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L'evoluzione della guerra di Andrea Ferrari
13.05.2003

Carissimi amici,la guerra in questi anni si è evoluta, ma non solo dal punto di vista tecnologico, in altre parole con lo sviluppo d’armamenti sempre più potenti e pericolosi. Si è evoluto il concetto, il tipo di guerra che ci si presenta: fino ai conflitti mondiali compresi, si poteva parlare, in un certo senso, di guerra "prevedibile": vale a dire che si sviluppava in seguito ad un evento, quale sbocco di crescenti ostilità fra due (o più) contendenti, come nella teoria di Merton della "Profezia che si autoadempie". In seguito, si è sviluppata la forma di guerra"preventiva", come quella contro l’Iraq. Non dimentichiamo che il presidente americano, in carica, parlava di guerra contro l’Iraq già in campagna elettorale e che, dopo l’attentato delle Twin Towers, voleva aggredire l’Iraq, ma fu Blair a convincerlo di fare tappa prima nell’Afghanistan talebano, ritenuto, non dall’ONU, responsabile dell’11 settembre. Questo tipo di guerra sostiene che è meglio agire a priori, di prevenire un possibile, supposto attacco anche se non si hanno prove certificanti tale evento. A questo riguardo bastino le parole dello stratega Luttwack, il quale sostenne che il golpe cileno fu necessario per evitare l’instaurazione di una dittatura da parte dei consiglieri di Allende. Ma ora la guerra si sviluppa in una nuova direzione, quella "pre-emptive", termine inglese che diviene un neologismo nella sua applicazione al concetto di guerra. "Pre-emptive" significa "prelativa", termine del diritto privato indicante la possibilità da parte di un soggetto di acquisire un qualcosa prima di altri. Ma qui, che cos’è questo "qualcosa"? Qui è uno Stato, una Nazione. E noi, che crediamo nell’Europa e nell’ONU – di cui affermiamo le rispettive autorità ed indipendenza –, non possiamo "né condividere, né comprendere".

Perciò, bisogna dare maggiori poteri all’Unione Europea ed all’ONU da parte delle forze statali. Riguardo all’Unione Europea si stanno facendo dei passi da gigante in questa direzione, mentre sotto l’aspetto ONU, non possiamo tralasciare i suoi limiti d’azione: perché non creare delle sedi ONU sui territori nazionali che svolgano funzione di controllo (e non solo di analisi dei rapporti presentati dagli Stati, su cui si vela un atteggiamento agiografico da parte degli autori, come nel caso Libico)? Inoltre, dovremmo distribuire gli eserciti fra forze nazionali (nel nostro futuro caso, la rinata idea di CED), aventi funzione di difesa da violazioni esterne, e forze militari ONU, aventi funzione di ripristino della situazione in cui è avvenuta una grave violazione (sommosse, golpe...)? Certo, questa è una visione, che fa dell'Onu più ancora di quello che un governo riesce ad essere entro la cornice statuale ma non possiamo pensare ad un futuro di prosperità, pace, crescita collettiva ed uguaglianza se non iniziamo a cedere i nostri poteri, prima all’Unione Europea, il nostro futuro Stato, e poi all’Onu. Altrimenti, comanderanno sempre più le lobby economiche e la politica, che dovrebbe stare ad un livello superiore, non interferente, ma sorvegliante, perderà sempre più peso, importanza all’interno del controllo e della crescita globale.

Andrea Ferrari, Circolo "Il Granaio" – Giovani, Cinisello Balsamo (Milano).

Idea Ulivista ideaulivista@yahoo.it

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