservazione a sopravvivere ai suoi fallimenti ed a perpetuare una politica impastata con una miscela tossica di neoliberismo e di populismo che sta impoverendo il Paese e lo sta sospingendo sempre di più nel vortice di una crisi economica dalla quale non sarà facile uscire senza nuovi e pesanti sacrifici. Una involuzione su tutti i versanti provocata da un esecutivo che ha miseramente segnato il suo programma col demagogico impegno di ridurre le tasse e con qualche altro slogan da imbonitori di piazza; un governo che, paralizzato sul piano delle politiche economiche dalle sue contraddizioni e dalla sua inconcludenza, si è attivato solo per varare provvedimenti che riducono le tutele sociali, colpiscono l’assetto costituzionale dello Stato e comprimono l’autonomia della magistratura e la libertà di informazione. Il tutto condito con uno scandaloso conflitto di interessi e con il coinvolgimento del Paese nella folle avventura bellica irachena che ci sta procurando lutti, crescenti rischi ed un impiego di ingenti risorse finanziarie con aggravio dei conti pubblici.

Non c’è allora alcun bisogno di una versione moderata e più razionale della stessa politica liberista che ha cacciato il Paese nell’attuale situazione: una tentazione questa che lo schieramento progressista deve respingere, un compito per contro assunto dai Fini e dai Follini i quali, dopo aver avallato per anni (sia pure con riserve e mugugni rivelatisi produttivi sul piano elettorale) le scelte del Cavaliere, cercano oggi di rubare il mestiere e la scena all’opposizione restando certamente nella maggioranza e probabilmente anche nel governo. E lo fanno criticando, con un andirivieni di minacce e di rassicurazioni, la leadership di Berlusconi ed il ruolo di Forza Italia per riproporre con qualche aggiustamento la politica finora attuata con loro piena corresponsabilità. Occorre invece elaborare e proporre una politica chiaramente alternativa a quella che si è mossa e si muove, in modo peraltro primitivo e pasticciato, lungo le due direttrici fondamentali della dottrina di Bush e dei neoconservatori americani: una economia completamente sottratta (in contrasto con l’art. 41 della nostra Costituzione) a “programmi” ed a “controlli” che la indirizzino e la coordinino “a fini sociali” e di una politica estera allineata (in contrasto con l’art. 11 della stessa Costituzione) alla disastrosa scelta della guerra preventiva rivolta, sotto la maschera della lotta al terrorismo, ad imporre all’intero pianeta l’egemonia statunitense e la globalizzazione neoliberista.

Diciamo la verità: molte scelte e molte “riforme” berlusconiane sono lo sviluppo e l’estremizzazione di inclinazioni e tendenze che avevano preso corpo durante i governi di centrosinistra. Si è trattato di un grave errore che ha danneggiato il Paese ed ha favorito la vittoria di Berlusconi, un errore che oggi deve essere radicalmente corretto. La strada maestra è distinguersi dalle destre, anzi contrapporsi ad esse, per vincere viaggiando lontano da governi tecnici o di solidarietà nazionale ed anche, peggio ancora, dall’ “eterno ritorno” di possibili allargamenti centristi che potrebbero servire per tenere sotto schiaffo la sinistra antagonista e per eludere la domanda di una vera svolta. E per contrapporsi al centrodestra si può forse partire dalla questione dominante dell’attuale momento politico: l’assunzione da parte di Berlusconi della direzione ad interim dei dicasteri guidati finora da Tremonti per rilanciare l’impegno da lui preso con gli elettori di tagliare le tasse. Perché mai molti leaders del centrosinistra si sono nei mesi scorsi spinti ad affermare ripetutamente che tale taglio non ci sarebbe stato perché incompatibile con l’attuale congiuntura della nostra economia? Previsione ingenua e sbagliata perché la sbandierata riduzione delle tasse in qualche modo ci sarà dal momento che la miscela di liberismo e populismo spinge pericolosamente il Cavaliere sul piano inclinato della irresponsabilità e punta tutto sulle suggestioni dell’oggi senza farsi carico delle conseguenze negative e dei guasti del domani.

L’opposizione deve quindi cambiare registro per spiegare con la necessaria chiarezza al Paese che il taglio delle imposte comporterà necessariamente un ulteriore riduzione dei servizi sociali e per convincere l’elettorato che una razionale tassazione, informata costituzionalmente a criteri di progressività, è condizione indispensabile per consentire, in un sistema come il nostro, la necessaria redistribuzione della ricchezza nelle forme dell’istruzione gratuita, di una adeguata assistenza sanitaria per tutti i cittadini, di un giusto regime pensionistico, di un insieme di misure a sostegno della disoccupazione e della invalidità nonché di tutte quelle tutele e di tutti quei presidii che vengono indicati con l’espressione “stato sociale”. Ed è proprio da un progetto di rilancio dello stato sociale e di riproposizione della centralità del lavoro come “fondamento” della Repubblica, che bisogna partire, con una ritrovata politica di pace che volti le spalle alla “guerra preventiva ed infinita”, per vincere le prossime elezioni politiche e dare serenità e futuro al Paese.

Brindisi, 7 luglio 2004


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