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Ratzinger e la metafisica della donna
9.08.2004

CI PERMETTIAMO di consigliare al cardinale Joseph Ratzinger, autore di una sapiente lettera episcopale sulla Donna, dì andare a trovare il sindaco di Cosenza, la signora Eva Canzone, che è una donna reale e non teoretica, una persona e non una figura retorica, un corpo e non un fantasma ideologico, una storia e non una fantasia, un aldiquà e non un aldilà, un'anima con i suoi desideri, i suoi pudori, le sue ambizioni, i suoi valori, tutti non "sponsali".

Sindaco, madre e femmina, la signora, com'è noto si è regalata un bambino, un dono d'amore fuori dal matrimonio e dentro il legittimo desiderio di maternità, fregandosene dell'antropologia biblica di cui discetta il cardinale, perché somiglia a una silloge dei luoghi comuni di paese. Quella dotta lettera sulle donne alimenta, per via involontaria ma diretta, i sorrisetti salaci e l'imbarazzo di Cosenza: sacre scritture e volgari storture per il gossip pruriginoso di fine estate su cui si è avventato il peggiore giornalismo italiano, il trash moralistico dell'informazione.

Oppure, se Cosenza può apparire un po' troppo fuori mano, il prefetto Ratzinger venga con noi che, sdraiati sulla spiaggia, con in mano la sua lettera, cerchiamo il punto di coincidenza tra la fisica e la metafisica. In quest'agosto. caldo di minacce terroristiche, rimuginiamo sulla connessione tra la fisica dei corpi femminili che ci passano davanti, bagnati, sudati e abbronzati, e la metafisica della "antropologia biblica" di cui scrive il Prefetto Vaticano della Congregazione della Fede. In riva al mare, a colpi d'occhio mettiamo sottosopra, dentro e fuori. tutte le costole e le costolette d'Adamo.

Nessuna bagnante ci sfugge nè grassa nè magra, né altera né dozzinale, nè mamma nè figlia, nè casalinga nè in carriere, nè studentessa nè insegnante, nè giornalaia nè giornalista. Tutte insieme, desiderate teorizzate o bocciate, esprimono la faticosa banalità di essere donna, Ma in nessuno dei corpi, che qui si espongono senza veli e senza morbosità troviamo traccia dell'alambiccato "carattere sponsale" che, al contrario, lampeggia nell'intera lunghissima disamina, nell'acribia sacro-testuale, nel dissezionamento della Donna operato col bisturi ideologico da un cardinale teologo che permettendosi di dare il tu a Dio tratta la donna come í conquistadores trattarono gli Incas, gli Aztechi, í Selvaggi del Nuovo Mondo.

Si presume che un cardinale, sia pure intramondano, non conosca e non frequenti con assidua familiarità e con intima commozione i reali corpi femminili che pure egli ci spiega. Eppure Ratzinger, professore di "donnologia", invita le nostre donne a starsene a casa, "ad accudire all'altro per cui sono state create", a piangere perché le lacrime distinguerebbero gli uomini (le donne in questo caso) dagli animali (dalle animale), a lavare i piatti quando non asciugano il moccio al bambino a "non concupiscere", a battersi contro "la sessualità polimorfa", che per Ratzinger è una degenerazione tutta maschile perché il male come il bene hanno sostanza maschile. Dunque di omosessualità femminile neppure ne parla, perché è il peccato del peccato, impensabile per chi ritiene che 'la mascolinità pisellica', secondo l'antropologia ratzingeriana, sia il dato assoluto dal quale deriva tutto, anche il sesso femminile, come una essudazione, come un disfacimento fisico, come un baccello di piselli dischiuso.

Nel dibattito estivo su questa lettera cardinalizia, più esaltato dell'interesse nevrotico sul "lupo", più appassionato del coro discorde sul concerto di Simon e Garfunkel, nessuno si chiede perché un cardinale debba spiegarci la donna, per quale scienza infusa un maschio, celibe per voto, trovi, nelle Sacre Scritture di cui è fatta la sua vita, quella donna che in un'altra vita, nelle nostre vite, semplicemente non c'è. È come se un Tuareg del deserto ci parlasse di ghiaccioli, granite e surgelati come se una geisha o tura pornodiva ci spiegassero il celibato religioso, definissero la reale fisionomia di Ratzinger, la sua carta d'identità sostanziale, con i criteri dell'ossessione sessuale.

Di sicuro sulle nostre spiagge, dove davvero c'è di tutto, la donna del cardinale non s'è mai vista. Perché la donna del cardinale non esiste. Ed è una inesistenza piena, come vuole la pur nobile tradizione di quei pensatori che trovano insignificante ai fini della forza dell'Idea la dura concretezza, come quei filosofi naturalisti che prescindevano dalla conoscenza della Natura nella produzione dell'Idea di Natura.

Sono in tanti ad avere sicurezze sulla donna: gli imam coranici che hanno fatto annegare le cinque ragazze arabem costrette a suicidarsi immergendosi con la zavorra dei pregiudizi "scientifici" della teologia islamica; le bagnanti musulmane della piscina di Piacenza intabarrate dentro l'acqua come comanda la sapienza del Profeta; i Talibani del burqa, ma anche i disperati alla Bukowski che strateologando sull'essenza femminile, ritengono le donne "macchine da fottere", i poeti dell'altra metà del cielo, i campioni di Sanremo, i sociologi femministi delle quote riservate, i politici marpioni che demagogizzano sulla fecondazione assistita, infamando la faticosa problematicità della ricerca scientifica cacciata, per comodo nelle allucinazioni dell'eugenetica.

Dunque la lettera di Ratzinger, che ad un esame ravvicinato risulta un poco troppo impegnativa e male serve la grande forza evocativa del racconto biblico, non meriterebbe più dì un'occhiata se non fosse un segno dei tempi: la donna, infatti, ad Oriente e ad Occidente, è diventata il problema reale dello scontro tra civiltà, come se la donna fosse un animale feroce da catturare, lì con il burqa e qui con "la cura dell'altro". Insomma, abbiamo il sospetto che più del petrolio, più della democrazia, più del rispetto della vita umana, più dei territori occupati, la libertà si vada identificando con l'ontologia femminile. Invitiamo perciò il cardinale a chiacchierare con le donne vere delle nostre spiagge, a toccarle, a viverle.

Oppure vada a Cosenza a scoprire che una sola emozione della signora Catizone vale più di un'intera bibliografia sulle donne, più della teologia e della storiografia internazionali, più dell'antropologia femminista e antifemminista, più di una disputa epocale sull'ontologia mariana.

Il cardinale si accorgerà, per prima cosa, che le donne non sono costolette che aspettano la graticola biblica dei luoghi comuni maschili. Si accorgerà poi che sono loro la nostra graticola come noi siamo la loro, e che è già molto farsi un'idea della donna con cui viviamo perché non solo la donna non è uguale all'uomo, ma non c'è nessuna donna uguale ad un'altra donna, e nessuna abita le Sacre Scritture; una donna che non vuole figli vale una mamma casalinga; tutte le donne reali subordinano la riproduzione al piacere, uguali ai maschi e diverse dai preti e dalle suore. Si accorgerà infine che nessun burqa le cambierà, né quello della religione islamica, né quello dell'antropologia biblica. Le donne si possono annientare con luoghi comuni o con prigioni dorate. Ma sempre in quell'annientamento galleggia un mostro: il maschio cretino.

di FRANCESCO MERLO

da www.repubblica.it 

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